Questo articolo, ripubblicato tale e quale, ci riporta alle origini. È un peccato occuparsi del passato? No. Il passato non conta meno del futuro (nella mente di Dio non c’è distinzione, Dio vive nell’eterno presente). Chi sa leggere il passato di solito è bravo anche a prevedere il futuro.

Questo articolo contiene la Verità Assoluta? Certamente no. Si tratta della nostra personale descrizione di una importante serata politica. Attenzione però: ci siamo sforzati di essere oggettivi e di non raccontar balle.

Mettere a confronto il 15 giugno 2018 con il 18 aprile 2021 può essere istruttivo.

Se poi non foste interessati, arriva tra breve un pezzo forte sulla pandemia in India.

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15 giugno 2018

“Fulvio, hai fatto tutto. Fiat voluntas tua”. “Già, perché io sono l’Uomo del Monte” (ridacchia). “Lo sei, e te ne compiaci. Va bene a tutti e va bene così”. Fulvio Pelli ha scelto Giovanna Masoni che ha scelto Guido Tognola, che è eletto presidente. Questa è la prima parte dell’operazione. La seconda è tale da “far tremar le vene e i polsi”, come direbbe il Poeta.

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Abbiamo partecipato all’Assemblea sezionale straordinaria, ieri sera al Conza. Ciò che segue non è una cronaca ma la citazione e la rappresentazione dei momenti salienti dell’adunata, secondo il nostro personale giudizio.

C’era la necessità di ricucire gli strappi, ieri sera al Conza. Il clima era composto ma anche un po’ imbarazzato. Non grandi slanci. Nel nostro ultimo articolo avevamo lasciato presagire tempesta (ma ci credevamo sì e no, volevamo solleticare l’interesse del pubblico; è un trucco vecchio come il mondo). Tanto tuonò che non piovve.

Guido Tognola è stato eletto presidente sezionale con 91 sì, 13 astensioni e 2 no, con voto palese. Il voto segreto era stato proposto ma la sala lo ha nettamente respinto. A nostro avviso sarebbe stato preferibile il voto segreto, che a pensarci bene è la forma più libera di espressione della volontà. Ma molti lo vedono come qualcosa di affine al Ku Klux Klan o alla Massoneria.

Significativo è stato l’intervento dell’avvocato Giancarlo Viscardi, il quale da buon papà ha perorato la causa della figlia. “Voi parlate di rilanciare, ricostruire, ecc., come se prima non si fosse fatto nulla”. Poi ha formulato un’osservazione molto pertinente. “Sul nome del presidente mi sarei aspettato una scelta”. Non si può dargli torto. L’assemblea si è trovata di fronte a un “pacchetto” preconfezionato, il presidente più tutti i membri dell’Ufficio presidenziale, dal primo all’ultimo. Persino l’Uomo del Monte (noi lo chiamiamo così bonariamente) lo ha ammesso: “Una scelta sarebbe stata preferibile, ma non si può avere tutto”. Ricordiamo che Giovanna Viscardi fu eletta presidente a seguito di un voto effettivo, superando diversi avversari.

Un ruolo importante lo ha avuto Giorgio “ReGiorgio” Giudici, sia pure in absentia. Assente come lo era (detto per inciso) in occasione del megaraduno pro Cardiocentro al  capannone di Pregassona, lui presidente del Consiglio di fondazione. Giorgio, sei una presenza psicologica incombente, ma fisicamente dove sei? Pare che Giudici, ancora due giorni prima, avesse detto: “Dobbiamo pensarci su, prendiamo tempo, rimandiamo”. Rapidamente è stato organizzato un incontro e il presidente in pectore gli è stato presentato. Ed è arrivato il placet, con uno scritto di alcune righe che è stato letto all’Assemblea.

Il presidente ha fatto il suo discorso. Non troppo lungo. Di taglio chiaramente “progressista”, più nel tono che in ogni singola enunciazione. Molto vicino (secondo noi) allo stile e alle idee di Giovanna Masoni Brenni e di Morena Ferrari Gamba. Il terzetto – ci sembra di poter dire – non si è composto per caso. A costo di suscitare le ire di qualcuno ci permetteremo di affermare che – in vista della dura campagna elettorale 2020 contro la Lega, una linea del genere non risulta vantaggiosa. Servirebbe una linea – non diciamo “populista”, che sarebbe come evocare il Demonio – ma quantomeno equilibrata. Abbiamo notato con una certa irritazione che Tognola ha usato almeno due volte la parola “inclusiva”, prediletta da Manuele Bertoli (la Scuola che verrà). L’amore per le parole è indicativo, non è un capriccio o una casualità irrilevante.

