Bedano, Svizzera. La filiale della multinazionale tedesca Mubea, che si occupa di manifattura e produzione di molle per automobili, conta 98 persone, tutte impegnate, oltre che nella loro professionalità, ad aiutare. Dai terremotati di Amatrice ai bambini denutriti in Guatemala, i progetti si susseguono, su piani paralleli, unici e complementari.

Rita, Stefano e Claudio (Mubea)

A raccontarcelo è Rita Cunsolo, Purchaising Responsible di Mubea, che prima lavorava nel settore della moda in Italia ed ora fa parte del team dell’azienda “assieme al mio capo, Stefano” precisa, aggiungendo che l’età media dei 98 componenti dell’azienda è di meno di 40 anni. Giovani, determinati, e con tanta voglia non soltanto di fare, ma anche di aiutare.
Ex assessore nel sociale in un comune di confine, Rita, che è di Como, lavora oggi come frontaliera. Alla domanda se il progetto di Amatrice sia nato anche per le sue origini italiane, risponde che, quando si tratta di aiutare, occorre guardare il tutto in un’ottica di open mind, oltre le frontiere. “Avevamo mandato diverse mail al comune, alla scuola, per offrire il nostro aiuto” dice Rita “ma non avevamo ottenuto risposta. Allora ci siamo accorti che non rispondevano perché erano anch’essi sprofondati nei crolli.”

Così Rita spiega di aver trovato, grazie a un volontario della protezione civile, impegnato anche nella gestione dei cani affidati ai disabili e nella pet therapy, Giuseppe Del Rosso, i contatti di Susanna Lombardi, dell’associazione Amatrice Siamo noi, una giovane donna di Amatrice che, al momento del crollo era in casa col suo bambino. Contattatala, parte per Amatrice, assieme al Plant Manager della filiale svizzera Mubea, Stefano Masoero, e al Managing Director Claudio Papoccioli.

E così, alle 4 del mattino di un gelido giorno di dicembre del 2016, un’auto si dirige verso il Centro Italia: è carica di doni offerti dai componenti di Mubea, oltre a 2mila euro raccolti tra le filiali, il tutto per gli amatriciani sfollati dal terremoto.

Tende per gli sfollati dopo il terremoto del 26 agosto 2017

Alle 11,30 del mattino Rita, Stefano e Claudio giungono in un luogo privo di anime, dove per arrivare a destinazione Amatrice occorre circumnavigare strade diroccate, in un continuo itinere di crolli su crolli. C’è la nebbia, la neve, e fa molto freddo. Arrivati in Piazza dei Donatori, dove ad accoglierli c’è anche Susanna, iniziano le donazioni di scarpe, maglioni, giocatoli per bambini. Una fila composta di sfollati chiede cortesemente ciò di cui ha più bisogno “con estrema dignità e compostezza” racconta Rita, con enfasi, emotivamente toccata dalle reazioni di riservata gratitudine di chi ha perso tutto.

A pranzo con gli amatriciani. Al centro Rita, in piedi, al centro, seduta, Susanna

Poi i rappresentanti di Mubea sono invitati dagli amatriciani a pranzo in un agriturismo superstite, così accogliente e conviviale che sembra impossibile che al di fuori di esso vi sia così tanta desolazione. Eppure la convivialità stessa fa dimenticare, per un attimo, le calamità affrontate e, anzi, da la forza per superarle e riprendere, di nuovo, a vivere, guardando avanti.
La sera incombe, e scende presto sugli Appennini innevati; Rita, Stefano e Claudio devono ritornare, in altre sette ore di viaggio di ritorno. Quella sera giungeranno a Como all’una di notte, stanchi e commossi ma fieri della squadra e del loro progetto, da loro e da tutti i colleghi di Mubea portato avanti con determinazione e andato a buon fine.

Ad oggi gli amatriciani sono ancora sfollati, hanno quasi tutti delle casette mobili, ma gli aiuti che mancano sono ancora tanti e tale mancanza è dovuta alla lentezza burocratica dell’Unione europea ma soprattutto alla burocrazia opprimente dell’Italia, che blocca fondi e case mobili solo in nome di un cavillo.


“Eppure” conclude Rita, “quel giorno di dicembre 2016 abbiamo potuto vedere come tutti fossero uniti, come l Sindaco, la Protezione Civile, i Carabinieri, i volontari, fossero coesi nel donare, nell’aiutare, nel sostenere. Tutto ciò è stato così straordinario. Le formalità burocratiche sono state superate dalla forza della catena umana. A luglio i nostri amici amatriciani sono venuti da noi, in sede, e hanno cucinato in azienda, con i dipendenti e i dirigenti un’amatriciana per ringraziare il nostro operato e tutti i nostri ragazzi. Mubea continuerà in progetti come questi, anche per lo straordinaria partecipazione con cui tutto lo staff ha risposto all’iniziativa. Un esempio? Per Natale abbiamo prenotato 130 kit per cucinare la pasta all’amatriciana, il cui devoluto andrà ovviamente ad Amatrice.”

Testimonianza raccolta da Chantal Fantuzzi