Cinque anni fa la pensava cosi’… e adesso? 

Una vera fortuna per la No Billag è… Paolo Pamini, granconsigliere di Area Liberale e membro del Comitato d’iniziativa. Una fortuna ancora più grande… sono i politici che non dicono come voteranno realmente il 4 marzo.

Pamini non è un soldatino al quale si possa consegnare l’ordine di marcia, Pamini è libero, liberale e anticonformista. Questo suo testo impressiona per la ricchezza e l’originalità dell’argomentazione. Da leggere assolutamente. Non piacerà a Canetta, a Pedrazzini o a Tini? E pazienza, apprezzeranno la sincerità.

IMPORTANTE. Giovedì 1° febbraio si riunirà a Lugano l’assemblea generale straordinaria della Corsi, alla presenza della signora Leuthard, per esprimere un corale sostegno alla conservazione del canone. L’assemblea sarà seguita da un dibattito, al quale Pamini è stato invitato. Egli dovrà presumibilmente misurarsi con i “pezzi da 90” Abate e Lombardi. Siamo assolutamente certi che saprà mostrarsi all’altezza della situazione.

Un’intervista di Francesco De Maria.

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De Maria  Dunque i due deputati di Area Liberale, Morisoli e Pamini, si trovannsero su versanti opposti. La imbarazza questo fatto?

Paolo Pamini  Per nulla. Morisoli il 9 novembre 2017 aveva detto su LiberaTV (https://www.liberatv.ch/it/article/36088/sergio-morisoli-spiazza-tutti-l-iniziativa-no-billag-da-bocciare-ma-si-dimetta-subito-in-blocco-il-consiglio-della-corsi-e-la-direzione-presenti-un-piano-con-delle-garanzie-prima-del-voto-il-momento-di-cambiare) di bocciare l’iniziativa ad una serie di condizioni, in particolare le dimissioni immediate del Consiglio della CORSI e la presentazione da parte della direzione SSR/RSI di un piano d’azione con delle garanzie. A quel tempo e a quelle condizioni sarei stato anche disposto a prendere una simile posizione di compromesso.

Da allora nulla è successo, anzi sono seguite solo reazioni di supponenza e di stizza. Lo sviluppo della campagna, in particolare i toni isterici e veementi inalberati dai sostenitori della TV di Stato (alcuni dei quali dipendenti della stessa Rsi) mi hanno fatto definitivamente decidere di scendere in campo a sostegno dell’iniziativa.

Lo faccio perché desidero dare un contributo al dibattito con argomenti ragionati. Eppoi un sì è senz’altro più coerente con i miei valori liberali.

Ha detto “liberali”. Ha visto il voto sulla No Billag espresso dal recente congresso PLR? 204 No, 82 Sì, 12 astenuti. 82 + 12 sono tanti o pochi?

Sono tanti, soprattutto se si considera il clima di “terrore” che si è instaurato nell’establishment. Se si fosse votato a scrutinio segreto, sarebbero stati ancora di più.

Che cosa può dirci dei Giovani liberali?

Nella Svizzera interna hanno partecipato attivamente alla creazione dell’iniziativa e alla raccolta delle firme. Lo stesso vale per i Giovani UDC.

Non si tratta di un caso: il nocciolo della questione è proprio il patto generazionale che ormai si è rotto: oggi la classe politica si fa pagare il giocattolo mediatico dai poveri (che fanno fatica a pagare il canone e spenderebbero diversamente i loro soldi) e dai giovani (che spendono il tempo sul web).

E quanto al Liberales Institut, di cui lei è un esponente?

Ha contribuito a preparare il terreno culturale sul quale è sbocciata l’iniziativa.

Esattamente come sta facendo nel Regno Unito l’Institute of Economic Affairs che propone di privatizzare la BBC (https://iea.org.uk/publications/research/in-focus-the-case-for-privatising-the-bbc). Per chi non lo sapesse, l’IEA negli anni ’70 ha preparato il terreno culturale per spiegare i benefici del libero mercato che ha infine condotto all’ascesa della Thatcher. Sull’altro lato, la BBC è vista internazionalmente come il modello della TV finanziata dallo Stato.

Anche a livello politico attivo?

No, perché l’Istituto Liberale non fa politica attiva bensì è un think tank che approfondisce questioni fondamentali connesse alla convivenza sociale pacifica tra individui nel rispetto della libertà e della proprietà di ognuno. Il tutto con un particolare riferimento alla tradizione elvetica, che predilige la società civile allo statalismo e laddove possibile il potere politico a livello locale anziché centrale.

