1. Tanti hanno collaborato al successo – chi più chi meno; non una legione però un bel gruppetto – ma un uomo è risultato, sin dal primo momento e per tutti questi anni, fondamentale: Alberto Siccardi. Senza di lui non avremmo fatto nulla.

2. La decisione cruciale, quella di andare al voto popolare, l’ha presa lui. Molti di noi esitavano. Io stesso esitavo (è nella mia natura). Non ci fu alcuna riunione plenaria, solo un fitto scambio di mail. A due o tre giorni dal termine arrivò la decisione del capo: NON RITIRIAMO L’INIZIATIVA. Sorpresi? Forse. Ma pronti a batterci. Ogni dubbio fu spazzato via all’istante.

3. Se Alberto non avesse deciso così, che cosa sarebbe successo? Ve lo dico: NIENTE. Di questa accanita battaglia di tre mesi, che ha stupito il popolo ticinese, non vi sarebbe stata traccia.

4. Ora, consideriamo i mezzi impiegati, finanziari e umani: ingenti. La mobilitazione, i “pezzi da novanta” in campo, l’accanimento? Tutto per una “minuscola” Civica? Andiamo, no. In verità la posta in gioco era molto più alta. Magari senza saperlo, abbiamo eseguito le prove generali della “Scuola che verrà”.

5. Come si sono comportati i nostri valorosi avversari? Molto ingenuamente, da ingenui secchioni. Hanno dato a tutti l’impressione di essere un corpo perfettamente chiuso, impenetrabile, autosufficiente, contrapposto al “resto della società”, ai non eletti, ai pro-fani. Letteralmente, quelli che stanno davanti al tempio, perché indegni d’entrarvi. Un errore catastrofico ma in un certo senso “obbligato”, vista la loro mentalità. La punizione è stata severissima, davvero spietata.


6. Da questa vicenda Bertoli esce battuto e gravemente indebolito. Dopo aver dato un assenso (che assenso non era…) al tempo della finta pace, prima dell’estate, in extremis si è lanciato nelle braccia del “fronte del no” (il suo naturale). A quel punto hanno usato il suo nome “a sua insaputa”, tutto è possibile, forse. Nel qual caso i fautori del no avrebbero commesso una grave scorrettezza.

Manuele, la Scuola ticinese non è tua, o del tuo partito, o del professor Binaghi (mio ex alunno). Non è della casta (parola usata da ReGiorgio, per 29 anni sindaco della mia bella e amata Città). Non è della corporazione (come dico io, che la conosco bene).

Tu, che sei un avvocato e un uomo esperto, sai bene a chi appartiene. Alla gente, che le affida i suoi figli. Ai cittadini, che con un voto hanno il potere di decidere, più di te, più dei tuoi funzionari, più di una chiusa e talvolta arrogante corporazione.