da Opinione liberale, per gentile concessione

Le persone che si sono ritirate volontariamente dalla scena pubblica meritano pace. Anche se la scena pubblica l’hanno occupata con presenzialismo roboante. Non vanno più costrette a rispondere, a doversi difendere pubblicamente. Anche se hanno vissuto e prosperato provocando e irritando il prossimo. Sulla Croce Rossa non si spara, e neppure sui pensionati di fatto. Parliamo qui pertanto di Sergio Savoia solo perché caso interessante per una riflessione generale, non per vendetta politica di cattivo gusto. Prima animatore di successo alla RSI, poi – dopo un burrascoso licenziamento – esponente politico socialista, poi leader incontrastato dei Verdi, astro nascente di una politica all’insegna della spregiudicatezza, in potenza nuovo Nano del Ticino. Ma il Ticino non ha la velocità di digestione dell’Italia, dove Leghisti, Grillini e simili si sostituiscono e scavalcano rapidamente, regalando fulminee carriere a chi dispone di una sola qualità a scapito di tutte le altre: la spregiudicatezza. Il campo politico è piccolo, e una volta occupato non lascia molti spazi. E così il Nostro, riscontrata la perdita di consenso politico, si è fatto riassumere dalla RSI per un po’ misteriose funzioni. Incaricato ora, a quanto si dice, del compito di stratega nell’ombra della campagna – decisiva per la sopravvivenza economica sua e di tanti suoi colleghi – contro l’iniziativa NO-Billag. (neretto della Red)

Immaginiamoci il suo destino con un brivido di orrore: il campione della provocazione che deve pensare in termini di ragionevolezza. Dopo avere per anni, con cinico buon fiuto, capito e interpretato il sotto-la-cintura del Paese, dovere fare appello ora ai cervelli e al buon senso del medesimo Paese. Dover contrastare la parte dura e pura della Lega, dopo avere tentato per anni di imitarla e sorpassarla. Dopo avere cavalcato gli umori contro ogni sorta di privilegi veri e presunti, pensare a come convincere che quelli degli impiegati della RSI non solo tali. E soprattutto scovare buoni argomenti, ma guardarsi accuratamente, per mancanza di credibilità personale, dal mettersi in mostra per enunciarli. Terribilmente frustrante, per qualcuno così dotato nell’esibizione comunicativa. Neppure Dante avrebbe potuto immaginare un girone dell’Inferno più su misura per gli ex-animatori radiofonici peccatori in politica.

Storie come questa non sono rare. I rivoluzionari di ogni epoca, saliti al potere, devono fare i conti con la realtà e indurre la plebe da loro scatenata a riporre i forconi: sovente con una repressione ancora peggiore di quella del regime scalzato. Ma anche le rivoluzioni mancate costringono spesso i fautori a farsi ingranaggi di ciò che avevano combattuto. Pensiamo ai Leghisti imbarcati nell’amministrazione pubblica e costretti ad applicare la LIA contro artigiani incazzati dalla burocrazia e davanti ai tribunali che difendono le libertà. Ai più, assicurata la pagnotta, la contraddizione non pesa. A soffrire sono quelli che ci credevano e continuano a crederci. Immaginiamo che il Nostro, proprio perché lo rispettiamo, sia fra questi.

Robespierre