Paolo Pamini è un politico estremamente libero, anticonformista, spesso tagliente. Intervistarlo è un’impresa, ma inibirlo è una cosa da non fare (io nemmeno ci provo). Sia chiaro che l’intervistato è liberale. Che l’intervistatore è liberale. Che la parte politica – in questa occasione – presa di mira è liberale (nel senso di radicale).

Che la posizione del PLR sulla scuola si sia indebolita per me è evidente (e non ho bisogno che me lo dica Pamini). Una sequenza decennale chiarissima, così limpida che la vedrebbe anche un orbo. Dall’annientamento politico di Marina Masoni, ultima leader della Destra liberale, all’avvento di Laura Sadis, alla perdita della maggioranza in Consiglio di Stato, alla consegna (non del tutto forzata) del DECS nelle mani di Bertoli che, consolidata la sua posizione, regna su un popolo di funzionari fedeli e su un corpo docente per larga parte (quasi per una legge di natura) simpatizzante. La Scuola che verrà è in arrivo, con il suo gravame ideologico, con la sua “inclusività”, con la sua (illusoria e post-sessantottesca) facilità, con la sua sperimentazione – che non mancherà di dare risultati “positivi” – con i suoi milioni e le sue ghiotte assunzioni. Il PLR è in difficoltà di fronte a tutto questo. Ma non vogliamo, per principio, disperare. Saremmo ingiusti.

Quale membro del Comitato d’iniziativa desidero ringraziare i liberali Fulvio Pelli, Giorgio Giudici, Luciano Giudici, Franco Celio e parecchi altri per il prezioso sostegno che ci offrono in questa battaglia accanita e spietata. Per la Civica, per i nostri giovani, per il nostro Paese. Con i suoi valori nazionali e tradizionali, che la sinistra disprezza e vorrebbe cancellare.

Un’intervista di Francesco De Maria

2017

* * *

Francesco De Maria  Lei ha appena assistito alla conferenza stampa dei fautori del Sì. Che impressione ne ha avuto?

Paolo Pamini  Prima di tutto si è ribadito chiaro e tondo che, al di là delle tante teorie, qui si tratta semplicemente di voler garantire o no l’insegnamento della civica. Inoltre è emerso molto bene quanto eterogeneo sia il fronte dei favorevoli. Non si tratta di un’iniziativa di destra. Sono intervenuti a favore dell’oggetto in votazione anche persone come Fulvio Pelli o Franco Celio. Pelli è stato molto chiaro: lui normalmente non si fida delle iniziative popolari perché bisogna sempre capire cosa c’è sotto e chi ci sta dietro, ma questa volta è ben diverso. Anzi: chissà che cittadini meglio informati addirittura non finiscano per far diminuire le quote di voto dei partiti di destra.

Molti condannano la decisione del Comitato d’iniziativa di chiamare il popolo al voto. Certi partiti, ad esempio, ora mettono in atto una specie di ritorsione (voltafaccia). Addirittura alcuni fautori del Sì si pentono: “Abbiamo rischiato troppo…” Qual è la sua opinione?

PP  Col senno di poi ritengo che la decisione di andare in votazione popolare sia stata ottima. Mai avrei immaginato che ne sarebbe nato un tale dibattito, che è la linfa stessa della nostra democrazia. Eppoi diciamocela tutta: mica male quanto il dibattito è stato capace di stanare alcuni attori politici. Stiamo vedendo molto bene come funzionano i gruppi di interesse dentro e fuori lo Stato, per non parlare delle giravolte opportunistiche di alcuni politici. Si ricordi che il mese di maggio 70 granconsiglieri su 90 hanno sostenuto con convinzione la proposta che stiamo votando. I curiosi e gli interessati leggano i verbali della riunione pomeridiana della seduta di Gran Consiglio del 29 maggio 2017, pubblicamente accessibili qui: http://www3.ti.ch/POTERI/legislativo/attivita/vgc/2017/1349-Seduta03.pdf.

La “guerra della Civica” ha raggiunto un’ampiezza e un accanimento impressionanti. Perché?

PP  Ho parlato di persone che il dibattito ha ormai stanato, qui è la risposta alla sua domanda. In primis perché la decisione di andare al voto ha “svegliato il can che dorme”. La Corporazione (dei docenti) si è scatenata. Sono fortemente strutturati, ben organizzati… e non si aspettavano una tale netta decisione del Parlamento. Tantomeno si aspettavano la votazione popolare, sebbene avessero minacciato (cosa non credibile e realistica all’inizio dell’estate) il lancio del referendum. Ora son serviti. Hanno reagito con dispetto, con stizza. Secondariamente perché, come lo vedrebbe anche un orbo, la posta in gioco è più alta che non la semplice Civica. L’esito di questa prova di forza influirà sulla marcia d’avvicinamento alla Scuola che verrà, pesantemente.

