Ho incontrato il dottor Tobia Bezzola, per la prima volta, alla conferenza stampa di presentazione della mostra Picasso, il formidabile atout del Lac 2018. Poche cortesi parole di circostanza. Ma sono poi tornato alla carica.

Ticinolive ha poche “specialità” principali: politica cantonale e cittadina; spunti di attualità internazionale, con una particolare attenzione a USA, Russia, Italia, Francia, Israele; interviste a un’ampia selezione di personalità; e, naturalmente, l’Arte: con il LAC, potente e nuovo motore della realtà culturale luganese; con il MASI Museo d’Arte della Svizzera Italiana; con le associazioni ProMuseo e NEL fare arte nel nostro tempo; con le numerose gallerie, gli artisti e lo spazio -1 di Giancarlo e Danna Olgiati. E sicuramente dimentico qualcosa e qualcuno.

Dal 1° gennaio 2018 è in carica, quale nuovo direttore del MASI e successore di Marco Franciolli, il dottor Tobia Bezzola, vincitore di un concorso molto agguerrito. Ho sentito subito il desiderio di intervistarlo (oltre che il “dovere” giornalistico). Alla mia richiesta il direttore si è mostrato assai disponibile. Il 28 marzo alle ore 15 sono andato da lui (non al Lac ma nel suo ufficio di Palazzo Reali; attenti però che da via Canova non si può entrare, fervono i lavori!). Abbiamo conversato intensamente per oltre un’ora. Il direttore ha risposto a tutte le mie domande, tranne che a una (invero piuttosto sciocca): “Quanto è costata la mostra Picasso?”. Sono cose che non si chiedono!

Da quel colloquio è nata questa intervista, che vi propongo oggi.

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2018

Quali sono le sue origini?

La mia famiglia è originaria dell’Onsernone. Un mio bisnonno emigrò a Ginevra ma io sono nato a Berna nel 1961. Mi sono laureato in storia dell’arte e filosofia e ho compiuto soggiorni di studio a Parigi e a Roma. Arrivo a Lugano da Essen, dove ho diretto il Museo Folkwang per cinque anni. Prima ho lavorato a lungo per il Kunsthaus di Zurigo. Negli anni Novanta sono stato collaboratore di Harald Szeemann, curatore e organizzatore di mostre di livello internazionale, che viveva a Tegna.

Come mai ha deciso di concorrere alla direzione del MASI ?

Perché per me è una magnifica sfida. Un museo nuovo, giovane, da costruire. Come museo unificato (nato dalla fusione  del Museo Cantonale d’Arte e del Museo d’Arte della Città di Lugano) esiste da soli due anni! Siamo, è evidente, ancora in fase organizzativa.

Erano molti i concorrenti?

Il numero non glielo so dire, bisognerebbe domandare alla Commissione. Certamente era un posto molto ambito.

I mezzi (tecnici e finanziari) di cui disponeva a Essen erano più grandi?

Sì, perché più grande era il museo. Ma i mezzi di cui dispongo a Lugano sono adeguati.

Di quante persone si compone il suo staff?

In totale una quarantina, non tutte a tempo pieno.

Destinata ad aumentare?

No, non penso. È ben organizzato e funzionale così.

Le grandi mostre (Bacon, Munch, Modigliani, Chagall, Basquiat…) con la gente che faceva la fila in strada… molti dicono: non torneranno più! È così?

Se la gente faceva la fila… vuol dire che erano mal organizzate (ride). Attenzione. Il successo (numerico) di una mostra è importante, ma ancor più lo è la qualità della mostra.

Con Picasso 2018 avete il grandissimo nome. Qual è il concetto che sta alla base di questa mostra?

L’esposizione intende indagare l’opera di Picasso nel suo farsi, mostrare come nascono le idee, come si concretizzano le ricerche formali che poi trovano la loro espressione finale in lavori e cicli di grandi dimensioni, anche monumentali. Gli oltre cento disegni esposti, realizzati dall’artista in più di sessant’anni, ci offrono uno sguardo nel laboratorio del genio e documentano l’evoluzione del suo linguaggio. Mentre nella produzione scultorea, qui rappresentata da 15 di sculture di primo ordine, troviamo il contributo più potente dell’artista alla storia dello stile del XX secolo, benché ancora oggi egli sia celebre più che altro come pittore.

Quanto tempo ci è voluto per allestirla, in totale?

L’allestimento fisico della mostra è durato meno di una settimana, in questi casi è necessario comprimere al massimo i tempi per minimizzare il periodo al di fuori del luogo d’origine delle opere, in questo caso il Museo Picasso di Parigi. Più in generale, un progetto espositivo come questo nel suo complesso può richiedere anche diversi anni dall’idea all’allestimento finale.

Quanti visitatori vi attendete? Al di là di quale cifra si potrebbe parlare di “successo eccezionale”?

In questo caso parlare di un numero assoluto non è l’approccio più trasparente poiché è importante considerare che si tratta di una mostra con un periodo di apertura relativamente corto, imposto da motivi di conservazione delle opere legati principalmente al tempo di esposizione alla luce dei disegni.
La mostra ha realizzato sin ora una media giornaliera di 600 visitatori, e questa affluenza è già eccezionale in quanto mai realizzata al MASI prima d’ora.

Come ha organizzato la pubblicità dell’evento? Come, in particolare, in Italia?

