Selve castanili, ecco i veri parchi da promuovere

Albero provvidenziale, maestoso e plurimillenario, il castagno ricopre ampie zone collinari e pedemontane del territorio cantonale, spingendosi fin verso i 900 metri di quota. La sua diffusione, nelle terre costituenti l’attuale Canton Ticino, fu promossa attivamente dall’uomo già a partire dalla dominazione romana. L’impianto di selve castanili avvenne prevalentemente su terreni di uso comunitario, allora molto estesi, e conobbe un forte sviluppo grazie all’allora vigente diritto denominato jus plantandi, diritto di origine consuetudinaria attestato già nelle nostre regioni attorno all’anno mille.

Denominato dal poeta Giovanni Pascoli, l’albero del pane, ha per secoli nutrito e riscaldato le case dei nostri antenati, dipingendo e modellando con il giusto, sapiente e saggio intervento umano, l’intero territorio cantonale.

Migliaia e migliaia di maestosi e produttivi alberi, ancora popolano le nostre regione, dal valore paesaggistico e pastorizio inestimabile.  Questi sono i veri parchi da finanziare e promuovere all’interno dei singoli comuni e patriziati!

Alberi e frutti oggi purtroppo irraggiungibili, persino dalle capre, tante sono le sterpaglie invasive e selvagge presenti nel sottobosco.

Intere selve castanili, frutto della provvida secolare mano dell’uomo sono state vergognosamente abbandonate a se stesse, da una fallimentare politica del territorio, miope e di parte, spesso arroccata su posizioni di difesa a oltranza della vegetazione arborea, ignorando la massiccia rovinosa e soffocante espansione di ogni specie vegetativa a tutte le quote.

Oggi urge recuperare in chiave economico ambientale questi estesi luoghi incolti, in gran parte proprietà dei patriziati, per creare occupazione e renderli nuovamente produttivi, segnatamente in ambito agropastorale. Recupero come premessa per  una maggiore autonomia alimentare, foriera di libertà e qualità di vita.

Giovanni Pascoli, strofa della poesia ‘Il castagno’ Ha da te la sua bruna vaccherella / tiepido il letto / e non desia la stoppia; / ha da te l’avo tremulo la bella / fiamma che scoppia.

Olindo Vanzetta, Biasca