Infuria, superando ogni limite di ragionevolezza, la guerra di propaganda sul Canone. Alimentata a piene mani anche dal nostro massimo Quotidiano cantonale, con decine di lettere ed opinioni (quasi tutte contrarie all’iniziativa). E reiterati, martellanti editoriali del Direttore.

Il clima generale, come bene ha osservato l’avvocato Ghiggia, è di veemente esasperazione. Il Dinosauro ha una forza residua che non lo abbandona. Ma… il destino del Paese dipenderà realmente dalla sopravvivenza di questa casta da 250 milioni? L’isteria dilaga: alcuni ci credono e molti si mettono in fila (non si sa mai). Il nostro pensiero corre alla città di Salem dove, al colmo di un accesso di follia collettiva, nell’anno 1692 molte donne furono impiccate come streghe. I giustizieri impiccarono anche un cane, giudicandolo “indemoniato”.

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dal Corriere del Ticino odierno

“(…) Un altro punto dolente è la commistione tra potere politico e potere mediatico. È auspicato che la stampa in generale, e dunque anche la RTV, funga da fattore di controllo del potere politico nell’interesse della collettività. Per cui la dipendenza, come è il caso della SSR, dalla politica, la quale a sua volta sottostà alle pressioni di ambienti concertati, di interessi corporativi, dell’economia e della sua élite, è fatalmente conflittuale con una delle sue fondamentali missioni. La domanda ora è: lo Stato deve disinteressarsi della sopravvivenza e del funzionamento del servizio radiotelevisivo? Non deve preoccuparsi della coesione nazionale? Non deve vegliare a che tutti possano accedere a una puntuale informazione di qualità, sia essa politica, di cronaca, culturale, economica o sportiva? Non deve concorrere a mantenere viva la presenza elvetica oltre i confini nazionali? Tutt’altro. È suo dovere farlo, ma non imponendo un canone televisivo, che per finire alimenta a dismisura una casta. Se è vero quanto scritto su queste colonne da Tito Tettamanti (12.01.17), ossia che lo stipendio medio di tutti i dipendenti SSR ammonta a 107.000 franchi, addirittura oltre la media della piazza finanziaria, c’è veramente da restare allibiti.”

Giovanni Casella, già direttore di Gazzetta Ticinese