Ogni giorno siamo confrontati con questioni che sembrano difficili da affrontare o da risolvere. Per questo, talvolta, spaventano, sollevando le voci – e troppo spesso le urla sguaiate – di chi la pensa diversamente. Succede ai cittadini, succede anche ai politici, specialmente a quelli che ancora pensano che il ragionamento debba prevalere sullo sfogo. E’ nata così una politica «corretta» che ha però vieppiù assunto i contorni di una politica insipida, prudente ai limiti dell’immobilismo, buona per tutte le stagioni ma, in fondo, utile a nessuna.

Il Partito liberale radicale non è nato come un movimento di «accondiscendenti» adagiati sul potere, ma al contrario è stato per molto tempo una forza trainante, dirompente, un’opposizione forte e concettuale al conservatorismo rigoroso, una guida decisa e condivisa verso un mondo più libero, responsabile e moderno. Qualcosa si è perso dopo il cammino che ha portato il nostro Paese a una condizione di benessere e sicurezza sociale tuttora invidiataci dal mondo intero.

Da vent’anni e oltre a prevalere sono i «cacciatori di scalpi» con le loro urla, le loro richieste di sacrifici umani, evocando fantasmi che spesso vivono solo nelle loro menti ma che pian piano si diffondono, contagiando tutti in una specie di furore autodistruttivo. La risposta della politica tradizionale è stata timida; incredula all’inizio, forsanche altezzosa nei confronti di questi autoproclamatisi «salvatori» e infine addirittura intimorita. Insulti, minacce, scherno e ricatti hanno prevalso non solo nell’atteggiamento ma addirittura nel modo di affrontare i temi e i tempi della politica. Una politica mentalmente anchilosata e trattenuta è votata senza rimedio alla paralisi. La politica non è fatta per chi ha timore di esprimersi, per chi è diventato schiavo di un’autocensura che inchioda il pensiero ancor prima che venga formulato. La politica richiede, al contrario, il coraggio di credere in se stessi e nelle proprie idee e quindi di confrontarsi ed esprimersi. Non dev’essere sussurrata a denti stretti ma pronunciata a chiare lettere. Lo spazio alla discussione sulle idee, sui temi e sui problemi, è la caratteristica di una società liberale e democratica.

Affinché ci sia una discussione, occorre però che qualcuno parli, che pronunci anche parole scomode e che altri si uniscano al dibattito. Senza dogmi intoccabili, senza minacce di scomunica per le voci diverse o apparentemente fuori dal coro. Troppo spesso quelli che sentiamo urlati da altri e spacciati come idee e programmi sono invero semplici slogan, puro marketing politico, che non resiste alla prova della ragione e ancor meno dei fatti. Troppo spesso, di fronte a questi atteggiamenti, ci limitiamo a scuotere la testa, rinchiudendoci nella disapprovazione silenziosa, che ha il sapore di una torre d’avorio attorno alla quale invece brulica la vita. Troppo spesso vengono evitate le domande della gente, chiusi gli occhi davanti alle preoccupazioni dei cittadini, si stenta a trovare le parole giuste per arrivare al cuore (e non alle pance) delle persone, per rassicurarle ma anche per spronarle, per comunicare chiaramente ciò in cui crediamo – e anche ciò in cui non crediamo – in termini semplici e comprensibili. Non è questa la nostra storia, non è questa la nostra forza. Ragione e sentimento devono di nuovo prendersi per mano e andare a braccetto senza lasciare spazio alla paura.

Karin Valenzano Rossi
vicepresidente PLR