” No, in realtà, non c’è nessuna vera ‘invasione’ “

Sergio ed io scendiamo alla stessa fermata, ai giardinetti di Besso. Ho fatto tempo a dirgli: “È un po’ che non facciamo un’intervista”. “Già, non sarebbe male. Ma di che cosa parliamo?”

Sergio è sempre molto disponibile. Scrive con facilità e con piacere, e ama collaborare.

“Facciamo… facciamo l’Italia!”. Questa tragica Italia mi sta un po’ sul gozzo. Per causa sua e del mostro che la governa ho litigato – in due giorni – con due persone. Io che sono prudente e mi sforzo di non offendere nessuno.

Ho letto le risposte di Roic e mi son detto: “Le mie sarebbero molto diverse”. Ma, poiché l’intervistato è lui, voi leggete le sue. È molto abile, sa vendere bene la sua merce. Ho cercato di metterlo in difficoltà (era mio compito) ma non credo di esserci riuscito.

Un’intervista di Francesco De Maria.

* * *

Francesco De Maria  L’Italia vive anni, mesi, giorni confusi, deludenti, pericolosi, terribili. Per quali passi e quali fasi è giunta a un simile punto?

Sergio Roic  L’Italia è un paese meraviglioso. Ci andai per la primGàa volta all’età di sei anni con mia madre, storica dell’arte, che mi fece percorrere tutti i musei romani. Anni dopo, in una sorta di reminiscenza platonica, rividi quei quadri.

e quelle statue come una vita già vissuta in precedenza. L’Italia è bellezza, è simpatia, è letteratura ed è un paese ospitale. Vi ho pure lavorato (a Milano) per ben 14 anni. Ma c’è un ma. Nei periodi di crisi ci sono elementi della società che s’indeboliscono. Gli italiani rimangono persone notevolissime, ma in alcuni comincia a prevalere – anche per istigazione evidente – un certo revanscismo, uno sguardo pregno di un nostalgico passato e la voglia inestirpabile di trovare qualcuno che guidi, e a chi importa se lo farà bene o male. La crisi italiana, a mio parere, ha due facce. La prima è una derivazione diretta della globalizzazione: le PMI italiane non sono riuscite ad “andare nel mondo” da sole o quasi senza la mediazione nazionale. La seconda faccia presenta una crisi morale: il sistema di tassazione italiano, insostenibile, induce all’evasione fiscale, da ciò l’impoverimento del senso di responsabilità civico, la ricusa della comunità come valore primario.

Perché il Partito Democratico è, letteralmente, crollato?

Credo che Renzi, al culmine della popolarità, abbia fatto un errore madornale, quello di cercare di far virare un partito di centro-sinistra verso spiagge politiche nazionali, onnicomprensive, difficilmente distinguibili da un pateracchio senza capo né coda. Ogni formazione politica ha un suo quid, un insieme di valori e narrazioni; se cerca di sbarazzarsene, in toto o in parte, perde la sua identità. Per “crescere”, da qualunque area politica si provenga, avendo in testa di diventare un “partito della nazione” ci vuole una logica in qualche modo dittatoriale, che cioè in fondo propone nient’altro che una dittatura vera e propria oppure una sorta di dittatura mimetizzata. Ho appena finito di leggere uno dei migliori romanzi storici di sempre, a mio parere. In “Idi di marzo” lo scrittore americano Thornton Wilder entra nella testa di Giulio Cesare dittatore e compone un trattato politico-letterario che svela tutti i retroscena dell’essere “malgrado tutto un dittatore”. Il Cesare di Wilder arriva al punto di far circolare dei biglietti anonimi contro se stesso!? Una descrizione terribile, e affascinante. Questo non è stato il caso, per fortuna, di un grande paese democratico contemporaneo come l’Italia. E poi Renzi non è Cesare…

Chi era Matteo Renzi?

No, decisamente Renzi non era un cesare. Un esperto di comunicazione italiano lo ha soprannominato “il mago”, mentre il PD avrebbe impersonato il ruolo del “saggio”. Ecco, Renzi era “il mago” che parlava al “saggio”. All’inizio del discorso politico di Renzi e della sua (ir)resistibile ascesa, il Matteo di Firenze, abile comunicatore, sembrava in grado di far accadere le cose quasi all’istante rispetto ai tempi spesso lunghi della politica italiana. Lo ha votato pure molta gente di destra, dato che “faceva”. Ma che cosa faceva? Al pari di un Tony Blair, il padre inglese della controversa “terza via”, sembrava sul punto di far “svecchiare” il paese, ma con politiche oggettivamente di destra partendo da una posizione di sinistra. Alla fine, come in una partita di poker, l’elettorato che aveva conquistato con un discorso ambiguo gli ha letto le carte, lo ha abbandonato in mezzo a un bluff politico.

Il PD è in pezzi ma la Penisola è piena di gente di sinistra. Il PD potrà risorgere? Se sì, come?

