Fabio Pontiggia, Direttore del Corriere del Ticino parla di Spagna e Catalogna a Ticinolive

Intervista di Chantal Fantuzzi

Cos’è successo mercoledì in Catalogna?
C’è stata una reazione molto sensata da parte del primo ministro Rajoy: da un lato ha domandato al presidente catalano Puigdemont se ci sia stata o meno la dichiarazione unilaterale d’indipendenza (la seduta del Parlamento a Barcellona è stata molto ambigua, non essendoci stato un voto); dall’altro lato ha proposto di aprire il dialogo, ma nel rispetto della Costituzione e delle leggi.

Perché il referendum è illegale?
Il referendum ha violato la Costituzione spagnola (che stabilisce l’indivisibilità della Spagna e attribuisce la sovranità su tutto il territorio nazionale al popolo spagnolo e non a quello delle singole Comunità) e la legge sul referendum ha violato lo Statuto d’autonomia della Catalogna, in base al quale cambiamenti come questi richiedono la maggioranza qualificata dei due terzi nel Parlamento catalano (mentre la legge è stata votata a maggioranza semplice, perché i secessionisti hanno solo 72 seggi su 135). Per questo il Tribunale costituzionale ha sospeso la legge e il referendum.

Ma il Parlamento della Catalogna ha indetto quel che i partiti indipendentisti avevano proposto nel programma elettorale…
Il programma elettorale non parlava di illegalità. Il Parlamento catalano, come i Parlamenti delle altre Comunità autonome della Spagna, non può in nessun caso emanare leggi che siano incompatibili con la Costituzione. Vale lo stesso principio che vale da noi in Svizzera.

Crede che, qualora la Catalogna ottenesse l’indipendenza, avrebbe un riscontro traumatico sull’Europa, per le sue posizioni generalmente filo immigrazioniste?
La questione dell’immigrazione è del tutto marginale nel dibattito sull’indipendenza catalana.

Cosa pensa della violenza che è stata usata dalla polizia spagnola a danno dei civili catalani che volevano votare?
Gli episodi di interventi violenti di alcuni reparti di polizia sono detestabili: è davvero brutto vedere agenti che usano manganelli su persone che vogliono votare e poliziotti che sequestrano urne elettorali, anche se la votazione era illegale e sospesa dal Tribunale costituzionale. Tengo a precisare che l’intervento della Guardia Civil e della Polizia nazionale non è stato ordinato dal Governo spagnolo, ma dal Tribunale superiore di giustizia della Catalogna in applicazione della sentenza del Tribunale costituzionale.

Contromanifestazione. C’è chi sostiene sia stato un reclutamento di persone provenienti più da tutta la Spagna che dalla Catalogna…
Chi dice questo dimostra di non conoscere per nulla la realtà catalana. Lo dico da mezzo catalano, per parte di madre. Ho parenti a Barcellona, vado in Catalogna ogni anno da quando sono bambino e ho toccato con mano come il processo di secessione abbia letteralmente spaccato in due la società catalana. Vi sono persino famiglie divise, tra indipendentisti e non. Alla manifestazione di domenica 8 ottobre c’era mezzo milione di catalani per l’unità della Spagna e contro la secessione. Sono giunti cittadini anche dal resto della Spagna, ma un’inezia.

Lo dicono i numeri?
Assolutamente. I secessionisti non se l’aspettavano. È stata la conferma che la maggioranza dei catalani non vuole staccarsi da Madrid. Lo si sapeva già. Alle elezioni plebiscitarie del 27 settembre 2015, volute dagli indipendentisti e svoltesi nella piena legalità, i partiti non indipendentisti hanno ottenuto 2.146.569 voti, i partiti secessionisti, che puntavano al 50% più uno, cioè alla maggioranza popolare, per andare avanti sulla strada della secessione, solo 1’966’508 voti. Tutti i sondaggi confermano questo. Perfino il referendum illegale del 1. ottobre: i separatisti sono solo 2 milioni su un corpo elettorale di 5 milioni e mezzo di cittadini.

La realtà partitica degli indipendentisti è prevalentemente di sinistra o è piuttosto variegata?
È trasversale: dal centro-destra all’estrema sinistra. La svolta decisiva avvenne nel settembre 2012, quando il partito che allora era maggioritario in Catalogna, i liberaldemocratici e democristiani di Convergenza e Unione di Artur Mas, abbandonò il nazionalismo moderato, che chiedeva più autonomia senza secessione, e passò dall’altra parte. Il partito di Mas si è rotto e ha perso parecchi consensi dopo quella svolta. Non è più maggioritario.

I vescovi catalani avevano chiesto l’intercessione di papa Francesco, che non è avvenuta. Cosa ne pensa?
Penso che il Pontefice abbia fatto bene a non interferire in una questione politica, rispettando il principio della separazione tra Stato e Chiesa.

I vescovi catalani avevano anche fatto appello al dialogo. Il panorama ecclesiastico catalano è pro o contro l’Indipendenza?
Anche il mondo cattolico catalano è diviso, come l’intera società.

Pensa che se la richiesta catalana rientrasse nella legalità e, previa votazione, la Catalogna ottenesse la secessione, Madrid concederebbe l’indipendenza?
Per rientrare nella legalità, gli indipendentisti devono promuovere prima una modifica della Costituzione spagnola, che come tutte le Costituzioni democratiche può essere modificata in qualsiasi momento, tranne che in guerra (per via ordinaria o per via definita “aggravata”). A decidere sarebbero non solo i catalani, ma tutti gli spagnoli. Come avviene nel nostro Paese. Quando è nato il Canton Giura, per separazione dal Canton Berna, hanno votato tutti gli svizzeri non solo i giurassiani.

Identità catalana. Mito del romanticismo ottocentesco o realismo storico?
L’identità catalana è una realtà effettiva, né più né meno di quella andalusa, di quella galiziana, di quella basca e di tutte le altre. Ma non c’è alcun motivo ragionevolmente sostenibile (storico, culturale, politico, economico) che possa giustificare una corsia preferenziale e privilegiata per l’identità catalana.

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