Simbolo di un’Italia ancora lacerata dalla guerra civile, emblema della violenza estrema di coloro che credevano “di aver vinto” ai danni di coloro “che avrebbero dovuto sparire”, fu uno dei più atroci delitti della storia della Repubblica Italiana, nel quale bruciarono vivi due ragazzi di 8 e 22 anni. I colpevoli restarono impuniti

16 aprile 1973. Roma, quartiere popolare di Primavalle. Mario Mattei, ex netturbino, segretario del Movimento Sociale Italiano, rincasa al numero 33 di via Bernardo da Bibbiena. Ad attenderlo la moglie e u suoi sei figli. Non immagina, Mario, che quella notte i membri di Potere Operaio verseranno litri e litri di benzina sulla sua porta, per un’azione che in seguito dichiareranno voler essere “solo” intimidatoria.

Mario rincasa, dunque, cena come ogni sera, e, come i figli e la moglie, va a letto. Quella, è stata l’ultima cena in cui tutti erano riuniti. Da lì a poche ore la loro bella famiglia sarà distrutta.

Alle quattro del mattino Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo, membri del movimento di estrema sinistra Potere Operaio, versano cinque litri di benzina e fanno esplodere una bomba artigianale. L’incendio divampa immediatamente. Mario Mattei si getta dalla finestra dopo aver salvato la figlia 15enne Lucia, gettatasi dalla finestra e presa al volo dal padre; la moglie Anna Maria lo segue, con in braccio Antonella di 9 anni e Giampaolo di 3, fuggendo dalla porta. Silvia, di 19 anni, si getta dalla veranda della cucina: un volo che le sarebbe stato fatale, se i fili della stendibiancheria non l’avessero trattenuta, facendola atterrare a terra con un due costole e tre vertebre fratturate.

Virgilio, 22 anni, giovane militante missino, si getta al davanzale, chiedendo aiuto, tendendo stretto a se il piccolo Stefano, di 8 anni. La gente di fuori accorre, e vede un giovane alla finestra, implorante, mentre il fuoco lo divora. Lo vedrà spegnersi a poco a poco, incenerito. Nella livida luce dell’alba, i vigili del fuoco troveranno i corpi dei due fratelli carbonizzati, in un abbraccio.

Virgilio Mattei, 22 anni, carbonizzato

Ai piedi del palazzo carbonizzato, una scritta sul selciato: “Morte ai fascisti. Mattei e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria.”

Depistaggi, menzogne, orride manifestazioni a favore degli artefici del crimine, fecero sì che il processo, terminato dopo solo tre mesi, si concludesse con l’assoluzione per insufficienza di prove degli assassini.

Condannati in secondo grado, riuscirono tutti a fuggire. Lollo fu aiutato da Dario Fo e Franca Rame e coi finanziamenti fuggì in un paese del Sud America, facendo perdere le proprie tracce. Manlio Grillo si rifugiò in Nicaragua, aiutato da Oreste Scalzone, Marino Clavo fece direttamente disperdere le tracce.

La casa dei Mattei carbonizzata

La pena fu dichiarata estinta, su istanza degli avvocati difensori. A nulla valse la parossistica e sfrontata intervista che Lollo concesse al Corriere della Sera in cui ammise la sua colpevolezza e quella dei suoi complici; fuggito in Brasile è ritornato in Italia nel 2011.