Fu rapito 20 anni fa

«tu che parli italiano, toglimi la benda e fammi morire come un italiano»

«voleva guardarci negli occhi, mentre gli sparavamo» – testimonianza di Yussuf, terrorista iracheno

Era nato a Catania nel maggio del ’68 ed era cresciuto a Genova, lavorando in una panetteria con la famiglia, sino al 2000. Dopo la morte del padre, coniugando necessità di guadagno alla passione personale – quella per le arti marziali, e il Takewondo, nel quale eccelleva – divenne guardia del corpo e addetto alla sicurezza nei locali notturni, sino ad arruolarsi nell’Esercito Italiano, divenendo Caporal Maggiore di Fanteria, in servizio a Como.

Nel 2003, la svolta. la DTS, un’azienda del Nevada, lo assume come addetto alla sicurezza di personalità quali manager e magistrati, all’interno di industrie strategiche di oleodotti, in Iraq. Fabrizio partì per il paese arabo in guerra, occupato militarmente dagli Stati Uniti, operativo presso la Presidium Corporation, compagnia di sicurezza italiana.

il 13 aprile 2004, a Baghdad, Fabrizio venne rapito assieme ai colleghi Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio, dalle non mai identificate “Falangi Verdi di Maometto”, in un’azione presumibilmente punitiva contro la “coalizione die volonterosi” a cui appartenevano per l’appunto i paesi di Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Le guardie italiane vennero pertanto intese come cooperanti degli americani. I rapitori lanciarono un ultimatum pressoché assurdo: che le truppe americane lasciassero l’Iraq, e che i governi occidentali si scusassero per presunte offese alla religione islamica. L’ultimatum fu rifiutato.

Dopo 58 giorni di prigionia, l’8 giugno 2004, Cupertino, Agiana e Stefio furono liberati, previa il pagamento di 4 milioni di dollari, secondo il testimone Yussuf, guerrigliero in seguito intervistato da Londra, o grazie a un blitz americano, secondo le fonti ufficiali; ma il loro reclutatore, Giampiero Spinelli, fu indagato dalla magistratura per averli inviati in Iraq, ma poi fu assolto. Processati per arruolamento non autorizzato, i presunti reclutatori furono assolti nel 2010.

il 21 maggio 2004 la Croce Rossa Italiana rinvenne resti umani presso l’ospedale di Bagdad, che il successivo esame del DNA attribuì a Fabrizio Quattrocchi, l’unico ostaggio trattenuto e ucciso. Ossificato a soli 40 giorni dalla morte, il cadavere era probabilmente stato preda di animali selvatici, dopo l’abbandono, privo inoltre di parte del cranio e di alcune costole.

I motivi per cui i miliziani maomettani uccisero Quattrocchi non sono mai stati del tutto chiariti. Abu Yussuf, iracheno intervistato nel giugno del 2004 dal Sunday Times di Londra, si dichiarò l’artefice del filmato girato al momento dell’esecuzione, e sostenne che l’uccisione fu decisa dopo che Fabrizio avrebbe loro risposto “è inutile, il mio governo non tratterà mai con voi per salvare le nostre vite.” Yssuf continuò “Fabrizio, visto che parlavo italiano, mi chiese “tu che parli italiano, toglimi la benda e fammi morire come un italiano. Voleva guardarci negli occhi, mentre gli sparavamo.” Proprio mentre chiedeva ciò, gli fu trapassato il cranio con una pallottola.

La tv del Qatar, Al Jazeera, si rifiutò in seguito di mandare in onda il filmato, giudicandolo troppo macabro, nonostante sia solita a mandare  tranquillamente in onda altri filmati di altre esecuzioni.

Il 14 maggio 2004 la Radio Televisione della Svizzera Italiana, mandò in onda un documentario di circa 40 minuti sulle guardie di sicurezza private in Iraq. Fu l’unica testimonianza giornalistica diretta di Fabrizio ancora in vita, mai diffusa in Italia.

Le immagini del documentario mostrarono il caposquadra Simeone e due colleghi, uno dei quali Quattrocchi, che si esercitano al tiro col fucile; ma Simeone assicurò, intervistato in seguito al rapimento e all’esecuzione di Quattrocchi, che la Presidium non si occupava di addestramento militare, né di operazioni a fianco degli americani, bensì era dedita unicamente alla protezione su commissione di clienti statunitensi.

Medaglia d’oro al valor civile alla memoria, al nome di Fabrizio Quattrocchi furono dedicate numerose associazioni e statue. L’imprenditore Flavio Briatore assegnò un vitalizio alla madre di Fabrizio.