Ecco tra l’altro perché, esattamente al contrario di quanto afferma l’establishment, Ssr e Billag non sono per nulla frutto della tradizione svizzera ma un corpo estraneo, piuttosto proprio dello statalismo che osserviamo in altri Paesi.

Che cosa pensa del clima in cui si svolge la campagna?

Le confesso che lo trovo terribile ed esilarante al contempo. I difensori della Ssr/Rsi hanno portato il dibattito a un livello di autentica esasperazione, gridando alla Patria in pericolo e dipingendo scenari apocalittici. La cosa in assoluto più fastidiosa sono il codazzo che gironzola attorno alla TV di Stato (tutti finalmente obbligati a venire allo scoperto) e soprattutto la classe politica capace solo di ripetere come un disco rotto gli slogan senza approfondire le critiche che vengono sollevate. Un simile consenso generalmente è molto sospetto.

Che cosa pensa del “geniale” slogan “No Billag No Svizzera”?

Che è una grossolana esagerazione, in sostanza una stupidaggine. Le motivazioni le ho già riassunte prima. Tuttavia è coerente con la supponenza della TV di Stato che anni fa ha iniziato ad appropriarsi il brand “idée suisse”. Ho come il sospetto che la loro idea di Svizzera non sia esattamente la mia, ah ah!

Siamo seri. Facciamo un passo indietro e guardiamo le cose con il necessario distacco: non è tutto altamente autoreferenziale? Crediamo davvero che la Svizzera si riduca a questo e che i cittadini siano tanto sciocchi da pure crederci?

L’iniziativa è troppo radicale?

Questo è uno dei loro principali cavalli di battaglia: l’iniziativa è “radicale”, dunque la chiusura di Ssr sarà fatale ed immediata.

Ebbene, che No Billag sia radicale è un dato di fatto: va letteralmente alla radice di un serio problema morale, ossia un’azienda privata (Ssr) finanziata attraverso la violenza dello Stato (canone, e dal 2019 addirittura un’imposta) anche dai cittadini a cui non gliene può fregar di meno, il tutto controllato dalla politica e al servizio della politica.

Ma No Billag è pure radicale perché anticipa i tempi: non vieta il servizio pubblico, bensì il finanziamento statale (federale) delle emittenti radiotelevisive. Leggete il testo. Siamo al capezzale della TV come la conosciamo, è finita un’epoca. Tra pochi anni anche le frequenze non saranno più un tema, perché ognuno potrà guardare/ascoltare il programma che desidera all’ora che preferisce sull’apparecchio a portata di mano (tv, telefonino, tablet, automobile). Già io quando guido mi ascolto col cellulare collegato all’autoradio dei podcast di un autore californiano. Faccia lei.

Veniamo alla totale conclamata assenza di un qualunque “piano B”…

Dall’essere radicale No Billag non deriva la morte di Ssr. Soprattutto non la morte immediata il 1° gennanio 2019. È lo stesso Consiglio federale nel suo Messaggio (pag. 7384 del seguente PDF: https://www.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2016/7359.pdf) a dire che Governo e Parlamento avranno tempo e margine di manovra per riorganizzare l’azienda; in una situazione mutata, evidentemente. Il motivo è che serviranno almeno 2-3 anni per preparare la legge di transizione, quella che tra l’altro dirà come funzioneranno concretamente le famose aste, inclusi i criteri di attribuzione.

Gli oppositori della No Billag hanno tutto l’interesse a far credere che un piano B non esista. Loro vorrebbero conservare il “dinosauro” così com’è, con tutti i suoi eccessi e tutti i suoi privilegi. Vi ricordate Maria Antonietta e la folla parigina in collera? La conclamata ristrutturazione dell’azienda sono promesse al vento. Dopo tutti questi anni di inazione la direzione e l’establishment hanno letteralmente perso qualsiasi credibilità. Ecco perché Morisoli chiedeva dimissioni immediate, promesse e garanzie: per riproporre quella credibilità ormai persa.

Io di piani B non ne ho fatti di mio pugno. Tuttavia ne circolano alcuni che ritengo verosimili, come quello pubblicato il 9 novembre sulla Weltwoche che prevede una cura dimagrante di Ssr dagli attuali CHF 1.6 mrd. a CHF 1.2 mrd. Bisogna essere dei manager disgraziati (e pure un po’ idioti) per far completamente implodere quello che attualmente è il maggior player. Ad ogni modo, noi sappiamo che dopo la liberalizzazione della telefonia Swisscom non è sparita, idem con la Posta nell’ambito dei pacchi, o delle FFS nell’ambito del trasporto cargo.

