“Mario Botta. Spazio Sacro” è un progetto espositivo curato dallo studio Mario Botta Architetti, con la direzione scientifica Rudy Chiappini.

Dopo aver presentato artisti di fama internazionale (Valerio Adami, Fernando Botero, Hans Erni, Mimmo Rotella, Javier Marín e Robert Indiana), il Museo inaugura la programmazione espositiva del 2018 con una mostra dedicata a Mario Botta, estendendo il proprio orizzonte di ricerca e interesse anche all’architettura.

Cappella Granato, Zillertal (Austria)

La mostra si svolgerà nelle sale della Pinacoteca e nel suggestivo padiglione costruito per l’occasione nel cortile esterno. Per la prima volta in assoluto vengono presentate 22 architetture realizzate in differenti Paesi: Svizzera, Italia, Francia, Israele, Ucraina, Sud Corea e Cina. Si tratta di 18 edifici, 3 opere in corso di realizzazione e una proposta per una cappella all’aeroporto della Malpensa. Tutti i progetti sono documentati con modelli originali, disegni e gigantografie.

L’esposizione documenta una tipologia cara all’architetto Mario Botta che, in tanti anni di attività, ha avuto diverse opportunità di confrontarsi con la dimensione del sacro, tanto da giungere ad affermare che “attraverso gli edifici di culto ho l’impressione di aver individuato le radici profonde dell’architettura stessa. I concetti di gravità, di soglia e di luce come generatrice dello spazio, il gioco delle proporzioni e l’andamento ritmico degli elementi costruttivi, fanno riscoprire all’architetto le ragioni primarie, di matrice in qualche modo sacra, dell’architettura stessa.”

La chiesa di Mogno

La capacità dell’architetto svizzero è infatti quella di sviluppare un linguaggio architettonico basato sullo studio delle forme primarie, dei volumi puri, della geometria elementare e dei materiali naturali. Una sfida importante da vincere per Botta è misurarsi con l’infinito attraverso elementi finiti, figure semplici che sono più facilmente distinguibili e in cui tutti si possono riconoscere.

L’architettura del sacro, nel percorso creativo di Botta, parte dal bisogno di spiritualità insito nell’uomo. Ciascuno dei 22 edifici, al di là delle confessioni religiose alle quali sono destinati (ebraismo, cristianesimo e islamismo), si pone come paradigma di un modo di interpretare tale bisogno, per dare forma ai valori collettivi del nostro vivere, modellando luce e spazio così da trarne un significato simbolico riconosciuto e condiviso. Tutto ciò recuperando la tradizione costruttiva del passato, in particolare, l’uso del laterizio e della pietra, quest’ultima spesso proveniente dalle località dove l’architetto pone in essere i suoi interventi, volendo con ciò perseguire anche l’obiettivo di contestualizzare le proprie architetture nel rispetto del genius loci.

Il suo impegno nell’interpretare la sensibilità della cultura contemporanea e nel contempo la volontà di evocare e rafforzare quel territorio di storia e di memoria che costituisce il vero patrimonio dell’identità dell’architettura europea, si configura come “ragione critica” che si oppone alla fragilità dei modelli e delle mode offerte dall’imperante globalizzazione.

Cattedrale della Resurrezione, Evry

Per Mario Botta – da sempre – “costruire è di per se un atto sacro, è una azione che trasforma una condizione di natura in una condizione di cultura; la storia dell’architettura è la storia di queste trasformazioni. Il bisogno che spinge l’uomo a confrontarsi con la dimensione dell’infinito è una necessità primordiale nella ricerca della bellezza che ha sempre accompagnato l’uomo nella costruzione del proprio spazio di vita. Per l’architetto penetrare forme espressive sconosciute nel tentativo di rispondere alle esigenze della casa di Dio, diviene anche un modo per ripensare la casa dell’uomo.”

L’esposizione è accompagnata da un catalogo illustrato, accompagnato da una introduzione di saggi critici (Salvatore Veca, Gianfranco Ravasi, Corrado Bologna, Pierluigi Panza, Giorgio Ciucci) e da una selezionata raccolta antologica a complemento di ogni capitolo.