Sviluppiamo le strategie considerando i nostri principali mercati – Ticino, resto della Svizzera e Italia – sfruttando le caratteristiche del settore pubblicitario che variano in ogni regione. Il fattore trasversale è l’importanza del digitale.
In Italia, essendo il nostro pubblico concentrato nella regione di Milano e dintorni, possiamo focalizzare gli investimenti e sfruttare un mix bilanciato tra stampa, afffissioni, distribuzioni e come detto campagne online. A rafforzare la presenza del MASI nella vicina penisola è sicuramente anche la stampa italiana che ci segue sempre con attenzione.

Che cosa pensa dell’architettura del LAC ? C’è chi avrebbe preferito qualcosa di più innovativo, fantasioso, spettacolare…

Forse, ma un conto è lo spettacolo, un altro conto è lavorarci dentro. Quello che posso dire è che lo spazio espositivo è ottimo, perfettamente funzionale. Il LAC è museo e teatro, un’accademia universale delle arti. Lugano l’ha atteso a lungo, per fortuna alla fine è arrivato!

E quanto a Palazzo Reali? (la sede in via Canova, ndI)

Lei lo vede, siamo qui, i lavori sono in corso…

E saranno finiti per… ?

Diciamo l’estate 2019.

Con quali programmi?

Ospiterà la permanente. E delle mostre, ovviamente. Stiamo pensando alla concessione dell’ingresso gratuito con l’intento di farlo vivere e farlo diventare un punto di riferimento per il pubblico locale.

Quali costi oggigiorno gravano principalmente sull’allestimento di una mostra?

Senza dubbio le assicurazioni e il trasporto delle opere, che dev’essere eseguito in condizioni di sicurezza assoluta, con mezzi climatizzati, eccetera. Tutto molto caro.

Può quantificare?

Si può raggiungere anche il 70% del costo complessivo. Tuttavia, ci sono degli stati che si assumono i costi assicurativi.

Quali ad esempio?

Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Danimarca… Questo aiuta tantissimo, è chiaro. Ma la Svizzera non lo fa.

 Al di là del Suo ruolo “tecnico” lei si sente chiamato anche ad assumere un ruolo di “animatore culturale”?

Indubbiamente. È uno dei miei compiti.

Può darmi un’idea della provenienza dei visitatori delle vostre mostre?

I nostri visitatori provengono all’incirca per un terzo dal Ticino, un altro terzo dal resto della Svizzera, del restante terzo la fetta più grande è rappresentata dall’Italia. La Svizzera tedesca e la Germania sono i mercati che stanno crescendo maggiormente.

Che cosa si potrebbe fare di più per l’arte, nella nostra città?

Certe volte penso che ci sono grandi collezioni che non hanno una casa. Lugano è una città attrattiva, l’apertura del centro culturale LAC ha contribuito alla crescita della vita culturale luganese, così sta facendo anche la nostra istituzione. Forse sarebbe possibile portare una collezione di prestigio in Città: è un obiettivo ragionevole. Le faccio un esempio. A Venezia nel famoso Palazzo Grassi ha trovato casa l’importante collezione Pinault.

Lugano ha numerose gallerie, c’è chi dice fin troppe…

Le gallerie sono importanti, soprattutto quando lavorano con gli artisti viventi. Nei secoli passati – nel Medioevo, nel Rinascimento – c’era il committente dell’opera: il principe, il cardinale, l’abbazia, … Ma il bravo artista del giorno d’oggi deve potersi guadagnare da vivere.

Lei intrattiene contatti con le gallerie?

Certamente, fa parte del mio lavoro. Ma tenga presente che sono a Lugano da soli quattro mesi, dunque… mi lasci un po’ di tempo!

Che cosa pensa della collezione dei coniugi Olgiati, allo Spazio -1 nelle adiacenze del LAC (le confesso, una delle mie preferite)?

Indubbiamente una collezione affascinante per l’ampiezza dell’orizzonte artistico che prende in esame, dalle opere Futuriste all’Arte contemporanea, e per la profondità di sguardo sui singoli artisti. Una collezione di grande valore! I coniugi Olgiati hanno recentemente donato al Museo 77 opere di artisti svizzeri, italiani, internazionali e un prezioso gruppo di opere fotografiche realizzate da protagonisti della Bauhaus. Tutte si iscrivono con pertinenza nelle nostre raccolte. La donazione segna una tappa significativa per il MASI perché esprime in modo tangibile il profondo legame fra l’Istituto e il collezionismo privato presente sul territorio.

Vuol fare un confronto tra ciò che ha lasciato, Essen, e ciò che ha trovato, Lugano?

A Essen il Museo Folkwang  – come ho già detto – era più grande, aveva dunque costi fissi più elevati. Ma ciò che importa è il margine, ciò che rimane a disposizione del direttore per organizzare le mostre.

Lei si sente anche impegnato a reperire sponsor e fondi per finanziare il Museo e i suoi eventi?

Ovviamente. È uno dei miei compiti, e non certo il meno importante.

Dia uno sguardo alla sua carriera. Qual è la cosa più notevole e più bella che ha realizzato?

Questa è proprio la domanda sbagliata! Sarebbe come chiedere a un padre: quale dei suoi figli ama di più? Imbarazzante. Tenga presente una cosa: io non sono uno specialista. Mi definirei, mi definisco… un eclettico. Mi piace dedicarmi a una varietà di cose.

 Direttore, ci siamo detti tutto?

Sicuramente no! Ma lei è qui da più di un’ora…

Allora possiamo salutarci. La ringrazio di cuore per il tempo che mi ha dedicato. E ci rivedremo, penso, spesso, perché io il MASI e il LAC… li frequento!

Esclusiva di Ticinolive