Per i dipendenti di Ssr meglio comunque che non passi l’iniziativa?

Sa che paradossalmente potrebbe invece esser vero il contrario? Ossia: per garantirsi il posto per ancora almeno 2-3 anni dovrebbero votare sì a No Billag!

Mi prende in giro?

Assolutamente no, e le spiego. Se non dovesse passare l’iniziativa, come l’establishment auspica, il 1° gennaio 2019 entrerà in vigore il nuovo canone obbligatorio generalizzato. Quello che abbiamo votato nel 2015, e che i ticinesi hanno peraltro bocciato.

L’attuale canone è una tassa sulla capacità di ricevere il segnale. Tant’è vero che se non si ha né radio, né tv, né abbonamenti internet a banda larga è legalmente possibile chiudere la porta in faccia all’omino Billag che infastidisce sulla soglia di casa. Il nuovo canone invece è in realtà un’imposta, perché saranno indistintamente colpite tutte le economie domestiche e tutte le aziende, fatte salve alcune eccezioni (ossia chi riceve prestazioni complementari, i diplomatici, e le aziende con un fatturato annuo sotto CHF 500’000). Pensi che addirittura i ciechi dovranno pagare il canone, le sembra normale?

Il problema è che l’attuale art. 93 della Costituzione (quello sulla radiotv) non parla di imposta radiotelevisiva. La Confederazione non è pertanto legittimata a prelevare un’imposta senza base costituzionale, tant’è vero che il 4 marzo 2018 oltre che sull’abolizione del canone votiamo anche sul prolungamento fino al 2035 del prelievo dell’IVA e dell’Imposta federale diretta.

Il succo del discorso qual è?

Che da gennaio 2019, chiunque potrà rifiutarsi di pagare la nuova imposta radiotelevisiva, ricorrere al Tribunale amministrativo federale e se necessario al Tribunale federale. Chi legge ricorderà la sentenza su Billag e IVA, tanto per rendere l’idea. Ssr sarà letteralmente un gigante dai piedi d’argilla con un finanziamento altamente insicuro. Se la classe politica vorrà mantenere il pargoletto, la Confederazione dovrà accollarsi CHF 1.7 mrd. di spesa sulle sue spalle. Oppure emendare la Costituzione, il che ci porterà di nuovo alle urne.

Qualora passasse No Billag invece, come abbiamo visto sopra il sistema attuale continuerebbe qualche anno ancora. Ecco perché a rigore i dipendenti di Ssr/Rsi dovrebbero votare sì a No Billag!!

Un bel pasticcio insomma. Ma sappiamo chi ringraziare: la maggioranza della classe politica e la direzione dell’azienda.

Facciamo una simulazione, la più sconvolgente, la più eccitante: vince il Sì a livello nazionale. Lei è il capo assoluto della Ssr e deve salvare l’azienda. Che cosa fa?

Per prima cosa vado dalla signora Leuthard e dal Consiglio federale al fine di fissare la scala dei tempi (che dipenderanno anche dal Parlamento, quindi meglio se ci si trova anche con i capigruppo). Chiederei che la tempistica venga subito comunicata pubblicamente, in modo da creare certezza. Ragionevolmente parliamo di 2 o 3 anni di tempo per scrivere la nuova legge e pianificare la transizione. Con il voto popolare si potrebbe subito congelare la nuova imposta radiotelevisiva, evitando il caos giuridico sul prelievo illegale dal 2019. Infine, chiederei al Consiglio federale una linea di credito corrente per evitare qualsiasi rischio di fallimento immediato per crisi di liquidità, che è la recente critica di Roger Schawinsky.

Un sussidio?

No perché la (ipotetica) nuova legge lo vieterebbe. Diciamo una garanzia temporanea. Il Governo lo può fare. Sarebbe una mossa molto più lieve di quanto fatto con UBS e nell’interesse dell’establishment stesso, che certamente vorrà evitare shock alla propria azienda di riferimento.

Di quale entità?

Ssr ha un budget di CHF 1.6 mrd. l’anno, pertanto con circa CHF 250 mio. di credito corrente massimo è assicurata la liquidità di due mesi. Ricordiamo che durante la transizione continuerebbe il canone attuale. La Ssr NON chiude e si ristruttura profondamente.

Analizziamo ora le varie componenti dell’attività radiotelevisiva, soprattutto sotto l’aspetto economico.

Io distinguerei cinque settori: le produzioni proprie (informazione e filmati); lo sport; l’intrattenimento; la cultura; l’online.

