Il pensiero del giorno lo assegniamo oggi a Iris Canonica, polemista di talento e di grande efficacia. Da un articolo pubblicato nel Corriere e ripreso dal Mattino.

Per comprendere appieno l’importanza della radioTV di Stato nel processo di “persuasione” politica (e per essere perfettamente attuali) pensiamo al ruolo della Ssr/Rsi nella battaglia per l’iniziativa UDC contro i Bilaterali, annunciata pochi giorni or sono. Il potere politico disporrà di uno strumento e di un’arma fondamentali.

* * *

Slogan penosi e fuorvianti

Nonostante si voti solo ad inizio marzo, da mesi stiamo assistendo ad uno stucchevole martellamento e ad un vero e proprio terrorismo mediatico a senso unico, contro l’odiata iniziativa, mai visto negli ultimi decenni nel nostro Paese, sebbene la portata della proposta sia inferiore a quella di altri temi votati dal popolo. Vedere politici, solitamente compassati, che lanciano con veemenza slogan dal contenuto falso e fuorviante del tipo “No Billag-No Svizzera” è un po’ penoso, oltre a rendere ridicoli i suoi protagonisti. Nell’unanime coro delle cassandre nostrane, non ha voluto esser da meno l’attuale presidente del Consiglio di Stato ticinese, Manuele Bertoli che, colto -guarda un po’- da un estemporaneo spirito patriottico, parla addirittura di “siluro contro la Svizzera”. Ci vuole proprio tutta ad esternare un simile pensiero da parte di chi, il 1° agosto del 2014, in qualità anche allora di presidente del governo cantonale, auspicò addirittura di rifare il voto contro l’immigrazione di massa, il cui esito a lui chiaramente non piaceva, sconfessando così l’espressione democratica del popolo svizzero del febbraio dello stesso anno. Alla faccia della democrazia diretta, o semidiretta, di cui andiamo fieri! La Svizzera e la sua democrazia esistono da ben prima della nascita (70-80 anni fa, quando, sotto la minaccia di Hitler e di Stalin, la difesa nazionale doveva anche far capo ad un’indispensabile informazione capillare) della radio-TV di Stato e grave e profondamente illiberale sarebbe credere che questa coesione nazionale dipenda ora da un’azienda di monopolio di Stato.