Nella notte di capodanno tra mille luci, brindisi, cenoni, in città è arrivato Fedez puntuale come un orologio, è salito sul palco per il count down e ha aperto il suo concerto spalancando le porte al nuovo anno.

Che cosa poteva mancare ai parmigiani in un capodanno da record con 8 mila persone sotto il palco e altre migliaia che avrebbero voluto essere con il loro idolo? Perché non è stato un capodanno come gli altri?

Sinceramente il brindisi di capodanno a Parma nascondeva il vero calice dell’amarezza, tutto incorniciato dalla falsità, dalla menzogna perbenistica dei famosi auguri, buon anno, istante nel quale devi essere comunque felice .

La città bella più che mai si è preparata all’evento in piazza con sbarramenti, agenti di ogni tipo di polizia, carabinieri, sicurezza privata, ambulanze, soccorsi e numerosissimi agenti in borghese dislocati per tutta la città.  Si vocifera che solo gli agenti di polizia e carabinieri erano circa un migliaio senza contare soccorritori, agenti in borghese e quelli delle sicurezze private.

Per accedere al concerto bisognava mettersi in fila, precisamente gli uomini in una fila e le donne in un’altra. Venivano passati al setaccio borse, zaini, tasche, borselli e gettati oggetti come rossetti, specchietti. Vietate bottiglie di vetro,  lattine, petardi e qualsiasi oggetto ritenuto pericoloso nella perquisizione minuziosa fatta anche manualmente.

Tutta la zona della piazza Garibaldi sulla via Mazzini, cioè l’asse della città, era recintata con veri e posti di blocco e sbarramenti. Ci si sentiva ingabbiati, qulcuno aveva anche timore che ci fosse stato un attentato o un serio problema che avesse costretto la polizia a prendere queste misure per la sicurezza dei cittadini.

Ho provato a domandare a degli agenti venuti da lontano, dal sud dello stivale, proprio chiamati per questa emergenza, e mi hanno spiegato che sono protocolli di sicurezza attuati nelle piazze della regione Emilia per l’occasione del capodanno e che erano numerosissimi tutti gli agenti. Sono rimasta impressionata, sembrava una sorta di esercitazione militare.

La festa si è macchiata di paura e intanto che Fedez cantava le sue canzoni mettendo in luce quastioni umane, politiche sociali tipiche italiane, intanto che valorizzava la paternità in relazione alla nascita di un figlio, mi domandavo: “che mondo è questo, in cui per vedere un ragazzo che canta dobbiamo restare in gabbia per essere al sicuro? Al sicuro da chi e da che cosa? Qual è il nemico di questa società?  Di che cosa si ha paura? Quali sono i veri rischi?”.

La tristezza più grande è che abbiamo perso la libertà e nessun cancerto è bello in una piazza blindata da ogni tipo di sicurezza tanto che sembrava pronta ad un assedio imminente. In fondo al cuore c’era quel velo di  paura e in quei calici alzati si beveva non solo all’addio al 2017 ma anche all’addio più fatale a quella repubblica pacifica, costruita col sangue delle guerre mondiali che aveva partorito un assetto dell’occidente in pace, senza confini europei e senza paura di stare tutti liberi insieme a festeggiare.

Testimonianza diretta di Lucia Patrini