Vista la delicatezza del tema, ho chiesto esplicitamente ad Anna Lauwaert il consenso alla pubblicazione del testo di Ghiringhelli, che mi è stato accordato. Quanto alla paura io dico: non c’è nulla di male ad avere paura. Anna e Giorgio hanno paura, e va bene. Anch’io ho paura. Uno più coraggioso di me forse non avrebbe paura.

Le Redazione non prende posizione e si limita a pubblicare. (fdm)

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In un articolo pubblicato il 15 agosto 2018 sul sito di informazione Ticinolive, e intitolato “Le mie letture, i miei libri, i miei viaggi, il mio rapporto con l’Islam”Anna Lauwaert – la scrittrice belga residente da anni in Valle Onsernone – fa una lunga disquisizione per spiegare il suo rapporto con l’Islam , che inizialmente era idilliaco e poi si è fatto vieppiù  critico man mano che un po’ ovunque si affermava l’Islam politico, con il suo strascico di attentati e di violenza.

Per capire lo scopo recondito di questo articolo bisogna leggere le righe finali, in cui Lauwaert scrive : “In questo ambiente burrascoso mi “de-solidarizzo” dall’iniziativa di Giorgio Ghiringhelli (che ha lanciato in questi giorni lo Swiss Stop Islamization Award) perché i miei rapporti col mondo islamico sono troppo complessi per essere espressi in uno slogan provocatorio. Più conosco l’Islam, più capisco i musulmani ma anche le incoerenze e l’incompatibilità tra la loro “teocrazia” e la nostra “democrazia”. Al tono irruente del confronto, preferisco la via pacata dell’analisi”.

Dato che sono stato tirato in ballo, devo a malincuore replicare per chiarire alcune cose e per mettere in evidenza l’incoerenza di questa signora, che prima lancia il sasso e poi nasconde la mano. Perché lo faccio a malincuore? Perché se c’è una persona che negli ultimi 15 anni ha contribuito a farmi aprire gli occhi sui pericoli connessi all’islamizzazione dell’Europa e alla radicalizzazione dei musulmani, e che mi ha spinto a lottare contro queste aberranti degenerazioni dell’Islam,  questa è proprio Anna Lauwaert. Ci siamo incontrati, siamo diventati amici e compagni di lotta e siamo regolarmente in contatto. E ora temo che la polemichetta da lei avviata nuocerà alla nostra amicizia e indirettamente anche alla causa che sta a cuore a entrambi.

Negli anni successivi all’attentato di New York dell’11 settembre 2001 la scrittrice belga ha cominciato a inviare regolarmente a politici e giornalisti ogni sorta di documentazione concernente l’Islam, l’islamizzazione e gli islamisti che trovava nelle sue ricerche su internet nei siti di tutta l’Europa . Inoltre ha cominciato a scrivere regolarmente per siti di controinformazione dichiaratamente anti-Islam, in Francia e in Svizzera, come Riposte laïque di Pierre Cassen (condannato nel 2012 per incitamente all’odio contro i musulmani e fautore della proibizione dell’Islam in Europa) e Les Observateurs di Uli Windisch. Preciso a scanso di equivoci che anche il sottoscritto ritiene che l’Islam in Europa vada proibito almeno fino a quando questa religione non sarà riformata scorporando da essa la parte politica e violenta che è la causa della radicalizzazione di un crescente numero di musulmani. Certamente con questa sua frenetica e battagliera attività, che ora lei tirando il freno a mano definisce “pacata analisi”,  l’onsernonese di adozione ha contribuito a lanciare l’allerta contro i pericoli dell’islamizzazione e dell’immigrazione musulmana.

Proprio per questo motivo ho pensato soprattutto a lei quando ho deciso di creare un Premio a livello nazionale destinato a ricompensare  – come si legge nella motivazione pubblicata sul sito Tells-Geschoss.ch –  quelle persone che da anni, a rischio della loro vita e spesso nell’indifferenza generale, si sono distinte per la loro coraggiosa attività contro l’islamizzazione e contro il radicalismo islamico. Rifiuto dunque l’appellativo di “provocatorio” per un premio destinato a ricompensare i critici del totalitarismo islamico. I provocatori semmai sono gli islamisti, che sempre più sfacciatamente ci fanno sapere che vogliono conquistare l’Europa e imporre la sharia al posto della democrazia (“con le vostre leggi democratiche vi conquisteremo e con le nostre leggi coraniche vi domineremo”, ha detto senza giri di parole l’eminenza grigia degli islamofascisti Fratelli musulmani, Youssef al Qaradawi ).  Forse che un Premio denominato “Swiss Stop Fascism Award” verrebbe considerato provocatorio ?

Lo scorso 27 giugno, un mesetto prima di lanciare il premio, scrissi ad alcune persone  illustrando il mio progetto e informandole della mia intenzione di inserirle nella lista dei candidati. Fra queste persone c’era anche ovviamente Anna Lauwaert, che era la principale candidata a vincere il premio. Da notare che il titolo provvisorio del premio era a quel momento “Stop Islam” , cioè un titolo assai più radicale dell’attuale  “Stop islamization”, da me modificato pochi giorni dopo il lancio del concorso proprio per tener conto delle diverse sensibilità espresse da taluni candidati. Fra questi candidati che mi avevano chiesto di modificare il titolo non v’era Anna Lauwaert, la quale anzi mi rispose “mi sembra un’interessante iniziativa” e non contestò la sua presenza fra i candidati , dando in tal modo il suo tacito accordo . E così il 1° agosto il premio venne lanciato.

