Fake news, disinformazione e il futuro del giornalismo cartaceo. Questi e molti altri i temi di questa intervista concessaci dal Professor Stephan Russ-Mohl della Facoltà di scienze della comunicazione dell’Università della Svizzera italiana (USI). Di recente, il Prof. Russ-Mohl ha anche pubblicato in Germania il libro Die informierte Gesellschaft und ihre Feinde (Köln, Herbert von Halem Verlag) dedicato proprio al tema delle fake news e della disinformazione.

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Ticinolive  Professore, parliamo di fake news: cosa sono? E cosa si può fare per contrastarne la diffusione?

Stephan Russ-Mohl  Penso che il problema delle fake news sia in realtà un problema di disinformazione. Ci sono ovviamente le notizie totalmente inventate e false, ma ci sono anche molti casi in cui certi gruppi, partiti o anche imprese commerciali distribuiscono notizie che non sono più filtrate da giornalisti. Queste sono notizie vere per metà, cui manca l’altro lato della medaglia e questo forse costituisce il problema di disinformazione più pericoloso. La sfida è saper distinguere e trovare la verità, e anche per i giornalisti e i ricercatori non è sempre semplice nel mondo della comunicazione digitale. La sfida è crescente sia per i professionisti che per il pubblico, che fino ad ora non ha ricevuto nelle scuole un’adeguata educazione ai mass media. Mancano infatti insegnanti che sappiano come funziona questo nuovo mondo. I giovani, però, usano ogni giorno gli smartphone. Certo sanno come funzionano, sono pur sempre nativi digitali, ma credo che manchi loro la capacità di saper criticare le fonti e saper valutare davvero l’attendibilità delle notizie che leggono e l’attendibilità delle fonti cui si rivolgono. Questo diventa ancora più complicato sui social network, dove spesso la fonte non è nemmeno riportata. Bisogna avere chiaro in mente che esistono fonti serie, come un giornale regionale, la NZZ, oppure il Corriere della Sera, mentre ci sono altre fonti che non sono credibili. Gran parte del pubblico non è in grado di differenziare tra questi due tipi di fonti ed ecco che nel web si diffondono le teorie del complotto, che sono più attraenti e circolano più velocemente delle vere notizie.

Secondo lei, come mai le teorie del complotto trovano così tanto ascolto presso il pubblico?

Queste teorie distinguono nettamente bianco e nero, fanno delle affermazioni forti che colpiscono la pancia e non il cervello delle persone. La realtà di solito è molto più grigia, più sfumata. Queste teorie sono costruite appositamente per interessare un grande pubblico. Il gioco, sia su internet sia in particolare sui social network, consiste nell’attirare il maggior numero possibile di click e la maggiore attenzione possibile. Diventa dunque attrattivo inventare fake news, in quanto crearle non costa assolutamente nulla. Basta un po’ di fantasia, e possono diventare fonte di guadagno grazie ai click che generano e la pubblicità che attraggono. È ben diverso dal creare vero giornalismo, indagare sul serio cosa succede nella società, una cosa che, al contrario, richiede risorse economiche. Il problema è che pochi sono disposti a pagare per questo servizio, in particolar modo i giovani. Ecco dunque che il giornalismo di qualità rischia di scomparire.

All’Usi si impara come distinguere le fonti attendibili da quelle poco serie?

Certo, tentiamo di insegnarlo ai nostri studenti. A livello Bachelor io personalmente tengo un corso sul giornalismo, in cui trattiamo questo tema e anche nel Master in gestione dei media c’è un corso che affronta il tema della qualità del giornalismo. Per me personalmente è molto importante che gli studenti che formiamo sappiano qualcosa su come funzionano le redazioni e sulle ragioni che favoriscono la circolazione delle fake news. È un tema che mi sta molto a cuore e lo tratto spesso nel mio insegnamento.

Tuttavia, anche giornali seri talvolta cadono nella trappola delle fake news

Certo, anche questo succede, ma i media seri fanno almeno il tentativo di informare in modo corretto e fanno attenzione a verificare che ciò che pubblicano corrisponda alla realtà, e questa è la cosa più importante. Chiaramente, ognuno di noi può sbagliare. Sfortunatamente, nel giornalismo tradizionale manca la cultura di ammettere gli errori e di correggere, questo è qualcosa che si deve ancora sviluppare. Grazie ai nuovi siti che indagano sulle fake news, dovrebbe diventare più facile correggere gli errori.

Cosa è successo con le ultime elezioni negli USA? La grande maggioranza dei media, sia statunitensi, sia internazionali, dava per certa la sconfitta di Trump, ed ecco che invece è stato eletto presidente, come si spiega questa clamorosa discrepanza?

Non solo i giornalisti sono stati disorientati dal risultato elettorale, ma anche gli istituti che si occupano di sondaggi politici. Esiste infatti la “spirale del silenzio”, una teoria di comunicazione secondo la quale gli elettori che hanno delle preferenze “estreme”, o che comunque percepiscono che le proprie idee politiche sono accolte con sospetto nella società in cui si trovano, tendono a non esprimerle pubblicamente, bensì solo nel segreto della cabina elettorale. Ecco dunque che ci si trova in presenza di maggioranze silenziose, che non si erano espresse prima del voto. Negli USA, prima delle elezioni, i media tradizionali avevano espresso chiaramente la propria opinione, secondo la quale Trump non era adeguato a rivestire la posizione che attualmente occupa, dunque solo pochi erano propensi a dichiarare pubblicamente la propria intenzione di voto per questo candidato.

Pensa che i giornali cartacei scompariranno in futuro?

Molto probabilmente sì, perché i giovani tendono a leggere le notizie solo sugli smartphone. Dunque, ancora per qualche decennio, i giornali cartacei riusciranno a sopravvivere, ma in seguito è molto probabile che non ne rimarranno molti. Vorrei però sottolineare che questi ultimi hanno un grande vantaggio, che è quello della privacy che garantiscono ai lettori, nel senso che con un giornale cartaceo nessuno può sapere cosa stiamo leggendo. Su internet, invece, è praticamente impossibile non lasciare tracce, e questo è qualcosa che dovremmo tenere in considerazione. Spero che le nuove generazioni diventino più coscienti di cosa fanno Google, Facebook, Twitter, e probabilmente i servizi segreti, con i nostri dati personali.

Esclusiva di Ticinolive