“Di male in Sergio” – Giro di Boa

Nel mezzo del cammin della sua vita, Mattarella si ritrovò in una selva oscura chè la diritta via era smarrita. Oggi il Presidente è a metà del suo mandato al Quirinale, e non guasta tracciare un mezzo bilancio di questo primo tempo presidenziale. È a metà del guado, o a metà del guano, se consideriamo la palude escrementizia in cui ci troviamo. La selva oscura è la foresta gialloverde con cui è costretto a coabitare, e la diritta via è quella del Pd e frattaglie annesse che lo mandò al Quirinale e nella cui ombra, in seconda fila, ha vissuto per anni dopo aver vissuto nella terza fila della Dc.

Mattarella al Quirinale fu un parto dell’allora zar Matteo Renzi che pensò di circondarsi di ombre per rifulgere come il Re Sole del sistema politico. Mattarella era una figura minore della prima repubblica, un gregario della corrente demitiana, che doveva qualche briciolo di notorietà al fatto di provenire dalla Famiglia Mattarella, e di essere fratello di Piersanti ucciso dalla mafia. La sua carriera politica è legata al Mattarellum che non è un suo antenato ma uno dei tanti artifici elettorali della seconda repubblica, come il porcellum e altri pasticcetti parlamentari. Mentre il suo capocorrente De Mita diventava sindaco di Nusco, l’affiliato siciliano diventava Presidente della Repubblica per grazia ricevuta. D’improvviso Mattarella passò per statista, una via di mezzo tra Moro e Andreotti; la sua flemma, il suo “aplomb”, la sua bocca cucita, i suoi discorsi biascicati come rosari, la sua lieve gibbosità senza collo, per dimostrare che ha la testa sulle spalle, la sua nuvola bianca sul capo, furono visti come segni della sua saggezza e della sua felpata prudenza.

Marcello Veneziani

(fonte: Il Tempo)