L’argomento non è molto accattivante o perlomeno non molto dibattuto. Credo che invece dovrebbe esserlo. I partiti, dimostrando una compattezza che sa molto di ordine di scuderia a sostegno del proprio (per etichetta o per area) candidato, si danno da fare per assicurarsi il procuratore generale. Competizione legittima ma che dimost -ra tu tta la debolezza di un sistema che fa eleggere il potere giudiziario al parlamento. Una democrazia zoppa, se è vero che come mi hanno insegnato a scuola, la separazione dei tre poteri ne è il punto forte [ne sarebbe il punto forte! ndR]. Che quella che dovrebbe essere una competizione tra candidati tutti all’altezza del compito (come lo sono visto che tali sono riconosciuti – seppur con una preferenza- da una commissione di esperti ad hoc, non mi esprimo su metodi improntati test psicologici che non conosco) si risolve con una competizione tra partiti è desolante,poco rispettosa della carica e delle persone; che l’etichetta partitica o di area sia quella che al momento giusto fa la differenza è penalizzante (chi si presentasse senza appartenenza, che non dipendendo da vincoli partitici, rispecchierebbe al meglio la separazione dei poteri, arrischierebbe di essere tagliato fuori [sarebbe infallibilmente tagliato fuori, ndR], un paradosso); che nel XXI secolo non si riesca (voglia?) trovare un modo (sorteggio? accertati i requisiti) per sottrarre alla logica partitica la scelta di chi si occupa di un’attività delicata come quella della giustizia è il segno che, se è vero che una società è democratica nella misura in cui i poteri sono separati, di strada  da fare ne rimane parecchia.

Bernardino Damonti