“E alla fine c’è la vita”  l’esordio letterario di Davide Rossi

Vite al limite alla ricerca della salvezza. Letteratura o cinema?

“E alla fine c’è la vita” è l’intenso esordio letterario di Davide Rossi. Quattro vicende che coinvolgono altrettanti personaggi, che si intrecciano nell’ambiente universitario pavese. Droga, sesso e alcool sconvolgono le loro vite, stravolgendo l’esistenza e acquendo la disillusione verso il loro futuro nebuloso. Quali vite li attendono? Quale destino? Quale professione? Quesiti che vengono soffocati dagli impulsi della carne, dal presente che è troppo imminente e attraente per essere trascurato. Studio e lezioni lasciano il posto a selvaggi party universitari, a nottate insonni e all’uccisione della propria mente.

Marco si fa di tutto ciò che altera il suo stato psicofisico, il corpo di Mario cede, provato dagli eccessi e dallo stress, Marianna si concede tutti i vizi possibili e a tutti, mentre Marika naufraga fra le braccia di un subdolo e viscido professore universitario.

Non esiste uno scopo o una meta, solo l’insensata, disperata voglia di tirare le fila della propria vita, ma ciò non è possibile. Il precipizio, così distante, all’apparenza, li minaccia, pronto a inghiottirli definitivamente.

Combattere o chinare la testa? Vivere con le proprie regole o con quelle degli altri?

La società li obbliga a cambiare, a passare dalla fase post adolescenziale a quella adulta. Ma cambieranno realmente?

Un romanzo vivace, intelligente, frenetico, insomma, differente. In cui la cinematografia si mischia alla letteratura, scandendo i ritmi creando un vortice suadente di emozioni trascendentali. Ispirato allo scrittore americano Ellis si tratta di un esordio promettente, con molte luci e poche ombre.