La parola ad Andrea Pagani, ieri felicemente eletto Procuratore generale

(dalla Regione) “Nelle audizioni davanti ai gruppi parlamentari credo di aver chiarito, ovviamente dal mio punto di vista, alcuni aspetti di questi test attitudinali. I periti della Zhaw hanno formulato nero su bianco commenti molto lusinghieri nei miei confronti: hanno scritto di uno spiccato senso della giustizia, di grande attaccamento al lavoro, di un’elevata sopportazione dello stress. Ciò che per contro secondo loro io non ho sono le doti del leader. Ma ciò a mio modo di vedere è sbagliato. Ci vuole un leader al Ministero pubblico? Per me no. Perché ogni magistrato dell’ufficio è autonomo nella trattazione dell’inchiesta di cui è titolare. Il procuratore generale non può oggi, salvo errori manifesti, imporre una decisione diversa da quella che prenderebbe, con scienza e coscienza, il procuratore pubblico che si sta occupando di quell’incarto. Il pg è un leader se gli vengono riconosciute le sue competenze. E non perché fa bella figura in televisione o grida mettendo a tacere tutti”.

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(commenti)  1) Tutti deplorano – sinceramente, o con minore o maggiore ipocrisia – l’aspetto partitocratico di questa nomina, che ha assunto un’evidenza persino sfacciata. “Ha vinto il PLR”. Ovviamente non è giusto parlare così… ma tutti lo pensano.

2) La Lega avrebbe potuto far perdere il suo principale avversario… ma non lo ha fatto. È bene meditare su questo punto.

3) C’è da domandarsi se gli articoli di Quadri – in particolare quello di domenica scorsa, assai corrosivo – non abbiano sortito l’effetto contrario.

4) La balorda pensata dell’ “assessment” (geniale, scientifico e… alla moda) – inopinatamente – si trova ora a danneggiare il vincitore. “Hanno eletto il peggiore” ha commentato una vecchia signora (semplice, lucidissima, autentica vox populi). È veramente ingiusto e superficiale parlare così. Ma tale è il risultato!