“Il PLRT ha sottoscritto una scuola ideologica di sinistra, in aperto contrasto con i sacrosanti princípi del liberalismo.”

* * *

Ticinolive sostiene il referendum ma rimane aperto a tutti.

La battaglia sarà POLITICA ma nel contempo non potrà non essere SCOLASTICA. Sino ad oggi le firme critiche di maggior peso contro La scuola che verrà sono quelle dei professori Zambelloni e Rigozzi.

A mio avviso il Comitato di referendum dovrà dotarsi al più presto di un team, agguerrito e competente, di docenti ed esperti in grado di argomentare con assoluta efficacia nel corso della campagna. Ho già avuto occasione di discutere la questione con alcune personalità dirigenti.

Un’intervista di Francesco De Maria.

* * *

Francesco De Maria  Oggi il Comitato ha annunciato la riuscita del referendum. Quali sono i Suoi sentimenti?

Tullio Righinetti  La riuscita del referendum mi fa molto piacere, sentimento che di certo è comune a tutto il gruppo promotore che si è impegnato per un’operazione che appariva più difficile del previsto. Il risultato, al di là delle attese, è proprio soddisfacente. Credo tuttavia sia giunto il momento di cambiare le condizioni per referendum e iniziativa, diminuendo il numero di firme necessarie e allungando il tempo concesso per la raccolta. Nel confronto intercantonale siamo gli ultimi nel favorire i diritti popolari, una posizione di cui non possiamo certo andare fieri.

Noi (mi ci metto anch’io) siamo quelli che dicono NO a tutto, non è così?

Non necessariamente e soprattutto non pretestuosamente dico di no a diverse decisioni della politica. Semmai è proprio una certa politica e un certo modo di affrontare i problemi e di individuarne le soluzioni, che mi spingono, e mi hanno sempre spinto, ad oppormi a proposte e decisioni verticistiche con una certa frequenza. Il problema, semmai, è che oggi troppi dicono sì per partito preso e il senso critico (il sale della politica) è merce molto rara.

Le vorrei fare un’intervista prevalentemente di natura politica. Me lo consente?

Certo, sono stato un politico attivo per oltre cinquant’anni e ora sono rimasto sostanzialmente un politico, ancorché non più sulla breccia

Lei ha seguito, da cittadino e da deputato, l’evoluzione della scuola ticinese per decenni. Potrebbe dirci, in forma sintetica, quello che ha visto: quali fasi, quali mutamenti, quali crisi?

La Scuola media era stata accettata e pure apprezzata da parte di tutti, anche se non erano mancati i nostalgici della Scuola maggiore e del Ginnasio. Ha portato già a quel momento una nuova visione e dimensione dell’insegnamento scolastico. Poi con il passare degli anni si sono manifestate diverse lacune, cosa normale visto lo sviluppo esponenziale dell’informazione, della tecnologia e delle esigenze della società. L’impostazione della Scuola media, ottima al momento della scelta, richiede revisioni e aggiornamenti. Tutti concordano. Credo comunque che la validità e la bontà della scuola in genere, sia determinata in gran parte dal valore del corpo insegnanti. Ma questo è un tema complesso che esigerebbe pagine di considerazioni legate tra l’altro ai nuovi rapporti interpersonali e sociali, e non da ultimo dal loro numero, aumentato in maniera esponenziale.

Quando il Parlamento votò la Scuola media unica, quale fu il suo pensiero?

Fu positivo, l’approvai e la sostenni, nel prosieguo vale quanto detto sopra.

E oggi, dopo quarant’anni?

Dopo quarant’anni è giusto e necessario cambiare qualcosa, ma di certo non come vorrebbe fare “La scuola che verrà”.

Per un lunghissimo periodo, e fino al 2011, la scuola ticinese è stata diretta da esponenti di un unico partito, il PLR. Io, ad esempio, sono stato docente sotto Sadis padre, Speziali, Buffi e Gendotti. Poi il PLR perse un seggio in governo e scoccò l’ora del PS e di Bertoli. Un cambiamento sostanziale…

Sì, in Ticino alcuni Dipartimenti, e segnatamente quello dell’educazione e della cultura, sono stati per anni la prima scelta del PLR. Ho conosciuto bene, ed apprezzato, tutti i consiglieri di Stato che lei ha citato. Con la nascita di nuovi partiti e con i mutati rapporti di forza, i liberali-radicali hanno dovuto fare delle scelte, la scuola non ha più potuto avere la priorità.  L’avvento di Bertoli ha segnato un cambiamento sostanziale, ma non poteva essere altrimenti.

Il PLR avrebbe dovuto tenersi la scuola?

Per tenersi la scuola il PLR avrebbe dovuto rinunciare ad altro, per esempio a Finanze-Economia, e si sa che questo Dipartimento, ancorché oneroso, è considerato il numero uno dal Partito. Sono i numeri che determinano la distribuzione dei Dipartimenti,  le attribuzioni sovente non possono corrispondere alla scelte e tantomeno ai desideri!

Qual è il difetto fondamentale della Scuola che verrà?

Fondamentale è la sua impostazione ideologica, checché ne dica il consigliere di Stato Bertoli o altri che vorrebbero sdoganarla come scelta ideale per la didattica, per il futuro degli allievi e quant’altro. Se implementata produrrà un livellamento verso il basso con conseguenze per l’allievo medio che si troverà in grosse difficoltà quando approderà all’Università o al Politecnico.

Questa domanda la faccio quasi a tutti. Che cosa significa, concretamente, scuola inclusiva ?

