Lasciando da parte la politica e l’arte, ci “lanciamo” nel campo della medicina, così importante per la vita del singolo e di tutta la società. Incontriamo oggi un giovane medico luganese di soli 38 anni, capoclinica e libero docente a Basilea. Egli ci parla con grande chiarezza, competenza ed entusiasmo del suo lavoro, del suo amore per la medicina e del suo desiderio di aiutare l’uomo che soffre.

Un’intervista di Francesco De Maria.

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de-marchis-yDottor de Marchis, si presenti ai lettori di Ticinolive.

Gian Marco de Marchis  Sono nato a Lugano, dove ho frequentato le scuole fino al Liceo Lugano 2, presso il quale ho conseguito la Maturità nel 1998. All’Università di Berna, ho studiato medicina umana, diplomandomi e ottenendo il dottorato nel 2004. Dal 2005 al 2006 ho lavorato come medico assistente presso l’Ospedale La Carità di Locarno. Mi sono specializzato in neurologia e malattie cerebrovascolari all’Inselspital di Berna,  conseguendo i relativi titoli specialistici FMH nel 2012. Grazie ad uno stipendio del Fondo Nazionale Svizzero ho potuto svolgere un soggiorno di ricerca clinica presso il Columbia Univerisity Medical Center di New York dal 2012 al 2013, nel reparto di medicina neurointensiva. Dal 2014 lavoro come capoclinica presso l’Ospedale Universitario di Basilea, dove, nel 2015, mi sono abilitato all’insegnamento della Neurologia.

Qual è la sua funzione attuale?

GDM  Lavoro come neurologo vascolare presso lo Stroke Center dell’Universitätsspital di Basilea. Prendo a carico, insieme a tutto il team, pazienti colpiti da ictus nella fase acuta. Mi occupo inoltre di neurologia acuta in Pronto Soccorso, Cure Intense e nei diversi reparti dell’Ospedale.

Che cos’è esattamente l’ictus?

GDM  L’ictus è un infarto cerebrale. Ne esistono due tipi: l’ictus ischemico e l’ictus emorragico. L’ictus ischemico è la forma più frequente (85%) ed è dovuto ad un’ostruzione di un’arteria o capillare. Ne risulta un impedimento dell’afflusso di sangue al cervello. Dopo soli 3 minuti le cellule nervose incominciano a morire. Ogni minuto 1,9 milioni di cellule nervose muoiono! L’ictus emorragico è più raro (15%): la causa più frequente è la rottura di un’arteriola con conseguente emorragia cerebrale. In ambo i tipi di ictus, parte del cervello malfunziona.

Quali sono i sintomi dell’ictus?

GDM  C’è un acronimo che li compendia efficacemente: FAST (dall’inglese: veloce)

  • F come Faccia (Face): paresi facciale, disturbi della mimica;
  • A come Arm: paralisi di un braccio, o di una gamba;
  • S come Speech: disturbo della parola (afasia), che si manifesta con’impossibilità ad esprimersi (sia verbalmente che per iscritto) o di comprendere. Anche se parliamo al paziente nella sua lingua madre, per il paziente è come se parlassimo una lingua a lui completamente sconosciuta;
  • T come Tempo (Time): questo non è in sintomo ma ribadisce il concetto fondamentale: bisogna fare in fretta e allarmare il 144.

veloceQual è la terapia dell’ictus?

GDM  Per l’ictus ischemico, è la trombolisi o il trattamento endovascolare. La trombolisi consiste in un’infusione endovenosa di un enzima volto a sciogliere il trombo. L’efficacia della trombolisi diminuisce col passare delle ore: prima si somministra, meglio é. L’ideale è somministrare la trombolisi nella prima ora dall’esordio dei sintomi, dopo 4 ore e 30 minuti dall’inizio dei sintomi l’efficacia della trombolisi è, in generale, praticamente nulla ed aumenta il rischio della complicazione più temuta: l’emorragia cerebrale. Il trattamento endovascolare consiste nell’inserire un catetere direttamente nell’arteria per riaprire l’occlusione. La “finestra temporale”  del trattamento endovascolare arriva fino a 12 ore dall’esordio dei sintomi, ma anche qui: prima si fa, meglio é. Inoltre il trattamento endovascolare è fattibile solo se l’occlusione si trova in un’arteria cerebrale di larghe dimensioni, perché il catetere non può raggiungere i vasi più fini.

Che cosa è essenziale nel suo lavoro?