Sport ed intrattenimento sono gli ambiti più semplici, perché non sono una particolarità di Ssr. Ci sono infatti già oggi altri offerenti sul mercato. Ssr dovrà misurarsi con loro e far pagare prezzi di mercato.

La cultura potrebbe, se la politica lo riterrà desiderabile, essere sussidiata all’interno dell’articolo 69 della Confederazione. Un eventuale finanziamento pubblico per esempio dell’OSI avrebbe qui i suoi fondamenti legali. Non mi chiedo qui se ciò sia o meno auspicabile, dico solo che ciò rimane possibile anche con No Billag. L’articolo 69 insieme all’articolo 70 danno inoltre spazio alla promozione del plurilinguismo. Questi aspetti potrebbero pure essere ripresi nei criteri di aggiudicazione delle aste.

Secondo l’articolo 71 della Costituzione federale, la Confederazione può promuovere la produzione cinematografica svizzera e la cultura cinematografica. Pertanto anche qui vedete che vi è ampio spazio di manovra che la politica filo-Ssr sicuramente non si lascerà scappare, alla faccia delle interruzioni drastiche. D’altra parte vi è un’ampia clientela politica di intellettuali di corte da mantenere. Frontaliers in altre parole sarebbe possibile anche con No Billag.

Rimane la produzione propria di informazione. Telegiornale, Quotidiano, servizi di approfondimento sono i prodotti ammiraglia dell’azienda e la vera unique selling proposition (ossia in inglese business ciò che distingue l’azienda dai concorrenti). Sicuramente questi prodotti sarebbero finanziabili con abbonamenti e con qualche pubblicità nelle ore di punta.

Il vantaggio di passare alla TV via web sarà la facilità di controllare e far pagare per i singoli contenuti consumati. Per il pubblico anziano non sarà difficile organizzare una qualche scatoletta collegata alla TV e ad internet che emuli la vecchia televisione lineare che hanno conosciuto in questi decenni, dove ad una determinata ora inizia un determinato programma.

Ma un tale piano B è proprio ciò che i sostenitori del canone negano accanitamente!

Sono obbligati a farlo, è il loro “argomento” migliore. Accanto, ovviamente, alla tesi del “bagno di sangue occupazionale”.

Allora lei non desidera che la Ssr perisca?

Ho mai detto una cosa simile? Io desidero unicamente che si lasci la libertà ad ognuno di scegliere quale TV vuole e che non sia obbligato a pagare quella che vuole il vicino, o peggio ancora quella che vogliono i politici.

I “fans del dinosauro” non vogliono capire che è finita un’epoca, durata una sessantina d’anni: l’epoca della televisione lineare e del monopolio di Stato. Alain Bühler parla giustamente di dinosauro per le mastodontiche dimensioni e l’incapacità di adattarsi.

Il bello è che addirittura la Confederazione snobba Ssr! Faccia caso ai video delle conferenze stampa e delle votazioni popolari: sono tutti su YouTube e non sul RSI Player. Paradossalmente la Confederazione ha pubblicato un video contro No Billag che gira… su YouTube!! E fa bene a fare così: rispetto alla vecchia soluzione di Swisscom, paga solo CHF 1’000 l’anno e ne risparmia 140’000.

Gli avversari della No Billag lodano a spada tratta l’indipendenza e, addirittura, la “neutralità” dell’informazione prodotta dalla RadioTV di Stato. La pensa anche lei così?

No, l’informazione di Ssr e Rsi è nettamente sbilanciata. Non tanto tra le varie forze politiche (non entro nel dibattito dei giornalisti di sinistra), quanto in favore dell’establishment politico.

La cosa è naturale: Ssr è un’azienda privata (un’associazione per la precisione) finanziata dalla politica e controllata dalla politica, sia nazionale sia regionale. Pertanto come pensa che SSR possa fare del giornalismo seriamente critico contro lo Stato? Guardi qualsiasi telegiornale: è quasi solo una carrellata di informazioni su cosa ha fatto lo Stato (inteso come Confederazione, Cantoni, Comuni e parastato). Ssr è talmente statalista che non ce ne rendiamo neppure più conto.

Ssr e tutto il codazzo giocano necessariamente il ruolo degli intellettuali di corte. In fondo anche il trattamento di No Billag non è imparziale: l’azienda non perde occasione per diffondere i suoi messaggi, che sono quelli della politica che cerca di difendere le proprie rendite di posizione. La cosa avviene anche in modo subliminale, come quando si elogia l’indotto sul territorio. Come se i CHF 451 di canone che ogni famiglia avrebbe potuto spendere in altro modo non avrebbero generato un indotto anche loro…

Che cosa intende dire?

