Dopo il passo indietro per il premierato, di Salvini e di Di Maio, rispettivamente dei due leader populisti, vincitori delle elezioni del 4 marzo 2018, non si trova l’accordo per il premier. Ma il governo, si vocifera, si farà.

Tramontata l’ipotesi di Salvini Premier, più uno slogan che un progetto, (e pensare che tutta la campagna elettorale era stata improntata su questo mantra, con tanto di braccialetti, maglie e cartelli), la Lega prova ad andare incontro all’altro partito vincitore, il Movimento cinque stelle, proponendo una personalità centrale come premier, Giancarlo Giorgetti, già nominato tra i dieci saggi dal presidente Napolitano nel 2013.

I Pentastellati tuttavia rifiutano l’accordo, pur senza avere un nome altrettanto. Di Maio parla di portare a casa un “contratto di governo”, manco si parlasse di un rogito o di un contratto lavoro, e in una nota congiunta con Salvini annuncia che sarebbero stati fatti “grandi passi avanti”.

Preoccupazione invece, da parte degli analisti di tutta Europa e del Presidente Mattarella, per il costo della crisi di governo costata all’Europa, la quale si dice timorosa per un “governo populista”. La “crisi interna internazionale” per il presidente della Repubblica, avrebbe una sola risposta: “unione europea.”

Berlusconi preannuncia che negherà la fiducia al governo “gialloverde” cinquestelle-Lega, essendo Forza Italia stata esclusa dalla coalizione dell’ipotetico governo, per l’infinito veto ostruzionista pentastellato.