Thomas N. è stato riconosciuto dalla Corte del Tribunale di Lenzburg (AG) colpevole di omicidio quadruplo compiuto a sangue freddo a Rupperswill nel dicembre del 2015. Il presidente della Corte, Daniel Aeschbach, ha accolto inoltre tutte quante le altre accuse richieste dal Ministero pubblico.

Il 34enne è stato punito con la più alta sentenza che il codice penale svizzero possa ritenere appropriata: il carcere a vita oltre alla misura terapeutica ambulatoria all’interno di strutture carcerarie e ad una custodia adeguata a tutelare la sfera pubblica. Deve inoltre risarcire ai parenti delle vittime oltre 700 mila Franchi per indennizzo morale.

Il suo avvocato difensore aveva chiesto una pena di 18 anni in quanto sosteneva che il suo assistito non avesse ucciso per piacere ma per camuffare l’aggressione sessuale. L’obiettivo era esaudire il desiderio sessuale e soddisfare i suoi bisogni economici. Ma il Procuratore della pubblica accusa ha invece chiesto questa mattina l’ergastolo e l’internamento a vita ricordando come l’accusato abbia abusato sessualmente per oltre mezz’ora di un ragazzino di 13 anni per tagliargli la gola in seguito. E come se non bastasse è stato scoperto che subito dopo quei delitti Thomas N. ha iniziato a cercare su internet altri ragazzini e studiare le loro abitudini. Aveva concentrato le sue attenzioni su due famiglie dei cantoni di Berna e Soletta prima di essere arrestato. Per il Procuratore, la signora Barbara Loppacher, ci sono tutti gli indizi per capire che fosse pronto ad agire nuovamente.

Cosa ha spinto questo ragazzo a massacrare le vittime senza alcun scrupolo in modo freddo e crudele e soprattutto senza rimorsi tre giorni prima di Natale, non è ancora chiaro, a parte l’aver saputo che l’accusato ha sofferto per tutta la vita della sua condizione di pedofilo. La cosa sorprendente è che ha una resilienza superiore alla media che gli consente di superare l’inibizione omicida non identificandosi con la sofferenza delle vittime.

Quando il Giudice gli ha chiesto direttamente il perché di questi omicidi, l’accusato che era stato silenzioso e con sguardo fisso per interi giorni e settimane, alla fine ha risposto: “Per coprire l’atto…e per la paura della vergogna”. “Quale peccato? “… che sono un fallimento… una persona normale non fa quello che ho fatto”.

Thomas ha vissuto a lungo facendo affidamento sul sostegeno economico della madre, spacciandosi per studente universitario e proprio in quel periodo si è perso nella profondità di Internet guardando foto e film di ragazzi, pornografia infatile ora dopo ora, senza mai parlarne con nessuno.

Ha confessato che il rapporto sessuale con il ragazzo che gli piaceva era il fine ultimo del suo piano. La mattina del 21 dicembre 2015 suonò alla porta della famiglia mostrando un documento falso alla donna identificandosi come membro del servizio di psicologia scolastica dicendo che nella scuola di Davin, il figlio 13enne, c’era una ragazza vittima di bullismo che era arrivata al punto di suicidarsi. Davin era coinvolto e gli sarebbe piaciuto parlare con lui. La donna gli offrì un caffè e andò a svegliare il figlio minore.

Autostrada dell’orrore, come ha definito il Presidente della Corte.

Thomas N. ha accettato il verdetto con le lacrime agli occhi. Secondo alcuni media, l’assassino avrebbe detto che per lui la cosa più difficile sarebbe confessare i suoi fallimenti di vita alla madre.