Sono passati 50 anni da quel fatidico 4 aprile del 1968, quanto attorno alle 6 del pomeriggio uno degli attivisti politici più importanti della storia recente, il reverendo Martin Luther King fu ucciso da un colpo di pistola sparato dal criminale James Earl Ray.

Nato il 15 gennaio del 1929 ad Atlanta, Martin Luther King crebbe in una famiglia di origini afroamericane e irlandesi composta dal padre reverendo di  chiesa Battista, madre organista del coro della chiesa e un fratello più grande. Pur godendo di alcuni agi considerati insoliti per una famiglia afroamericana dell’epoca, conobbe fin da piccolo le forti discriminazioni razziali a cui era soggetto nel sud degli Stati Uniti.

Da bambino frequentò la scuola elementare del quartiere e più avanti i suoi studi lo portarono a laurearsi in sociologia e, parallelamente, diventare pastore battista come suo padre.

La sua indole ribelle di fronte alle ingiustizie sociali si forgiò fin da giovane. Come da lui stesso dichiarato, uno degli episodi indelebili nella sua memoria, fu la serata in cui al ritorno da Dublin, dove aveva vinto una gara oratoria, fu costretto assieme ai suoi amici a cedere il posto sull’autobus ad alcuni passeggeri bianchi. Nel 1955 infatti il suo nome figurava tra quelli degli organizzatori dello sciopero dei mezzi pubblici di Alabama, protesta che era seguita a quella pacifica di Rosa Parks, donna di colore che si era rifiutata di cedere il suo posto sul bus. In seguito allo sciopero durato circa un anno, la segregazione razziale sui mezzi pubblici fu finalmente bandita.

Da allora in poi, King diventò il volto della lotta per i diritti civili degli afroamericani. Fondò la Southern Christian Leadership Conference, organizzazione che diede finalmente un’organizzazione concreta al movimento per i diritti dei neri, che si espanse negli anni seguenti in tutti gli Stati Uniti. Martin Luther King incontrò Eisenhower, Kennedy e finì sulla copertina del Time nel corso della sua battaglia contro il razzismo in generale e contro una serie di leggi locali del sud in particolare. Leggi che contribuivano all’isolamento e alla segregazione della comunità afroamericana nonché la sua quasi totale esclusione dalla vita poitica del paese.

Per raggiungere il suo scopo, King lottò in modo pacifico, disobbedendo alle leggi che riteneva ingiuste e accetando le conseguenze delle sue azioni. Il 28 agosto del 1963 organizzò la marcia per il lavoro e la libertà, a Washington, raccogliendo circa 250mila partecipanti. È proprio in occasione di questa marcia che pronunciò uno dei discorsi più significativi del Novecento, “I have a dream” e soltanto un anno dopo gli fu assegnato il Premio Nobel per la Pace.

Nel 1968, due netturbini di colore furono schiacciati dal camion dei rifiuti. Il tema della sicurezza sul lavoro dei poveri e delle minoranze era semrpe stato caro a King che proprio in quel periodo stava conducendo la Poor People’s Campaign. Decise di volare a Memphis ed è proprio qui, al Lorrain Motel (uno dei pochi dove gli afroamericani erano ammessi) perse la vita mentre era sul balcone della sua stanza.

A spingere l’omicida a compiere il crudele gesto furono probabilmente i sentimenti razzisti e il sostegno alla segregazione anche se non mancano le teorie del complotto secondo le quali l’assassinio dell’attivista fosse stato progettato dal governo statunitense.

La famiglia di King ha sempre considerato Ray innocente e per un po’ ha portato avanti la battaglia per scoprire la verità, ma senza successo.