Venerdì 22 giugno 2018. La Svizzera vince, ai mondiali, la partita contro la Serbia. Gli autori dei due goal decisivi a fine partita sono due campioni albanesi, Granit Xhaka, nato a Basilea nel 1992 da genitori albanesi e Xherdan Shaquiri, nato in Kosovo nel 1991. Esultano, i due calciatori, sin troppo: alla squadra avversaria, serba, mimano coi bicipiti il simbolo dell’aquila albanese, riportandoci indietro immediatamente alla terribile guerra in Kosovo, alla fine degli anni ’90.

Kosovari albanesi contro Serbi a fine anni ’90

La guerra in Kosovo iniziò tra il ’96 e il ’97, coi primi attentati dell’UCK (esercito di liberazione del Kosovo), che contestavano la neutralità della regione e la linea moderata del leader della comunità albanese, Ibraim Rugova, il quale era consapevole che il nazionalista serbo Milosevic (presidente della Repubblica di Serbia dal 1990), avrebbe, prima o poi, puntato all’annessione, violenta o meno del Kosovo stesso, regione a maggioranza di lingua e cultura albanese, ma con una consistente minoranza serba al proprio interno.

Dal 1998 come previsto, Milosevic intraprese la riconquista del Kosovo, con stragi da ambedue le parti. Durante la guerra, i serbi furono fatalmente vittime di una pessima immagine al cospetto dell’opinione pubblica, anche per la scoperta orrida di fosse comuni attuate dagli stessi in nome della “pulizia etnica”; mentre l’organizzazione kosovara UCK ottenne il sostegno degli Stati Uniti e si rafforzò anche per il traffico di armi e droga.

Quel gesto incriminato

I Serbi desistono, la NATO bombarda

I Serbi desistettero nel 1998 quando furono imposte, ad ambedue le parti, gli accordi di Rambouillet, ovvero la necessità di trovare una soluzione al conflitto civile che si stava svolgendo. Consapevoli che il Kosovo fosse di maggioranza albanese, i Serbi abbandonarono perciò le trattative. Poco tempo dopo la NATO sganciò bombe sull’intero territorio serbo, con il sostegno dell’Italia allora guidata da Massimo D’Alema. Belgrado fu rasa al suolo, la Serbia fu piegata al prezzo di 500 vittime civili serbe, e di un migliaio complessivo di vittime da ambedue le parti.

Alcuni reparti militari serbi si vendicarono orribilmente del sostegno americano ai kosovari, compiendo su questi ultimi, stupri di massa e stragi; a questa violenza gli albanesi risposero con altrettanta strage, e durante le trattative finali di pace, gran parte della popolazione serba fu costretta all’esodo.

Da allora il Kosovo si trova sotto il protettorato internazionale, indipendente solo dal 2008, ma non riconosciuto né dalla Serbia, né dalla Russia, né dalla Cina.

Calciatori figli di un nazionalismo mai sopito

Xhaxa e Shaqiri, con il loro gesto che richiama al nazionalismo albanese, (e Kosovaro!), hanno dunque richiamato a un passato di sangue, violenza e orrore. E per di più, lo hanno fatto indossando la maglietta della Svizzera. Si discute ora su una possibile sanzione da parte della FIFA; piuttosto che porre l’accento sui dissidi riaperti: a Zurigo si sono verificati alcuni disordini, come il ferimento di sei persone, ricoverate in ospedale perché colpite alla testa durante una rissa, e una bandiera del Kosovo incendiata.

Più che esempio di multietnicità, emblema di mai sopiti nazionalismi e patriottismi. Anche a prezzo della violenza.