Che così come è vero che SSR genera un gettito sul territorio (nazionale e ticinese), è pure vero che il prelievo forzoso del canone ne distrugge un altro, che non vediamo. Frédéric Bastiat parlava di “ciò che si vede e ciò che non si vede”.

Il problema è che la vera lotta di classe, da sempre, è tra pagatori netti di imposte e consumatori netti di imposte. Ossia tra chi produce ricchezza e chi legalmente la sottrae ai primi per farne altro uso, con mille scuse e motivazioni. Sempre Bastiat scriveva 170 anni fa che lo Stato è quella grande finzione attraverso cui tutti cercano di vivere alle spalle di tutti. Ciò si applica anche alla radiotv: ci sono i pagatori netti di canone (abbastanza silenziosi, ma li misureremo presto alle urne) e i consumatori netti di canone (molto rumorosi perché difendono le proprie rendite politiche, infatti No Billag li sta stanando tutti).

Non abbiamo lo spazio di approfondire, ma non dimentichi l’origine fiscale di tutte le rivoluzioni storiche! Lo sapeva che addirittura la Stele di Rosetta era un documento fiscale che attestava l’esenzione di una certa casta sacerdotale?

A chi ho stuzzicato l’interesse consiglio un libro (semplice e non troppo scientifico, ma pieno di dettagli) di Paul Rosenberg: Production vs. Plunder (https://www.amazon.com/Production-Versus-Plunder-Paul-Rosenberg-ebook/dp/B001XUS4YU). Parla della storica tensione tra ceto politico e ceto produttivo partendo sin dai Sumeri e dagli Assiri e arrivando ai giorni nostri.

È imminente una nuova rivoluzione? Inevitabile?

La tempistica di questi fenomeni è difficilmente prevedibile. La tensione aumenta lentamente per decenni e poi basta un piccolo evento casuale a scatenare l’uragano. Comunque è già cominciata da un pezzo. Alcuni commentatori parlano di Internet Reformation, della Riforma di internet. Come 500 anni fa l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg accelerò la diffusione non mediata di sapere, e di conseguenza la Riforma protestante, negli ultimi 20 anni la disponibilità non mediata di informazioni su internet sta spaccando i centri di potere.

Pensi solo al ruolo di Ticinolive, oppure di facebook: posso scrivere quello che desidero, mettere a disposizione dei lettori i miei argomenti e le mie fonti, il tutto senza censure. È chiaro che i giovani (ed i meno giovani) sostituiscano il tempo passivo trascorso a rimbambirsi davanti ad una TV con il tempo attivo trascorso saltando qua e là su internet. Che non è perfetta ma molto più arricchente.

Per noi autentici liberali tutto questo è una benedizione, un soffio di libertà dopo un secolo di statalismo. La cosa è invece odiosa per l’establishment. Ma ancor più per il codazzo di intellettuali di corte che hanno paura di dover iniziare a guadagnarsi sul serio da vivere cercando di produrre del valore aggiunto per i propri clienti, che possono anche decidere di non volere quei servizi. Ormai non si torna più indietro. No Billag ci obbliga ad affrontare un tema che sarebbe comunque arrivato entro 2-3 anni.

Ultime notizie. I Giovani liberali svizzeri sostengono l’abolizione del canone.

È una notizia splendida, ma a ben vedere non sorprende. Certo che il partito si ritroverà in difficoltà e in imbarazzo. Infatti i “vecchi” avevano votato contro No Billag… I Giovani liberali radicali ticinesi invece non se la sono sentita di metter fuori la faccia. E sì che ne conosco alcuni convinti liberisti, anche qui a casa nostra.

Lei invece è sceso in campo in modo azzardato?

Non sta bene giudicare se stessi. Diciamo che mi piace uscire dalla mia zona di comfort, perché è solo così che si cresce. Naturalmente mi piace pure aiutare gli altri ad uscire dalla loro, sempre con il dovuto rispetto personale. Ho fatto le mie riflessioni e ritengo in questo dibattito di poter mettere a disposizione delle cittadine e dei cittadini degli argomenti e delle fonti di riflessione che permettano loro una visione differente delle cose. Checché se ne dica, il valore della democrazia semidiretta svizzera sta proprio nel continuo processo di dialogo e confronto più che nell’esito del voto. A lungo andare, le idee davvero hanno conseguenze. All’Istituto Liberale lo sappiamo bene e ne sono convinti anche i nostri tanti sostenitori privati.

Esclusiva di Ticinolive