“È più facile morire che vivere” sostiene da tempo la poetessa cinese Liu Xia moglie del defunto Liu Xiao Bo premio Nobel cinese per la pace nel 2010.

È un’ affermazione drammatica comprensibile solo in situazioni tragiche come è stata la vita del marito morto in detenzione un anno fa e, di riflesso la sua, da otto anni reclusa in casa.

Da pochi giorni Liu Xia è finalmente libera; via Finlandia è ora in Germania per curarsi dalla grave depressione e problemi fisici. Sebbene non ci sia conferma, apparentemente potrà finire i suoi giorni in pace e libera grazie al discreto lavoro politico di Angela Merkel che ha fatto breccia con i leader cinesi che notoriamente non amano interferenze esterne sui diritti umani.

Naturalmente da parte cinese, non sorprende, si nega tutto. La versione ufficiale spiegherebbe la decisione con la necessità di cure (ma la Cina è così indietro con la sanità?). Il tutto perché Liu Xiao Bo, dissenziente, era tra le centinaia di intellettuali cinesi che sottoscrissero un documento politico la “Charter 2008”, appunto 10 anni fa, che richiedeva ai dirigenti del Partito Comunista Cinese – e quindi al Governo da loro espresso – che si introducesse pluripartitismo e democrazia nella struttura del Paese. Ovviamente Liu era recidivo nella protesta politica. Già il suo matrimonio era stato celebrato in un campo di rieducazione nel 1996, eufemisticamente definito “campo di rieducazione attraverso il lavoro”. E per la moglie è stata una Via Crucis durata 20 anni.

Dopo la “Charter” il marito è finito in un campo di rieducazione a mille chilometri da Pechino. Non gli è ovviamente stato accordato il permesso di ritirare il Premio Nobel e poteva ricevere la visita della moglie una volta al mese. Nella fase finale della sua vita il Nobel Liu Xiao Bo aveva chiesto ripetutamente di andare all’estero; forse perché avrebbe di conseguenza liberato anche la moglie. Ma invano: la sua preghiera – nonostante fosse in una fase terminale della malattia – “datemi la possibilità di morire libero in un paese libero” non è stata ascoltata. Morì il 13 luglio dell’anno scorso….

Queste cose ripercorrendo le storie europee del “secolo breve”, come lo definì Eric Hobsbawn, ci sono note. Sono nato durante la guerra, ho visto il fascismo, il nazismo, il comunismo. L’odore è sempre identico….

La mancanza del bene della libertà, dei doni della democrazia, mi sono noti. Li ho imparati vivendoli.

La storia dovrebbe averci insegnato a capire la differenza fra libertà e dittatura.

Ma così non è; superficialità, cattiva informazione, malafede, ipocrisia continuano ad ammorbare il mondo.

Il caso di Liu Xiao Bo dovrebbe farci anche capire che il progresso economico da solo non basta: non si vive di solo pane….

Il PIL da solo non basta; leggere al riguardo un vecchio scritto di Ruffolo: “Il paese della pirlandia”.

E ricordiamoci di chi ha scritto che: “finché uno di noi al mondo non sarà libero, siamo tutti non liberi”.

Vittorio Volpi

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L’autore di questo articolo – il terzo che scrive per Ticinolive – ha vissuto per trent’anni in Giappone ed è un profondo conoscitore dell’Asia. I suoi interessi sono prevalentemente geopolitici.