Secondo l’UNESCO “una scuola inclusiva deve promuovere il diritto di essere considerato uguale agli altri e diverso insieme agli altri”. È un principio interessante e che nello stato liberale viene applicato da anni. Compito dello Stato è quello di offrire delle condizioni di partenza uguali a tutti i giovani che affrontano il periodo scolastico. Diversa, e non più sostenibile, diventa la scuola inclusiva quando vuole che tutti, nessuno escluso, raggiungano il medesimo livello. La scuola che verrà, fatte le dovute considerazioni, tende proprio ad andare in questa direzione.

Un punto critico sarà, dopo 3 anni, la valutazione dei risultati dell’esperimento (se si farà). Come si potrà garantirne l’oggettività?

Per principio e per onestà intellettuale, do fiducia a chi è incaricato ufficialmente di fare una determinata valutazione su un esperimento, per decidere se debba o no essere implementato. Nel caso specifico tuttavia sono leciti alcuni dubbi. Già per il fatto che sembra che a dare l’incarico sarà lo stesso Dipartimento autore del progetto.  Poi anche perché si sente affermare da parte degli interessati, della futura applicazione dopo la fase sperimentale come se il risultato fosse scontato e già conosciuto. Forse pensar male è sbagliato ma viste altre ben note esperienze, il dubbio è legittimo.

I lavori parlamentari si sono evoluti in un modo strano. Il PLR pareva fortemente contrario al progetto ma poi si è lasciato fin troppo rapidamente “convincere”, esibendo una disciplina di partito esemplare. Che cosa è successo? Una mossa tattica? Un cedimento solo apparente? O l’ottenimento di una sperimentazione-bis, in stile “selettivo”?

Il PLRT, nel rispetto dei suoi principi non poteva essere favorevole, e così è stato all’inizio, e lo ha pure dichiarato. Poi ha voluto trovare una soluzione alternativa, idea buona e giusta, ma ahimè quella proposta poco si differenzia dall’originale, e questo mi sembra grave. In fondo, con qualche distinguo, il PLRT ha sottoscritto una scuola ideologica di sinistra, in aperto contrasto con i sacrosanti principi del liberalismo. La cosa probabilmente rientra nel clima “dell’embrassons-nous” che esiste da tempo a livello di Consiglio di Stato condizionandone l’operato, e forse, meglio ancora, di un do ut des oramai alla base di tante, secondo me troppe, decisioni governative. Il cedimento non è apparente ma reale.

Anche il PPD ha mutato opinione e ha votato compatto. Su quali basi? Con quali compensi politici?

Per il PPD vale quanto detto per il PLR, i popolari democratici poi, non hanno voluto non essere presenti sull’argomento. Ma credo di non essere fuori strada dicendo che dal fronte OCST arriverà sostegno ai referendisti in vista del voto che, verosimilmente, ci sarà in settembre.

Ormai è fatta (il primo passo, intendo), giovedì a Bellinzona il Comitato ha consegnato le firme. Quale strategia può portare i referendisti alla vittoria?

La raccolta delle firme per il referendum è un passo importante. Infatti l’argomento non era popolare e il dibattito, ma soprattutto l’informazione sono stati carenti. Se a questo si aggiunge che molti docenti, pur essendo contrari, non hanno voluto, o meglio osato, esprimersi, l’avere raccolto abbondantemente più firme del necessario, è un successo. Saranno così i cittadini a dire la loro, e questo è un sacrosanto riconoscimento alla democrazia. Ora mi auguro si possa assistere a un dibattito serio, aperto e completo. Sono convinto che i ticinesi non approveranno un egualitarismo dogmatico e teorico nell’educazione scolastica dei loro figli. Sarebbe nocivo per la gioventù, bocceranno “La Scuola che verrà”.

Il PLR, dopo aver votato in parlamento per Bertoli, si batterà in campagna per Bertoli?

Cosa farà il PLRT non lo so. Probabilmente i suoi organi istituzionali diranno massicciamente sì alla sperimentazione. Ma, la cosa non è nuova, su questioni di questo tipo le indicazioni partitiche hanno perso valore, qualche volta sono addirittura controproducenti.

Noi (mi ci metto anch’io) siamo populisti, perché vogliamo che il popolo decida sulla SUA scuola?

Il termine si presta a diverse interpretazioni, sovente in chiave spregiativa. Se invece populista significa privilegiare la volontà popolare in contrapposizione con le alchimie e le verticistiche scelte partitiche, allora sono un populista, e ne vado fiero.

Per finire, quali sono le lusinghe della Scuola che verrà, alle quali molti, o magari meglio se pochi, cederanno?

Le lusinghe sono diverse e verranno sbandierate come futuro e progresso per la nostra gioventù. Da temere è che si dica si solo perché si tratta di qualcosa di nuovo, senza analizzarne i contenuti, o solo perché dopo tanti anni bisogna cambiare qualcosa. Tutti, favorevoli e contrari, auspicano un intervento sulla scuola, ma la proposta non è valida. Il cambiamento deve passare da un ampio dibattito che coinvolga tutto il Cantone. Sarà importante fare capire agli elettori che questa la modifica del DECS non porterà un miglioramento, indurrà per contro un livellamento verso il basso, e provocherà difficoltà a chi continuerà negli studi. In un mondo in cui l’eccellenza è la condizione per andare avanti, l’appiattimento al quale ci porterebbe “La scuola che verrà” sarebbe nocivo per l’intera società.

Esclusiva di Ticinolive