Tensione sempre più crescente tra i musulmani e gli induisti in India, dove una bambina di 8 anni facente parte della comunità nomade islamica Bakarwal è stata rapita, stuprata e uccisa da un gruppo di otto uomini induisti. La terribile violenza è accaduta lo scorso gennaio ma ora il caso è tornato a galla perché i responsabili sono stati finalmete arrestati. Tra i colpevoli figura la personalità di un funzionario governativo in pensione, quattro poliziotti e un minorenne.

Il corpo della piccola Asifa Bano è stato è stato ritrovato il 17 gennaio 2018 in un borsco e secondo le autirotà sarebbe stata strangolata dopo aver subito una violenza sesssuale.
Per il padre della bambina, Mohammad Yusuf Pujwala, il gesto, oltre ad di indicibile crudelità, ha anche una valenza politica: secondo l’uomo, gli otto individui l’avrebbero fatto per far allontanare la comunità musulmana dalla loro regione.  A Kathua le tensioni tra i musulmani nomadi, che da secoli allevano il bestiamo negli altipiani d’estate e tornano nelle pianure d’inverno, e gli indù sono ormai acute da circa vent’anni. Ovvero da quanto alcuni nomadi si sono stabiliti permanentemente in alcune case della città e, secondo gli indù, hanno invaso un territorio non loro.

A sostegno di questa tesi ci sarebbe il fatto che la piccola Asifa è stata uccisa in un tempio indù con tanto di piena collaborazione del custode.

Come già successo per altri casi clamorosi di stupro, anche la comunità di Kathua è scoppiata in violente manifestazioni ma questa volta quello che vogliono è il rilascio dei deliquenti nonché l’affidamento del caso al Central Bureau of Investigation. Quest’ultima rivendicazione viene dal partito nazionalista indù Bharatiya Janata che difatto controlla il Bureau e secondo molti cercherebbe di ottenre così il rilascio e clemenza definitiva per gli assassini.

Nonostante le proteste, gli investigatori che hanno lavorato al caso e interrogato circa 130 testimoni, sostengono che hanno prove fisiche e test del DNA che non lasciano dubbi sul coinvolgimento degli arrestati nell’omicidio della bambina e molte persone in tutto il paese stanno organizzando manifestazioni a loro volta per chiedere giustizia e chiarimento sul caso, paragonandolo a quello altrettanto sconcertante dello stupro di una 22enne su un bus di Dehli, dove la giovane aveva perso la vita. A quel tempo, il caso fece scalpore in tutto il mondo e ha portato infine all’inasprimento delle leggi sullo stupro in tutta l’India ma questa volta la questione sembra essere più legata alla politica. Il capo del principale partito di opposizione Rahul Gandhi ha guidato una marcia a lume di candela a Dehli mentre l’attivista Ranjana Kumari ha definito “orrendo” il silenzio sul caso del primo ministro nazionalista indù Narendra Modi.