Sulle Alpi, quelli del ponte di primo maggio, sono stati giorni drammatici. A causa delle condizioni meteo estremamente sfavorevoli, nel giro di sole 72 ore ben 14 persone hanno perso la vita e almeno altre dieci sono rimaste gravemente ferite, alcune sono ancora in pericolo di vita.

L’incidente più grave è avvenuto lungo il percorso della Haute Route, un itinerario a oltre 3mila metri d’altezza che collega Chamonix con Zermatt. Di due gruppi di 10 e 4 persone che lo stavano percorrendo nella zona di Pigna d’Arolla,  6 sono morti mentre altri 4 versano in condizioni critiche. Delle 6 vittime, 5 sono italiani mentre la sesta persona era di nazionalità bulgara. Tra le vittime italiane figurano i nomi di Mario Castiglioni, guida di 59 anni, Elisabetta Paolucci, insegnante 47enne, il commercialista Marcello Alberti (53) e la responsabile delle risorse umane alla Thun Gabriella Bernardi (53). La quinta vittima ha persoa la vita tra lunedì e martedì e la sua identità non è ancora stata resa nota ufficilamente anche se alcuni media parlano di Kalina Damyanova, moglie di Castiglioni e anche lei esperta scialpinista.

Non è ancora del tutto chiaro come si siano svolti i fatti che hanno portato al tragico epilogo. Per ora l’ipotesi è che il gruppo sia stato colpito all’improvviso da una forte bufera di neve alla quale è riuscito a sopravvivere “grazie all’esperienza” l’architetto Tommaso Piccoli. È uscito da poco dall’ospedale e suo padre ha raccontato che il figlio è riuscito ad uscire vivo da questa avventura rimanendo sveglio tutta la notte: “Non so come ha fatto. Spronava anche gli altri, a muoversi a non dormire ma nel buio non li vedeva. Non sapeva dov’erano. […] Quando ha albeggiato Tommaso e un’escursionista tedesca hanno visto dall’altro lato della vallata, dove c’è il rifugio, due sciatori e hanno iniziato ad urlare con quanta voce ancora avevano in gola”.

Anche in Francia, due sciaplinisti sono sono morti a causa delle pessime condizioni meteo: un 35enne di Annecy il cui corpo è stato recuperato il 30 di aprile e un altro 35enne è stato travolto da una valanga assieme ad altri 3 compagni che tuttavia sono sopravvissuti.

La scia di sangue è continuata con due giovani svizzeri di 21 e 22 anni che hanno perso la vita sul monte Mönch, a 4’105 metri sulle Alpi bernesi. La polizia cantonale ha riferito che le cause della morte sono state molto probabilmene lo sfinimento e le basse temperature.

Infine, un’altra tragedia si è consumata in Veneto dove due esperti alpinisti del Soccorso alpino Dolomiti Bellunesi sono scivolati mentre percorrevano il Canale Oppel. I soccorrittori non hanno potuto fare nulla per salvare la vita ai due uomini.

L’alpinista Reinhold Messner ha commentato l’accaduto parlando del whiteout, “una sorta di nebbia di neve e vento gelido fortissimo, non si vede più niente”. Ha poi aggiunto: “È una condizione che io ho vissuto almeno cento volte – racconta Messner – ma il problema è che se ti trovi in Antartide è grave, però non hai dei crepacci, mentre in montagna sì. Col vento forte e il freddo, come ho capito che è successo in Svizzera, se non hai un’esperienza estrema perdi la testa. La bufera ti butta giù e la morte è la conseguenza. Pensiamo che i vestiti, le scarpe e i gps che ci sono adesso ci rendano sicuri, ma la montagna è sempre pericolosa”.