A otto giorno dalla scomparsa del sottomarino San Juan, il portavoce dell’Armada Henrique Balbi ha confermato che l’anomalia idro-acustica rilevata dai sonar circa quattro ore dopo l’ultimo contatto radio con il sommergibile, “può essere un’esplosione”. “Si è verificato un evento anomalo, singolo, breve, violento non riconducibile ad un’esplosione nucleare” ha dichiarato Balbi pressato dalle grida e dalle urla dei parenti dei 44 marinai. Le speranze di trovarli vivi sono ormai quasi inesistenti e la notizia dell’esplosione è stata data ai famigliari poco prima del comunicato stampa ufficiale. “Ci hanno mentito, sono tutti morti da tempo!” e “Avete ucciso mio fratello!” sono solo alcune delle frasi urlate durante il comunicato, dettate dalla disperazione.

L’esplosione sarebbe avvenuta a 430 chilometri al largo del Golfo di San Jorge e si è estesa per un raggio di 125 km. Il portavoce ha dichiarato che “In quella zona i fondali variano in modo considerevole: passano dai cento ai 3.000 metri” ed è possibile che sia avvenuta un’implosione che abbia messo fuori uso tutti i sistemi di navigazione e che il mezzo sia colato a picco sui fondali marini. “La nostra Marina aveva chiesto la collaborazione degli Stati Uniti, che a loro volta hanno chiesto informazioni a diversi organismi che rilevano eventi idro-acustici in tutto il mondo. Dopo aver riunito questa informazione ed effettuato un’analisi esaustiva e centralizzata negli Usa, che ha richiesto il suo tempo, oggi abbiamo ricevuto questo indizio”.

Nonostante la disperata situazione il portavoce della Marina ha sottolineato che la ricerca del sottomarino con le stesse modalità di ricerca usate fino a questo momento, ovvero sonar attivi e passivi e immagini termiche.