La sera del 19 febbraio, a Dapchi, nello stato di Yobe, l’organizzazione di terroristi islamici nigeriani Boko Haram, ha attaccato un liceo rapendo 94 studentesse. Lo riferirisce la polizia locale fornendo anche alcuni dati ufficiali: “Su 926 studentesse, 815 sono tornate a scuola il giorno dopo l’attacco” ha dichiarato il comandante Abdulmaliki Sumonu negando che ci siano stati veri e propri rapimenti e sottolineando che all’interno dell’istituto non sono stati trovati cadaveri.

Le famiglie tuttavia sono preoccupate: “Non sappiamo ancora nulla delle nostre figlie. Quante sono riuscite a salvarsi e quante sono disperse. Abbiamo avuto solo notizie confuse”.

Poche ore fa tuttavia è giunta una notizia positiva: 48 ragazze tra quelle scomparse sono state ritrovate mentre quelle il cui destino è ancora incerto sono 46. Un dato più ottimista rispetto alla stima iniziale di “non meno di 111” giovani donne scomprse. Una fonte anonima ha raccontato al quotidiano nigeriano This Day che alcune ragazze che si sono salvate hanno dovuto camminare per 20 km nella foresta e una di loro è stata ricoverata in ospedale per morso di serpente.

Non è la prima volta che Boko Haram (letteralmente: “l’educazione occidentale è un peccato”) rapisce le studentesse liceali: quattro anni fa i terroristi avevano sequestrano 270 studentesse da un collegio femminile della città di Chibok.

Du proprio questo caso ad attirare l’attenzione internazionale sui crimini del gruppo: da Michelle Obama a Malala, tutto il mondo si era battuto per la liberazioni delle ragazze. Alcune si sono ricongiunte alle loro famiglie in seguito a scambio di prigionieri ma decine di studentesse sono ancora in mano ai terroristi, tenute come schiave sessuali o costrette a immolarsi come kamikaze.

C’è motivo quindi di temere per la vita delle ragazze scomparse quattro giorni, un parente ha commentato: “Le nostre ragazze sono scomparse da due giorni e non sappiamo dove si trovino. Ci è stato detto che erano fuggite in altri villaggi, ma siamo stati in tutti quelli menzionati, senza successo. Iniziamo a temere che sia successo il peggio e abbiamo paura di dover affrontare un nuovo scenario come quello di Chibok”.