San Martino: La Torre, i Teschi, la Patria

Sirmione, Lago di Garda. Dalla sommità del Castello Scaligero s’intravede, lontana nella foschia che a fine febbraio già prelude la primavera, una torre alta e silente. Troppo perfetta, isolata, alta e possente, per essere medioevale. Occorre avvicinarvisi, per comprendere cosa essa in realtà sia: un cimelio, che domina una rara altura nella bassa bresciana, merlato e severo, rotondo, che svetta contro il cielo grigio di fine inverno.

Era giugno, quando si combatté. Era il 24 giugno, nella piana di San Martino e nell’attigua Solferino, quando persero la vita circa 6mila soldati tra i vincitori, italiani e francesi e coloro che persero, i fino ad allora indomabili austriaci. Dopo quella battaglia parsa interminabile, combattuta dalle cinque del mattino alle sei di sera, scoppiò un violento temporale, a lavare il sangue che aveva irrorato le verdi pianure d’Italia. Oggi tutto è pace e silenzio, a San Martino della Battaglia.

La Torre si erge imponente, con la tonda iscrizione dedicatoria a Vittorio Emanuele II. Si entra passando per il museo privato, poi si giunge alla costruzione risalente al 1870, entrando in una sala celebrativa, con la statua del re di Sardegna, e i busti di Garibaldi e gli altri. Il Va’ pensiero s’ode pulsante nella sala, dove gli affreschi celebrano quelle guerre così retoriche, così vicine eppur già così lontane. La consequenziale guerra che ne derivò, travolse ben diversamente l’Italia, l’Europa, il mondo: alla Prima Guerra Mondiale è dedicato un intero piano (non ci sono scalini, solo piatteforme che salgono a spirale, in modo da rimirare affreschi colossali, che si snodano sino alla sommità). Bombe a mano, elmi italiani e tedeschi, dipinti emozionali, pannelli storici ed esplicativi. Tutto narra di quel che fu.

Si continua a salire, San Martino, Solferino, Magenta, la nascita della Croce Rossa ad opera di un imprenditore svizzero, impietosito dal sangue dei vinti e dei vincitori; busti di generali, (tra cui Raffaele Cadorna, padre di quello che nella Prima Guerra Mondiale attuò le decimazioni su soldati innocenti), la Breccia di Porta Pia, la Presa di Roma, tutto narra il Risorgimento, tra tricolori svolazzanti e soldati in livrea azzurro-savoia. All’ultimo piano un video esplicativo, poi la luce. Dall’alto si può rimirare tutta la vastità della pianura padana, sino al Garda, che si estende, azzurro e sereno, nell’orizzonte sfumato del meriggio.

Scendiamo, correndo, poiché anche il pomeriggio fugge. Il museo attiguo raccoglie divise di snelli ufficiali dell’Armata di Sardegna e dell’Impero Austro Ungarico, elmi decorati, spalline frangiate (servivano per evitare le sciabolate: dietro l’oro c’è spesso la morte). Un video a maxi schermo, in tre lingue, francese, tedesco e italiano, racconta la battaglia suggestivamente.

La struttura museale, senz’altro, merita, molto. Non solo per patrioti, ma anche per dissidenti e contestatori dell’Unità d’Italia, per i filo austriaci, per chiunque abbia a cuore, a modo proprio (e pensare con la propria testa è assai un pregio, di questi tempi), la Storia.

Di fronte alla Torre, si erge una chiesetta. Sulla facciata, tre mosaici di pregio, eseguiti dalla scuola Salviati di Venezia. Una via che porta all’entrata, è cosparsa di cippi funerei, da apparir come la Via Appia doveva essere un tempo.

Entriamo nella Chiesa, una croce alta e severa, attorniata da bandiere: tricolori italiani, francesi, stemmi della Guardia Alpina, ma anche la bianco rossa bandiera d’Austria. L’abside par di marmo. Marmo frastagliato, forse una tecnica barocca. Avanzi, ti accorgi che marmo non è. Sono ossa, bianche come il marmo, sono teschi, quasi duemila teschi, alcuni trapassati da pallottole, altri fracassati, altri intatti. Fissano la Patria, fissano il vuoto.

Recita un’epigrafe:

« Indiscretis Militum Reliquis / Date Serta / Pia Diciate Verba / Hostes In Acie / Fratres in Pace Sepulcri/Una Quiescunt »
« Alle Commiste Reliquie dei Prodi/Porgete fiori/Recitate parole pie/Nemici in battaglia/Fratelli nel silenzio del Sepolcro/Riposano uniti. »

Chantal Fantuzzi