Parliamo della posizione e dell’atteggiamento del PLR riguardo alla Civica e, più in generale, alla scuola.

PP  Direi per incominciare che la posizione del PLR in campo scolastico si è progressivamente indebolita a partire dal 2011. Parlo di tattica e opportunità, non solo di peso numerico. Non dimentichiamo che stiamo parlando del partito che ha governato la scuola ticinese per decenni! E non dimentichiamo neppure che il PLR ha il grave problema di non poter criticare apertamente che il DECS è mal gestito, perché molte delle attuali situazioni (compreso l’insegnamento a macchie di leopardo della civica) trovano radici nella guida di Gabriele Gendotti, guarda caso ora contrario alla proposta in votazione che cerca di cambiare qualcosa (se a ragione o a torto lo diranno i cittadini).

Perché il 2011? In quell’anno, malgrado si tentasse di tenere ancora assieme il partitone, per il PLR avvenne il suicidio elettorale voluto dall’ala radicale, che preferì un ministro PLR anziché due di cui uno l’amico (mio, non loro!) Sergio Morisoli. Si ricordi Sergio Salvioni che il 5 aprile 2011 scriveva su La Regione: “secondo la mia opinione due leghisti sarebbero comunque meno peggio di due liberali di cui uno fosse Morisoli”. Avveratosi il desiderio di Salvioni e di molti radicali, il PLR fu (più o meno) obbligato ad abbandonare la direzione del DECS. La logica era chiara: Laura Sadis era una specialista di fiscalità (infatti con impegno e determinazione riuscì a silurare la legge sul freno della spesa cantonale e a far approvare il moltiplicatore automatico d’imposta cantonale), inoltre era stata eletta con sostanzioso panachage dalla sinistra, alla quale doveva render conto (ci ricordiamo per esempio l’assunzione di Corrado Barenco nello staff personale). Logica pertanto la scelta di mollare il DECS anziché il DFE, sebbene sarebbe stato più opportuno mettere il DFE in mano alla Lega. Ricordiamo che, storicamente e numericamente, la Lega è in gran parte una costola del PLR resasi indipendente nei primi anni ’90 e poi sviluppatasi con dinamiche proprie stufa dei giochetti partitocratici (tavolo di sasso) che non avevano mantenuto determinate promesse.

Tornando al 2011: con queste mosse comprensibili nel breve termine tuttavia il PLR in fatto di scuola si è incartato sul medio termine. Ci sono ancora troppi docenti e funzionari del DECS affiliati al PLR, pertanto Bertoli può esercitare contro di loro forti pressioni. Inoltre ricordiamo le affinità elettive tra radicali del PLR e socialdemocratici moderati del PS come Bertoli, che non sono molto distanti ideologicamente, tant’è vero che profili simili siedono in “Incontro democratico”.

Morale della favola? Di fronte alla “scuola che verrà”, il PLR avrà difficoltà a fare un coerente sbarramento e soprattutto a proporre concrete alternative. La cosa è grave, perché in Gran Consiglio rischiamo di non avere i voti sufficienti a silurare il progetto di scuola progressista, di cui faranno le spese i nostri figli per qualche decennio (meglio spostarsi in Mesolcina?).

A titolo di confronto, per esempio Morisoli ed io – che naturalmente abbiamo un po’ più di libertà di movimento – una alternativa concreta l’abbiamo messa in pista con “La scuola che vogliamo” (iniziativa elaborata 464 del 19 settembre 2016 http://www4.ti.ch/poteri/gc/messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio/?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=91639&user_gcparlamento_pi8[tat103]=103), alla quale il 25 gennaio 2017 il Governo ha risposto (http://www4.ti.ch/poteri/gc/messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio/?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=92553). In quella risposta Bertoli, che ammiro per la sua grande intelligenza, è stato capace di mettere in bocca agli altri quattro colleghi di Governo (che magari dovrebbero prestare più attenzione alle mosse del socialista) gli argomenti della Scuola che verrà. Ora staremo a vedere i dibattiti in aula. Certamente Morisoli ed io daremo agli elettori sufficienti occasioni per giudicare con la propria testa come si comportano i 90 granconsiglieri.

