La visita del Papa in Svizzera è un evento davvero raro: se ne contano solo 5 in 2000 anni; la più recente, 14 anni fa: il 5 e il 6 giugno del 2004 quando venne Giovanni Paolo II a Berna

Visita e pranzo questa mattina per il Pontefice all’Istituto Ecumenico Bossey, centro internazionale del dialogo e formazione del Consiglio mondiale delle Chiese, situato tra Versoix e Nyon, nella verde campagna a venticinque chilometri da Ginevra, poi l’incontro ecumenico alla Visser’t Hooft, del Centro ecumenico Ginevrino.

Una giornata completamente elvetica, dominata dal motto scelto per l’occasione “Camminare – Pregare – Lavorare”; il tutto rigorosamente insieme.  Un duplice movimento, ha spiegato il Pontefice, in entrata e in uscita: in entrata per i fratelli convertiti a Cristo, in uscita per “portare insieme la grazia risanante del Vangelo all’umanità sofferente.”

Il Padre Nostro, ha ribadito poi il Pontefice, risuona del nostro esser fratelli, ed è l’ossigeno dell’ecumenismo.

Si contano anche alcune battute nel discorso del Pontefice, quali l’idea di mettere una donna ai vertici del Vaticano “si, siamo in trattative con Christine Lagarde” ha scherzato.

L’incontro, diverso da quello del 2004 dove il Pontefice Giovanni Paolo II era stato accolto come una pop star da 12mila giovani accorsi a Berna, è stato oggi incentrato sull’ecumenicità, sulla preghiera e sull’unità di un mondo “troppo diviso”. “Il Signore chiede Unità, il mondo, dilaniato da troppe divisioni che colpiscono soprattutto i più deboli, invoca unità.”

Divisione anche all’interno del singolo, interessante pertanto il discorso sull’inconciliabilità del cristianesimo, molto attuale. “da una parte il desiderio di camminare secondo lo Spirito, dall’altra quella di soddisfare il desiderio della carne, che vuol anche dire realizzarsi, inseguendo la via del possesso, la logica dell’egoismo, rendendo però gli altri scarti fastidiosi.”