Il PD ha perso alle ultime votazioni perché aveva smesso, con Renzi, di fare politiche di sinistra. Risorgerà? Dipende dalla nuova leadership, dalla nuova proposta politica e dalla capacità di intercettare il sentimento di frustrazione degli italiani, a cui è stato raccontato davvero di tutto, ma che nei fatti hanno problemi di lavoro, salario adeguato, moralità condivisa e “futuro” (non credono più nel futuro). L’Italia, come già detto, si reggeva in buona parte sulle PMI e sul ben noto “genio italico”. Su che cosa si reggerà domani? Alla politica italiana toccherà dare risposte concrete.

L’elezione è andata come sappiamo, il nuovo governo sembrava che non riuscisse a nascere. Ma poi è nato e il risultato appare dirompente. È la nuova Italia, quella degli “infami” al potere? Tale potere è eccessivo e pericoloso?

Vediamo un po’, analizziamo la “fenomenologia” del nuovo potere italiano: si tratta di un’alleanza tra famiglie politiche che dovrebbero essere antitetiche ma che apparentemente vanno d’accordo per poter rimanere al potere. I 5stelle sono il partito/movimento del rifiuto, della ribellione, e non sembrano, almeno finora, in grado di governare. La catastrofe di Genova ne è solo l’ultimo esempio: minacce a coloro che sono stati ritenuti responsabili a inchieste nemmeno partite, poi subito ritirate, poi ripresentate in un garbuglio inestricabile di parole e “antiparole” da cui non se ne esce. Il loro vero leader, dato che è un po’ più sereno dell’altro, dovrebbe essere Di Battista, ma al momento non si capisce che ruolo abbia. Una cosa è rivendicare, un’altra governare. Si ha poi l’impressione che i 5Stelle si siano letteralmente frantumati, come comunicazione, contro la “nave” del “capitano” Salvini. Un partito/movimento con logiche anche di sinistra ha finito con l’accettare una buona dose di xenofobia, una grande mancanza di empatia, per non parlare della propaganda a tambur battente a proposito della supposta “invasione”. E arriviamo alla Lega ex Nord, ex verde e ora blu (o azzurra?) del “capitano”.  Salvini è un abile comunicatore e tale nasce, in una radio, come politico. Proprio ieri ho sentito, a meno di smentite, che gli è stato cucito addosso addirittura un algoritmo personalizzato che si chiamerebbe (sic!) “la bestia” in grado di intercettare non solo il sostegno positivo nei social ma di indirizzare sulla sua persona anche quello negativo: insomma, si parlerebbe, alla fine, solo e soltanto di lui. Cosa tra l’altro vera, per certi versi. Si parla solo di Salvini. Ma cosa fa Salvini? Parla dei 18.000 rifugiati rifugiatisi quest’anno in Italia su una popolazione totale di ben 60 milioni di cittadini e ne deduce un’”invasione”. Colpevolizza l’Unione europea per i guai italiani, promette sovranità, decisioni, cambiamenti (i cambiamenti li promettono anche i 5Stelle, in effetti). La strana coppia al potere dovrà affrontare il test dell’“autunno caldo” italiano quando tutti i nodi cominceranno a venire al pettine e non ci si potrà nascondere dietro un dito (nero, quello dei cosiddetti “colpevoli” della crisi italiana, i rifugiati di colore), ma si dovranno approntare per gli italiani condizioni di vita decenti. Dove e come navigheranno il “giovanotto” e il “capitano” per garantirle al popolo è un mistero. La rotta, per ora, è tenuta segreta.

Se io le dico: dodici migranti africani sono morti in un pulmino in un incidente stradale presso Foggia, lei che cosa mi dice?

Il dramma dei rifugiati è un dramma autentico. Forse converrebbe considerare la situazione venutasi a creare da un orizzonte storico e non da quello politico/propagandistico. Nel caso delle migrazioni contemporanee, a parte la propaganda che ne esagera il numero ed esacerba gli effetti, bisogna risalire, storicamente, alle deleterie colonizzazioni europee per dedurre lo stato attuale delle cose. L’Africa è un continente pieno zeppo di risorse che, puntualmente, vengono portate via alle popolazioni autoctone, la colonizzazione economica non si è fermata nemmeno un attimo e prosegue a tutt’oggi. In una sorta di nemesi, le popolazioni africane, avendo conosciuto i dubbi splendori dell’Occidente, li hanno confrontati con la loro endemica miseria decidendo di venire a testarli, viverli in prima persona. Insomma, è come se pretendessimo di continuare sempre e comunque a depauperare un continente intero con le nostre industrie, imprese, la nostra finanza ed economia, stupendoci poi che quelle lande depauperate presentino gente disposta a rischiare di morire (in mare) pur di andarsene. Se a ciò aggiungiamo l’aggravante delle guerre combattute per l’energia e per questioni geostrategiche dai soliti “Grandi” occidentali (con l’aggiunta dell’ineffabile Russia), come quella che ha coinvolto ad esempio la Siria, otteniamo il quadro attuale: un continente e mezzo disastrato con gente in fuga. Per quel che riguarda la dimensione umana di questa fuga, non c’è bisogno della Sinistra per pronunciarsi in merito. Basta l’autentico pensiero cristiano: accogliere chi è nel bisogno è il dovere di ogni uomo.

