I miei dodici giorni in Nord Corea

Un po’ di anni fa, dopo 3 anni di corteggiamento ad una rappresentanza di Tokyo della Repubblica Popolare della Corea del Nord (RPCN), finalmente mi arrivò dalla Banca per il Commercio Estero di Pyongyang la “luce verde” per visitare il Paese.

Naturalmente, per rendere le cose semplici, il visto mi sarebbe stato concesso a Pechino alla loro Ambasciata.

A Pechino per le date stabilite e dopo qualche ora di attesa nell’Ambasciata, finalmente ottenni il visto con partenza via aerea il giorno dopo.

Il viaggio- quale ospite del Governo – era tutto programmato sulla base di quello che avevo chiesto e ottenuto. E, devo ammettere, venne rispettato alla lettera. Anche se, sorpresa, accompagnato passo passo da due custodi.

Due giovani fluenti in inglese, lingua che avevo dichiarato di conoscere.

Il viaggio di 12 giorni nei luoghi prestabiliti – fabbriche, infrastrutture, musei, resort, templi – mi è stato utilissimo per tentare di capire.

Da anni desideravo vedere l’altra faccia della luna….Conoscevo bene la Corea del Sud che avevo girato per lavoro in lungo e in largo, e volevo capire il perché di molte cose che non mi erano chiare.

I due paesi erano fermi da decenni ad un armistizio che aveva posto fine ad una guerra “civile” che aveva causato più di 2 milioni di morti inclusi gli alleati americani e quelli del Nord, i cinesi.

Tecnicamente, allora come adesso, nulla è cambiato. Una zona demilitarizzata fra Nord e Sud lunga 240 chilometri (divide la penisola da est a ovest ) e profonda 4, con contatti sporadici dal ’53 a fasi molto alterne. Nulla è cambiato.

Contrariamente al Sud, il Nord l’ho visto ed è tutt’ora un paese profondamente isolato sotto una dittatura tirannica di “monarchi rossi”; le tre generazioni che hanno agito da dittatori del Paese.

Dal ’53, il “grande leader” Kim Il Sung, a quale successe Kim Jong Il ed in seguito il figlio Kim Jong Un che da 6 anni dirige il paese.

Ho riflettuto molto sulla mia visita: incominciava al mattino presto con i miei “angeli custod”i e terminava dopo la cena: alle 19.00 finivo in camera del mio albergo a “godermi” in bianco e nero, film epici di guerra contro il nemico americano e giapponese. Il telefono richiedeva prenotazioni per il giorno dopo, ma non sempre funzionava . Altre cose non disponibili.

Molti episodi mi hanno fatto comprendere i fondamentali del paese che spesso contraddicono gli stereotipi. Vediamone alcuni:

– Il culto della personalità: straordinario e da me mai visto nonostante le mie visite negli anni in Russia, Cina, ex Yugoslavia, ecc. I Kim sono degli dei, ammirati e riveriti come divinità. Le loro immagini sono dovunque con Musei dedicati a loro. Ogni visita a fabbriche, infrastrutture, terminava con il consueto: “il nostro grande leader oppure dear leader, ha visitato questo posto un numero di volte ed in ogni visita ha dato “verbal guidance” per migliorare il tutto.”

– Il nemico è il Giappone; molto meno gli Usa. Avevo chiesto di vedere uno spettacolo teatrale e venni accontentato con l’opera “La ragazza dei fiori”. Quella sera, la situazione in cui mi trovai aveva dell’incredibile. Nel locale, almeno due mila persone, ero l’unico straniero; tutte signore, tutte in “hanbok”, il costume tradizionale, tutte a piangere. L’opera era totalmente antigiapponese, scritta testi e musica da Kim Il Sung (ovviamente.) Fino ad allora pensavo che il nemico fossero gli Stati Uniti.

– Il totale isolamento: niente TV estere, giornali stranieri e indottrinamento totale. Lo si osserva in ogni manifestazione pubblica. Tranne l’élite, nessuno sa niente di noi. E credono a tutto ciò che la Propaganda da in pasto ogni giorno. In treno verso Myon ansan, essendo soggetto continuamente da parte dei miei soci di indottrinamento sulla “Chuche” (la filosofia nordcoreana di autarchia), persi la calma pregandoli di smetterla (“sono figlio di un fascista morto in combattimento ed allevato da un duro comunista: perdete del tempo…”).

Sono tornato con un’impressione chiara del paese: e non mi sorprende ciò che vedo da anni. Il difficile dialogo con il mondo esterno. Peraltro il reddito procapite è tuttora un ventesimo di quello dei loro “fratelli del Sud”. Che rende il Nord difficilmente eventualmente integrabile.

Un ricordo di Ticinolive. Locarno, il Rivellino, 3 agosto 2017.  Da sinistra: Jean Olaniszyn; Primo Segretario dell’Ambasciata della Corea del Nord a Berna; on. Massimiliano Ay; professor Davide Rossi; Francesco De Maria; un funzionario d’ambasciata.

Di recente il Presidente Trump ha tentato di avviare un disgelo con il giovane leader, “il Maresciallo”, Kim Jong Un. L’incontro di Singapore con un accordo di “denuclearizzazione della penisola coreana contro la sicurezza della penisola” sembrava l’avvio di un nuovo mondo. Ci speravo anche se mantenevo – conoscendo i fondamentali del paese – molte riserve.

Puntualmente in questi giorni sono emerse alcune serie contraddizioni su quello che sembrava fosse: Il 3 luglio, il Financial Times rivelava che le rilevazioni via satellite segnalavano l’avvio di un nuovo sito per la costruzione di missili di lunga gettata. E poi, oggi, lo stesso media, ci informa che appena finito l’incontro con il Segretario di Stato Mike Pompeo a Pyongyang, i media nordcoreani hanno definito gli americani con: “atteggiamento di ladri” e “gangsters”.

Occorrerrà molta pazienza e abilità per aiutare i poveri amici nordcoreani per uscir fuori dalla tela di ragno in cui sono intrappolati ormai da oltre 65 anni.

Vittorio Volpi