La squadra della Lazio ha compiuto, si sa, uno scivolone di cattivo gusto proponendo immagini da tifoseria in cui un fotomontaggio mostrava Anna Frank la bambina simbolo della Shoah e della follia antisemita, che indossava la maglia della Roma.

Lo scivolone di cattivo gusto ha avviato una bufera mediatica. La bufera mediatica dimostra che non si riesce ad accogliere il passato  né a dimenticarlo. Al contempo, il fatto mostra anche quanto la forza della mediaticità sorpassi problemi ben più gravi di attualità.

Il rabbino di Roma ha risposto a Claudio Lotito, patron della squadra della Lazio. “Le scuse non bastano” ha detto “la comunità ebraica non è una lavatrice, non si può pensare di aggiustare le cose facendo un’azione di fronte a una marea di giornalisti”

Ieri, a Bologna, la squadra di Inzaghi, per riparare alla brutta caduta dei suoi tredici tifosi, ha indossato una maglia con la scritta “No all’Antisemitismo” e la foto di Anna Frank, e ha iniziato la partita solo dopo aver posto una corona di fiori alla memoria di Arpad Weis, l’allenatore ungherese che alla fine degli anni ’30 portò il Bologna alla conquista di due scudetti e un trofeo dell’Esposizione di Parigi, prima di esser deportato e morire in un campo di concertamento.

Prima della partita è stata letta una parte del diario di Anna Frank, non senza cori di dissenso, tra l’inno di Mameli e fascismi vari.

A Bologna tuttavia 100 tifosi della Lazio hanno diabolicamente perseverato nell’intonare un coro fascista “me ne frego”, con tanto di braccia tese nel saluto romano.

E’ così difficile dimenticare, almeno quanto lo è guardare avanti, per non ripetere più gli errori del presente.