Il neopresidente ha dichiarato urbi et orbi che, se fallirà l’obiettivo della riconquista della maggioranza PLR a Lugano, si dimetterà. A noi questo discorso piace perché ci piacciono le persone motivate, coraggiose e decise. Sia chiaro che noi desideriamo che vinca.

Diamo la composizione dell’Ufficio presidenziale (che vediamo come il team degli attivisti), molto ampio. È stato eletto per acclamazione. Tutti si sono brevemente presentati ai delegati convenuti.

Jean Pierre Antorini, Innocenzo Caizza, Luca Cattaneo, Morena Ferrari Gamba (vicepresidente), Andrea Gehri, Tobiolo Gianella, Giacomo Jermini, Luca Maiocchi, Daniele Mazidi, Laura Méar, Gilles Müller, Roberto Rusca.

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Il Vicesindaco, per tutta la durata della sessione (diciamo due ore e mezza) non aveva spiccicato parola. Non parlare del tutto sarebbe stato, a nostro avviso, un errore. Poteva sembrare arroganza, o una drammatizzazione esagerata della situazione. Tirare la corda va bene, ma oltre un certo limite si spezza.

Il suo colpo dalla pagina 13 del Corriere l’aveva sparato e aveva fatto il botto. Alcuni possono aver creduto che si trattasse di un gesto di reale rottura. Ma ai nostri occhi questo era – se non del tutto impossibile – quantomeno improbabile.

È difficile valutare il comportamento di Bertini senza sapere con precisione come sono andate le cose; esse sono però conosciute solo dagli addetti ai lavori. Tutti sanno che la politica è un nido di vipere (porgo le mie scuse, non voglio offendere nessuno).

Ha ricevuto due grandi applausi, di sostegno e di incoraggiamento. E, se si vuole, di consolazione, visto che ha dichiarato di avere sofferto.

(dal Corriere)  Fulvio Pelli, presidente del giorno, ha sgombrato immediatamente il campo da falsi intendimenti esortando tutti i presenti e l’intero partito a stringersi attorno al municipale. «Tutti abbiamo letto il Corriere del Ticino di oggi e saputo che Bertini si sente abbandonato. Di certo qualcuno ha parlato male di lui e messo in giro voci spregevoli ma questa è l’opinione di pochi, il partito ha bisogno di lui e deve aiutarlo a diventare il nuovo sindaco di Lugano»

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Una questione importante. Gianfranco Castiglioni (citando una TV o una radio) ha domandato se rispondesse al vero che le esternazioni, abbastanza forti, di Bertini fossero dovute al dispiacere di non essere stato interpellato per la lista PLR 2019 (Consiglio di Stato). Bertini ha smentito. Noi non sappiamo. Bixio Caprara era comunque sul posto e abbiamo avuto la gradita occasione di scambiare alcune battute con lui, sempre imperturbabile e cortese, sulla Scuola che verrà. Gli abbiamo detto: “La migliore chance del PLR è che vincano i Referendisti”.

La nostra personale opinione. Il Partito avrebbe tutto l’interesse a presentare Bertini e Bertini dovrebbe mettersi a disposizione. Una delle massime aspirazioni del PLR è (comprensibilmente) la riconquista del secondo seggio in Governo (con schema 2-1-1-1 o anche 2-2-1). Non è ragionevole (secondo noi) puntare a questo ambizioso traguardo senza disporre di un candidato forte a Lugano.

Per finire. È stata la serata delle ricuciture e così doveva essere. La tensione era nell’aria ma non si è scaricata (bene! o, in alternativa: peccato!). Nel partito regna la “pace”. Giovanna Masoni Brenni (designata da Fulvio Pelli) ha fornito la sua soluzione, che è stata accettata. Voglia il Cielo (solo per i liberali credenti) che sia quella buona. Noi non giuriamo perché su simili cose non è lecito chiamare l’Altissimo a testimonianza.