Marina Di Guardo, scrittrice e madre di tre figlie, a breve sarà nonna del piccolo Leone, figlio della fashion blogger Chiara Ferragni e del rapper Fedez. Sarà ospite d’onore al Capodanno russo al Casinò di Lugano il 13 gennaio. (foto di Luca Pozzaglio)

Marina Di Guardo sarà ospite al Capodanno russo il 13 gennaio al Casinò di Campione d’Italia. La scrittrice si racconta a Ticinolive.

Cinque libri e tre figlie. Che effetto le fa essere una mamma – scrittrice, in un’epoca come questa, frenetica, tecnica, mediatica, sempre incentrata sull’istante?

Anche trent’anni fa, la scelta di avere tre figli era decisamente controcorrente. Ricordo ancora l’espressione stupita di molte amiche quando ho annunciato la mia terza gravidanza. Ho dovuto rinunciare a una brillante carriera, ma è stata una scelta che mi ha molto gratificata. Per me la famiglia e gli affetti saranno sempre al primo posto. Diventare scrittrice invece è stato realizzare il sogno che avevo sin da bambina. Quando scrivo mi sento libera, davvero me stessa. Una sensazione impagabile.

Dalla moda alla scrittura. Come ha intrapreso questo salto tra i due mondi che più le appartengono?

Per molti anni sono stata vice direttrice dello show room di Blumarine, una bellissima esperienza che mi ha dato tanto. Quando si parla di moda, spesso si pensa a un mondo all’apparenza dorato, facile. La realtà è molto diversa: viene premiato solo chi lavora duro e si comporta con impegno e serietà. Quando è nata Valentina, ho dovuto fare una scelta: abitando a Cremona, lontana cento chilometri da Milano e avendo ormai tre bimbe a casa, non riuscivo più a seguire il lavoro e la famiglia come desideravo. Ho scelto di privilegiare la famiglia. Le mie ragazze sono cresciute, hanno iniziato le rispettive carriere e io mi sono ritrovata con quel tempo che mi era sempre mancato. Sono state loro a spronarmi, a convincermi di mettermi alla prova. Ho sempre scritto poesie, racconti, ma grazie a loro ho creduto in me stessa e ho iniziato a scrivere con maggiore impegno. Così è partito il mio primo romanzo.

È stata invitata dalla Garbo Management SA come ospite al Capodanno Russo al Casinò di Campione, cosa ne pensa? Ha avuto e ha in programma altri progetti con Garbo per essere sempre più nota anche in Svizzera?

Sono molto felice di partecipare a un evento prestigioso come il Capodanno Russo. Il mio ultimo romanzo verrà offerto come cadeau agli ospiti della serata, una bella occasione per parlare ancora del mio Com’è giusto che sia. Recentemente ho presentato il mio libro diverse volte in Svizzera, a dicembre proprio da Blu boutique a Lugano. In futuro ci saranno altri progetti interessanti, non vedo l’ora.

Si dice che l’editoria non sia un mondo facile. La prima pubblicazione è stata uno scoglio da varcare o ha trovato subito via libera per poi affermarsi?

Quando ho mandato in valutazione il mio primo manoscritto ho seguito una regola imprescindibile: non spedire la mia opera a case editrici che chiedessero un contributo per la pubblicazione. Dopo quattro mesi mi ha risposto una piccola e molto seria casa editrice, la Nulla Die. Da quel momento è iniziata l’avventura.

Da Non mi spezzi le ali (2014) a Bambole Gemelle (2015) sino al suo ultimo libro, Com’è giusto che sia (2017) la figura della donna, così viva nella sua drammatica fragilità, vive in un eterno dissidio tra animo e corpo, talvolta prigioniera della società, talvolta del proprio passato. È così anche nella realtà?

Cerco di scrivere storie che possano essere verosimili, che raccontino vicende possibili, che facciano astrarre dalla realtà, ma anche riflettere. Ad esempio, il mio ultimo romanzo è un thriller avvincente e teso in cui affronto anche temi importanti come il femminicidio, il difficile rapporto genitori e figli, il mondo insidioso e tossico che a volte si nasconde dietro l’istituzione della famiglia.

La figura della donna resta in ogni caso un pilastro nella sua letteratura. E per una donna che ha tre figlie femmine, si potrebbe dire che l’universo femminile lo conosca molto bene… è così?

Punto molto sull’indagine psicologica, sullo scavo degli aspetti caratteriali, delle frustrazioni, delle paure, delle qualità e delle debolezze che si possono trovare in ognuno di noi. Amo sia i personaggi femminili sia quelli maschili. L’unico diktat che seguo: delineare i miei protagonisti con molta onestà, renderli veri, far sì che il lettore li senta vicini a sé.

Descriva con un aggettivo Chiara, Francesca e Valentina.

Difficile usare solo un aggettivo, sarebbe troppo riduttivo. Sono profondamente orgogliosa di loro. Di quello che stanno costruendo, del loro impegno, della loro serietà, ma più di tutto del loro essere pulite, vere. Qualità che, a mio parere, non devono mai passare di moda.

Chiara sarà mamma a breve. La emoziona l’idea di diventare nonna?

Moltissimo! Non vedo l’ora di tenere Leoncino tra le braccia.

Cosa significa essere femministe, oggi?

Significa ricordarsi sempre di avere ancora tante lotte da combattere. Forse, non finiranno mai…

Cosa consiglierebbe, dunque, alle donne di domani?

Il mio punta di vista, valido sia per le donne che per gli uomini: ascoltarsi, capirsi, perdonarsi.
E seguire la strada più difficile.
Quella di cui non ci pentiremo.

Intervista a cura di Chantal Fantuzzi