Verosimilmente (anche se spero ancora di no) Bertoli avrà in autunno la sua sperimentazione milionaria della Scuola che verrà, che immancabilmente darà risultati “positivi”; poi avrà la sua riforma “inclusiva”, “non-selettiva” e “post-sessantottina” (50 anni dopo!). Un pacco di milioni e (si mormora) 300 docenti in più, il che significa grossomodo 1’200 voti in più comprati con i soldi dei contribuenti e con il tempo degli alunni.

Che pacchia!

PP  Può ben dirlo, ce n’è per i beati.

Il partito dirà di sì a tutto?

PP  Chi, il PLR? Non dovrebbe ma c’è da temerlo per i motivi sopra. Al comando del DECS ora c’è Bertoli con i suoi fedelissimi, a farne le spese i funzionari e docenti PLR che non possono andare subito in pensione. Non li invidio. Ecco perché Morisoli ed io abbiamo per esempio proposto di mettere in concorrenza le sedi scolastiche (della scuola di Stato, non quelle private). Sarebbero vie d’uscita che stimolerebbero l’autonomia decisionale e la responsabilità delle sedi scolastiche affrancando i docenti dal dirigismo del DECS.

Crede che le mie siano fantasie? Insieme ad altri 13 deputati, con una mozione del 19 giugno (http://www4.ti.ch/poteri/gc/messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio/?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=94195&user_gcparlamento_pi8%5bricerca%5d=pamini&user_gcparlamento_pi8%5brel%5d=pamini) abbiamo analizzato i tassi di assenza dei funzionari nel Cantone, uno dei tipici sintomi di un cattivo ambiente lavorativo, fatto per esempio di tensioni e pressioni personali. Sebbene non siamo ai livelli del DSS, il DECS non è messo bene in fatto di assenze per “infortuni professionali”.

Avrebbe dovuto appoggiare chiaramente il SÌ alla Civica?

PP  Beh, vedo che davvero continua a stuzzicarmi sul PLR! Evidente, il PLR ha mancato una grande occasione decidendo di non sostenere con decisione la civica, che è un’idea che arrivava (nel 2000) dai Giovani liberali radicali ticinesi!! I docenti e i funzionari radicali del DECS hanno fatto sentire il proprio peso elettorale, e sicuramente qualche delegato è pure caduto nel trabocchetto retorico di fargliela all’odiata Lega, che coerentemente con la sua linea democratica sostiene a piè sospinto la proposta in votazione. Peccato, perché la geografia politica di questo voto è molto più complessa, come appunto la conferenza stampa di oggi ha mostrato. Inoltre il PLR ha perso l’occasione per mettere in risalto il comportamento del PPD. Ma ormai siamo a 18 mesi dalle elezioni cantonali…

Oggi (ieri,ndR) Gabriele Gendotti, capo del DECS per 11 anni, prende posizione contro la Civica…

PP  Naturalmente. Lo fa con grande coerenza. Cosa dovrebbe fare, ammettere che in quegli 11 anni non ha fatto molto per implementare la promessa fatta dal Gran Consiglio ai Giovani liberali radicali? Si chiama dissonanza cognitiva e vi è molta lettura scientifica pubblicata al riguardo.

In conclusione ci ritroveremo con il progetto di Bertoli?

PP  Come detto Bertoli è davvero molto abile e astuto. Per chi come Morisoli e me è all’opposizione sicuramente una persona con la quale è stimolante (ma pure faticoso) confrontarsi. Se in Gran Consiglio nessuno si sveglia, alla fine i radicali si ritroveranno con in mano un pugno di mosche e Bertoli darà al Ticino una scuola ideologizzata, modellata sui princìpi della sinistra. Una scuola che a mio giudizio il nostro Cantone non vuole e che non merita. Dire: “È giusto che la Civica a scuola si faccia, per il bene della nostra gioventù” era giusto e non era difficile. Nemmeno quello i radicali hanno fatto. Era un’occasione da cogliere. Lo stesso si applica ai docenti vicini al PPD, sebbene numericamente meno presenti. Peccato.

Spostiamo un po’ il tiro. È vero che Siccardi aveva promesso ai partiti: “Se mi approvate questa cosa, rinuncio al voto popolare?”

PP  Carta canta. Il Primo firmatario lo ha negato con i giornali di maggio alla mano. Il PPD non ha saputo produrre alcuna prova per confutarlo. Mi ascolti, hanno semplicemente raccontato una balla, e per di più in .

Perché i docenti si sono per così dire “scatenati”, organizzati come per andare in guerra?