Chiesi a Anna se poteva scrivere qualcosa per i siti “Les Observateurs” e “Riposte laique” con cui collaborava regolarmente. Su quest’ultimo sito venne pubblicato il 4 agosto un suo articolo molto elogiativo  (https://ripostelaique.com/la-presse-suisse-censure-le-swiss-stop-islam-award.html )  che, dopo aver messo in risalto il silenzio della stampa ticinese, si concludeva così  : “questo silenzio è un vero peccato perché lo scopo di ognuno dei candidati al premio è proprio quello di far conoscere l’Islam ai non musulmani ma anche agli stessi musulmani che spesso, come i cattolici prima del Concilio Vaticano II, seguono le loro tradizioni ma senza interrogarsi sulle stesse. E poi? Rendere il concorso internazionale. I candidati non mancano di certo, a cominciare da Riposte Laique, Pierre Cassen e altri ancora… Beh, anche il Nobel è cominciato con una prima volta (testo originale : “a commencé par un commencement”)”.  Quindi fino al 4 agosto Anna Lauwaert era ben contenta di essere fra i candidati, parlava in termini elogiativi del concorso da cui ora si dissocia per il “tono irruente del confronto” e addirittura auspicava che venisse lanciato a livello internazionale…

La svolta è avvenuta il 10 agosto. Quel giorno inviai per conoscenza ai candidati un articolo dedicato al premio apparso su un sito islamico (http://en.hawzahnews.com/detail/News/352841   aggiungendo scherzosamente “penso che adesso possiamo attenderci una fatwa”. Un paio d’ore dopo Anna mi inviò una risposta con richiesta di diffonderla a tutti i candidati. Una risposta da cui traspariva chiaramente la sua paura.  “Non passa giorno  – scriveva – senza che in Francia e in tutti i Paesi europei  delle persone siano assassinate, pugnalate e anche decapitate. Non credo che qualcuno di noi abbia voglia di mettere in pericolo la propria vita e quella dei suoi familiari. In Francia numerose persone sono processate a seguito di denunce per razzismo, islamofobia ecc. Nessuno ha voglia di imbarcarsi in un rischio che non solo costa caro ma soprattutto paralizza e impedisce di continuare la lotta. La situazione è talmente grave che il semplice fatto di mettere dei nomi su una lista di “islamofobi” (ndr. come i candidati venivano definiti sul sito islamico) comporta un rischio”.  Nella sua foga di dissociarsi dal premio giunse perfino a scrivere che lei era stata inserita fra i candidati senza  che fosse stata consultata e senza il suo accordo. E poi la lettera continuava dicendo che era giusto agire, ma a titolo individuale ; che il titolo “stop islamization” sarebbe stato interpretato come una provocazione e che la sua opinione sull’Islam era chiara ma senza provocazione.

Le risposi che la sua presa di posizione mi aveva deluso e mi sembrava incoerente con tutta la sua lunga attività critica verso l’Islam e con quanto aveva scritto in precedenza a proposito del premio, e che era un po’ tardi per rimettere tutto in discussione . Tre giorni dopo, accogliendo una sua richiesta in tal senso, le comunicai che per tranquillizzarla l’avrei stralciata dall’elenco dei candidati, ma l’invitai altresì a non avviare polemiche che mi avrebbero costretto a chiarire i fatti. Purtroppo non mi ha dato retta, e anche se il suo nome non è più nella lista dei candidati ha tenuto a dissociarsi pubblicamente dal premio prendendo a pretesto i  suoi  complessi rapporti con il mondo islamico. La realtà, come abbiamo spiegato e dimostrato, è che i suoi ripensamenti sono stati dettati dalla paura, proprio da quella paura su cui gli islamisti contano per ridurre al silenzio le voci critiche contro le loro strategie di conquista e contro gli aspetti negativi dell’Islam, che allo stato attuale è assolutamente incompatibile con la società occidentale. Con questo suo agire ha dimostrato che l’avevo giudicata male e che non avrebbe meritato di vincere il premio, destinato alle persone “coraggiose” che non hanno paura di dire senza mezzi termini cosa sta succedendo.

Certamente, io comprendo che si possa avere paura degli islamisti e di essere da loro (e dai loro collaborazionisti europei) etichettati come degli “islamofobi” , che non significa comunque essere razzisti, come molti vogliono far credere, ma semplicemente avere paura dell’Islam e dei suoi seguaci (dal greco phobos = paura) : una paura – aggiungo io – più che giustificata, visto quanto la cronaca ci propina giornalmente da anni! E quindi capisco benissimo che Anna Lauwaert abbia avuto un ripensamento. Però quel che non posso capire e che mi lascia l’amaro in bocca  è che invece di ritirarsi in sordina, come con un minimo di correttezza avrebbe dovuto fare,  ha voluto dissociarsi pubblicamente – e senza che nessuno gliene avesse chiesto i motivi – da un’iniziativa di cui fino a cinque minuti prima parlava in termini elogiativi. Senza arrampicarsi sui muri per giustificare la sua marcia indietro sarebbe bastato che dicesse : ho paura !

Giorgio Ghiringhelli

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(fdm) Anna Lauwaert mi prega di aggiungere questo suo commento: 

<<Non ho letto il testo di Ghiringhelli, ma può certamente  pubblicarlo – libertà d’espressione! – Ho avuto nel passato addirittura delle reazioni del tipo “Non puoi parlare bene del Pakistan perché è un paese canaglia…” Il mio libro “I giorni della vita lenta” data del 1994 e “Des raisins trop verts” data del 2014.

Bèh si, ho vissuto con dei musulmani che non erano mostri… Non ho nient’altro da aggiungere.>>