GERUSALEMME 8 DICEMBRE 2017

Dopo lo storico riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele da parte degli Stati Uniti d’America, altre nazioni stanno per compiere lo stesso passo.
La Repubblica Ceca, infatti, nonostante le critiche da parte dell’Unione Europea, Francia, Germania, Italia e Spagna, alla decisione del Presidente Trump di dare seguito al Jerusalm Act, la legge approvata dal Congresso USA che riconosce la Capitale di Israele, è, per il momento, l’unica nazione nel vecchio continente intenzionata a dichiarare Gerusalemme capitale dello Stato Ebraico.
Però la sua ambasciata, probabilmente per motivi economici visto che un trasloco di questo genere ha un costo di svariati milioni di euro, rimarrà, almeno per il momento, a Tel Aviv.
Secondo diverse voci di corridoio, tutte da confermare, anche le Filippine, il Ghana, la Tanzania e l’Australia, stanno per compiere il medesimo passo mentre sembra che il Canada stia subendo decise pressioni da parte dei vertici del Commonwelt, Gran Bretagna in testa, per non allinearsi alle decisioni prese a Washington.
Fra ieri e oggi, e anche mentre sto scrivendo, ci sono e ci sono stati scontri fra dimostranti palestinesi e arabo-israeliani da una parte e la polizia e reparti anti sommossa dell’esercito israeliano dall’altra.
Gli scontri più violenti si sono avuti nelle zone della West Bank (Cisgiordania) e lungo il confine fra la Striscia di Gaza e Israele e da parte palestinese si lamentano una ventina di feriti.
Nonostante la tensione i vertici del Ministero dell’Interno israeliano non hanno messo per oggi venerdì, giornata di preghiera islamica, alcun limite all’ingresso dei fedeli sulla spianata del Tempio dove si trova la Moschea di Al Aksa, anche se ingenti forze di sicurezza controllano la zona palmo a palmo in un’intensa azione di prevenzione.
Le manifestazioni, anche violente, erano ampiamente previste e questa volta le forze di sicurezza sono riuscite, almeno fino ad ora, a non farle diventare una vera rivolta armata.
Anche se Hamas da Gaza ha chiamato a una nuova Intifada, secondo alcuni esperti dell’antiterrorismo intervistati da Channel 10, è la stessa polizia palestinese, su ordini di Abu Mazen da Ramallah, che fa del suo meglio per mantenere le manifestazioni dentro certi limiti.
Questo perché un’intifada incontrollabile potrebbe rivoltarsi anche contro il governo di Ramallah e contro il Presidente stesso che, è giusto ricordarlo, da anni ha finito il suo mandato ma non indice nuove elezioni.