PP  Perché si sono sentiti sfidati sul loro stesso terreno. Chi è questo Siccardi che mette il naso nelle nostre faccende e ci vuole imporre la Civica? Come si permette? Si indignano e negano l’evidenza, ossia la vasta ignoranza

dei nostri studenti sui temi civici. Eppoi è paradossale, come sottolineava Dillena in conferenza stampa: ai naturalizzandi si fanno domande di un nozionismo spesso esagerato, per verificare che sappiano come funziona il macchinario elvetico; verso gli studenti invece ci si limita a concetti quali la convivenza ed il rispetto altrui, naturalmente importantissimi, senza approfondire le necessarie regole del gioco (cosa fa il Parlamento, come funziona un referendum o un’iniziativa, chi sceglie i giudici, come funziona il clientelismo dipartimentale, ecc. ecc.).

Solo questo?

PP  Si può anche mettere in conto la forte antipatia della sinistra per tutto ciò che è specificamente svizzero, nazionale, tradizionale. Sono cose ai loro occhi superate. Inutile, anzi dannoso, studiarle! Insomma, dicono, in fin dei conti questa dannata democrazia semidiretta non ci ha ancora fatto entrare nell’UE!

Allora si tratta davvero di un confronto tra destra e sinistra!

PP  Però ribadisco che questi sono aspetti laterali al vero tema di cui sopra, ossia il senso di lesa maestà provato dai docenti. Provenendo anch’io dal mondo dell’insegnamento (accademico), inizialmente la cosa mi ha lasciato molto sorpreso. Poi ho riflettuto. Sa, per una persona (per esempio un docente di scuola media) che passa anni e anni davanti a persone più giovani di lui, più ignoranti e manifestamente meno capaci di argomentare in modo strutturato spiegando loro come funziona il mondo, è psicologicamente molto dura conciliare l’idea che qualcuno, addirittura fuori dal mondo della scuola, possa avanzare con convinzione un’altra visione delle cose.

Nel mondo universitario e della ricerca le cose sono ben diverse, perché ci si continua a confrontare cercando di evidenziare un errore di ragionamento della controparte, senza attaccare la persona bensì gli argomenti. Anche per chi opera tutti i giorni al servizio dei propri clienti il modo di rapportarsi con il mondo è molto più dinamico ed interattivo: se non ti metti nei panni degli altri, nel mercato non campi a lungo. Ecco la profonda differenza di mentalità tra un burocrate e chi opera nel mercato. Non serve tirare in ballo questioni di mala fede o chissà quale altra motivazione.

Pertanto, credo vi siano ragioni psicologicamente molto profonde sul perché tendenzialmente e a lungo andare molti docenti di scuole primarie e secondarie sviluppino tendenze stataliste, costruttiviste, autoritarie, fino talvolta scadere nella stizza che stiamo vedendo ora. Sono luoghi comuni che hanno un possibile fondamento

Torniamo in chiusura sulla questione principale: Quale lezione trarre da tutto ciò?

PP  Che ancora una volta il dibattito democratico dimostra di essere un’istituzione dinamica e robusta, capace di stanare chi cercava di nascondersi (dietro un dito). La democrazia è un processo prima ancora che un risultato. Se sia preferibile che chi gioca conosca le regole del gioco, a partire da quelle nozionistiche fissate nel diritto pubblico, lo lasciamo decidere il 24 settembre ai cittadini. Per fare un paragone, dico solo che è un po’ difficile parlare di stili di guida se manco si sa a cosa servono i pedali di un’auto, i comandi sul volante o il significato dei cartelli stradali. Il tutto verificato da un test uguale per tutti.

Il sistema svizzero ha una grande magia. Sa cos’è il vero incentivo individuale all’educazione civica? Il semplice fatto che socialmente la cosa peggiore per una cittadina o un cittadino svizzeri sia di non avere alcuna opinione (anche solo un luogo comune o un abbozzo) personale su di un tema in votazione. Così come è brutto non poter fare una battuta sul calcio al bar, è brutto non essere in grado di dire qualcosa su di un tema politico di cui tutti parlano. Dimostra di esser tagliati fuori dalla società. Che poi si vada a votare o meno è un altro paio di maniche. Ad ogni modo, è questa costante pressione sociale che, di votazione in votazione, ci tiene mentalmente allenati e critici nei confronti dei governanti. È un esercizio faticoso, come imparare le lingue. Ma una gran fortuna a lungo termine che molti cittadini esteri ci invidiano.

Non c’entra se siamo socialisti o liberali, statalisti o liberisti.

Esclusiva di Ticinolive

Paolo Pamini è dottore in economia, esperto fiscale diplomato e siede in Gran Consiglio per AreaLiberale – La Destra. Insegna al Politecnico federale di Zurigo ed è consulente fiscale a Lugano.