C’è un Ticino che dice. E c’è un Ticino che fa. E quello che fa, lo fa bene. In questo caso: con una produzione che mostra perfetta sintonia di mezzi, sceneggiatura e protagonisti. Il risultato non puo’ che essere convincente. Questo, in poche parole, in nostro giudizio su “Oltre la nebbia – Il mistero di Rainer Merz”, la piu’ recente opera cinematografica ticinese già anticipata alla stampa e dal 24 maggio distribuita nelle sale di tutto il cantone. La trama si sviluppa in un crescendo inesorabile, e coinvolge lo spettatore come una sequenza di scatole cinesi e riferimenti esoterici sino alla scena finale. Solo in quel momento il film rivelerà la sua chiave di lettura e porterà lo spettatore a rivivere la narrazione. Riconosciamo agli sceneggiatori, e il loro merito è evidente, che è difficile tradurre queste emozioni se non le si è condivise in anticipo. Ce lo conferma la trama che, trattandosi di un “mystery”, possiamo solo anticipare sino ad un certo punto. Un noto attore scompare dal set di un film che si gira presso una vecchia fabbrica di cioccolato in Val di Blenio. A un investigatore privato viene chiesto di trovarlo. Ma le indagini del detective sono ostacolate da una serie di personaggi e dai ricordi di un omicidio avvenuto in quella stessa fabbrica, molto tempo prima, in circostanze ancora misteriose. Regista del film ticinese è l’astigiano Giuseppe Varlotta, che sviluppa il racconto con ritmo rapido e senza cali narrativi. Ma c’è un perché: allievo del grande Mario Monicelli, Varlotta in Italia è noto anche per la regia di ben quattro edizioni de “Il Grande Fratello”. Questo promette alla produzione ticinese una buona resa qualitativa non solo nelle sale, ma anche nei futuri passaggi sia in TV e sia nei devices di nuova generazione: tablet, smartphones, digital downloads, ecc…. Nel cast, che ci scusiamo citare solo in breve, spicca la presenza di Corinne Cléry, perfetta nel ruolo misterioso ed ambiguo di una signora della buona borghesia. Protagonista maschile è Pippo Delbono, l’investigatore privato, la cui maschera tragica e tormentata guida lo spettatore nel mondo parallelo degli inconfessabili segreti di una società perbene solo in apparenza. Il talento di Delbono è noto agli addetti ai lavori. Formatosi come regista ed attore di teatro classico, per la sua attività artistica di impegno civile Delbono ha vinto il David di Donatello, equivalente italiano del premio Oscar. Si parlava all’inizio del Ticino che fa. Il nostro commento è rivolto ai produttori di questo film (Giovanni Casella Piazza, Giuseppe Varlotta, Irmgard Maria Lintzen e Adriano Schrade), che con notevole impegno organizzativo sono riusciti a coordinare tra Cantone Ticino ed Italia: locations, contributi, e collaborazioni. Una citazione di questi ultimi è piu’ che doverosa:

Fondo SwissLos, città di Bellinzona, Ufficio cantonale della cultura, Ticino Film Commsssion, Fondazione Fabbrica del Cioccolato Cima Norma, Kira Films Sagl di Lugano, Associazione REC di Lugano, Kabiria Films di Asti, Piemonte Film Commission, Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e Cassa di Risparmio di Torino.

Quale sarà il giudizio di critica e pubblico? Facile previsione. I risultati arriveranno, vedrete: arriveranno. Anzi: già si annunciano positivi.