GDM  La rapidità e la sicurezza. Come spiegavo, la rapidità di somministrazione della trombolisi permette di incrementarne l’efficacia. La rapidità non deve tuttavia andare a scapito della sicurezza del paziente. Rimane quindi essenziale raccogliere un buona e mirata anamnesi (spesso chiediamo anche informazioni a testimoni oculari), svolgere un esame clinico strutturato e sottoporre tutti i pazienti ad una TAC o risonanza magnetica cerebrale per escludere un ictus emorragico, nel qual caso la trombolisi è controindicata. Essenziale nel mio lavoro è quindi selezionare bene i pazienti per una trombolisi. Allo stesso tempo è importante arrivare ad una diagnosi e piano terapeutico anche in quei pazienti in cui il sospetto di ictus non si conferma. Altre malattie neurologiche possono infatti imitare i sintomi di un ictus, per esempio un attaco emicranico con aura visiva o un attacco epilettico.

Quanti sono gli stroke center in Svizzera?

GDM  Nove Stroke Center esistono in Svizzera. Gli Stroke Center sono spesso localizzati negli Ospedali Universitari o di livello universitario. Essi sono ubicati a: Lugano, Basilea, Zurigo (2), Berna, San Gallo, Aarau, Losanna e Ginevra. In più abbiamo 14 Stroke Unit nei vari Ospedali del Paese.

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Di quanti medici si compone lo Stroke Center di Basilea?

GDM  Lo staff medico conta sei medici quadri e sei medici assistenti. Medici di altri reparti collaborano strettamente con lo Stroke Center, p.e. i vari team del Pronto Soccorso, Neuroradiologia, Neurochirurgia, Anestesia e Cure Intense. Cruciale è anche il contributo di vari team paramedici, come tutto lo staff infermieristico, di fisioterapia, logopedia ed ergoterapia.

Quando siete pronti a intervenire?

GDM  Sempre: 24/24 h, 7/7 giorni, 365/365 giorni all’anno.

Qual è stato l’ultimo grande progresso nella neurologia vascolare?

de-marce-standGDM  Il trattamento endovascolare dell’ictus ischemico. Nel 2015 sono stati pubblicati 5 importanti studi che dimostrano l’efficacia e la sicurezza del trattamento endovascolare nei pazienti con un ictus ischemico causato da un’occlusione localizzata in un ramo principale di un’arteria cerebrale. Nuovi tipi di cateteri – chiamati Stent Retrievers – permettono di rimuovere il trombo tramite uno stent. In pratica, le maglie dello stent “catturano” il trombo. Rimuovendo lo stent, si rimuove così anche il trombo (v. figura). Nessuno stent rimane nelle arterie a fine intervento. Ciò rappresenta un’importante differenza con la cardiologia, dove lo stent viene lasciato nelle arterie coronariche.

E il prossimo grande progresso?

GDM  Tanti progressi possono e devono essere ancora fatti. Per esempio, va velocizzato l’arrivo in Ospedale dei pazienti colpiti da ictus. Ancora oggi, sono notevoli i ritardi tra l’inizio dei sintomi e l’arrivo in Ospedale del paziente. Più della metà dei pazienti con un ictus impiega più di due ore per arrivare in Ospedale. La ragione principale è che spesso i pazienti sperano che i sintomi, per esempio la paralisi di un braccio, passino da soli ed aspettano prima di allarmare il 144. Essenziale quindi informare bene la popolazione sull’ictus e sul suo trattamento.

Com’è stata la sua esperienza negli USA? Il mito dell’America – resiste? È da sfatare?

GDM  La mia esperienza a New York, al Columbia University Medical Center, è stata fantastica. Ho imparato molto e ho potuto allargare il mio orizzonte, sia scientifico che personale. Allo stesso tempo, ho imparato a valorizzare di più l’alto livello della medicina e ricerca in Svizzera. Di sicuro, in Svizzera, non dobbiamo farci nessun complesso di inferiorità, anzi possiamo andare fieri del nostro sistema sanitario e di ricerca medica. Sia in Svizzera che negli USA pubblichiamo ricerche nelle migliori e più competitive riviste scientifiche. Certo è che la collaborazione internazionale è essenziale e diventa sempre piú importante. Possiamo imparare molto l’uno dall’altro.

Per concludere l’intervista, mi dica perché è bello essere medico.

GDM  Per servire la popolazione e i nostri pazienti. In particolare, è entusiasmente contribuire a ridurre gli ictus e potere offrire il miglior trattamento a tutti quei pazienti che non l’hanno potuto evitare. I progressi fatti sono enormi ed è fantastico lavorare in un campo nel quale è in corso una vera e propria rivoluzione verso l’alto. Attraverso le mie pubblicazioni, miro inoltre a offrire risposte a domande frequenti che riguardano direttamente i nostri pazienti e la loro qualità di vita (“Patient-Oriented Research”). Penso spesso: se, grazie ad una mia pubblicazione, contribuisco a salvare una vita umana o evitare un caso di invalidità in qualsiasi parte del mondo, ne è già valsa la pena.

Esclusiva di Ticinolive