L’invasione da sud è reale o è un’invenzione dei populisti?

No, in realtà, non c’è nessuna vera “invasione”, c’è un flusso di migranti, oggi piuttosto contenuto. Il flusso di migranti, per quel che riguarda l’Italia, è stato già “strozzato” dal ministro del governo precedente, Minniti. L’Italia non è in cima alla lista dei paesi di accoglienza. In Svizzera si accoglie molto di più, in percentuale rispetto alla popolazione, e i migranti, a parte le rimostranze di chi proprio non li può soffrire, non hanno causato alcun guaio al nostro paese.

La gente si aspetta che Salvini la blocchi? Salvini sarà in grado di farlo?

Nell’ultima puntata della sua “guerra dei porti” Salvini ha dapprima sostenuto che la nave Aquarius non avrebbe fatto sbarcare nessun migrante in Italia, salvo accorgersi (ma ne era al corrente?) che alla fine gli “sbarcati” sono stati ripartiti fra più paesi, Italia compresa. Penso che il filone degli sbarchi sì/sbarchi no comincerà ad esaurirsi con la fine dell’estate. Da un partito/movimento populista/sovranista come quello del “capitano” ci si può comunque aspettare l’apertura di qualche nuovo fronte propagandistico-emergenziale in grado di attirare l’attenzione.

Se non riuscirà, la sua posizione sarà compromessa? Cadrà?

Se Salvini cadrà, cadrà per non aver saputo migliorare le condizioni di vita degli italiani, non certo per 10, 18 o 25mila migranti.

Che cos’è Forza Italia, in questo momento, per lei?

Forza Italia, come è ben noto, è nato come partito-azienda legato al modo di imprendere e di presentarsi in pubblico dell’imprenditore Silvio Berlusconi. Antesignano di Trump, Berlusconi ha incarnato la figura del monarca un po’ crasso e poco votato alla moralità dei costumi, ma amato dal (suo) popolo proprio in quanto immorale ed eccessivo. Forza Italia come espressione politica è naturalmente calata col calo anche biologico e prettamente fisico del personaggio Berlusconi. Il leader vecchio ma “aitante” e sempre in prima fila ha dovuto cedere il passo al più giovane “guerriero” Salvini. Oggi non c’è paragone fra i due, ma l’Italia è il paese del possibile e uno scivolone salviniano potrebbe ridar fiato non tanto al “grande vecchio” quanto a un suo delfino, se mai il buon Silvio ne troverà/promuoverà uno.

Il crollo del viadotto Morandi ha scatenato lo psicodramma nazionale. Tutto il paese è coinvolto e sconvolto, i “social” sono diluviali e roventi. Come influirà questo duro “segno di Dio” sullo scacchiere politico e quali strategie svilupperanno le varie forze  in campo? Chi si avvantaggerà?

Credo che non si avvantaggerà nessuno da questo disastro, dato che si tratta di una sconfitta civile di un sistema di fare società, impresa e politica. Le colpe, a prima vista, appaiono molteplici: poca manutenzione, nessuna innovazione, spese mal indirizzate, responsabilità probabili dei gestori ma anche della classe politica (compresa quella che criticava tutto e tutti) incapace di garantire la sicurezza della mobilità. Il problema, di primo acchito, riguarda proprio la gestione di stampo capitalistico dei beni pubblici, quali dovrebbero essere le strade. Cordate di investitori accettano di gestire tratti autostradali, ma per guadagnarci su, ovviamente. In assenza di investitori privati, almeno per quel che riguarda l’Italia, ogni tipo di manutenzione o innovazione appare impossibile. Se poi coloro che “investono” nelle autostrade espongono la popolazione a una strage dell’incuria, beh, vuol dire che o la gestione non è stata seria o il sistema di finanziamento fa acqua.

Salvini (evt Di Maio) ha mancato di rispetto alle povere vittime?

Salvini è stato fotografato (dai suoi!) in Sicilia a una cena di gala mentre i corpi delle vittime, nella notte dopo la tragedia, venivano cercati ed estratti dalle macerie. Un ministro degli interni dovrebbe sapere quali sono le sue priorità in quanto ministro degli italiani.

Come dovrà agire il governo Lega-5 Stelle in questa situazione di grave emergenza e doloroso disorientamento?

L’unico compito, in realtà gravoso, del governo è quello di assicurare la sicurezza in loco e la viabilità il più presto possibile. A tutto il resto, in un paese democratico, penserà la magistratura (un potere indipendente, ricordiamolo).

Un uomo è partito da Lugano… per diventare presidente della RAI. Un salto troppo grande?

Marcello Foa è un combattente. Chi ne conosce la ventennale storia milanese, sa che i suoi obiettivi sono sempre stati “italiani”. Si è messo con una fazione della politica italiana, quella che a me non piace proprio, ma che piace, oggi, a molta gente, in Italia. Da un punto di vista della coerenza, credo di poter dire, avendolo ascoltato durante delle conferenze milanesi ai tempi del mio impiego milanese, che le sue idee sono quelle da tempo: sovraniste, non-europeiste. Per sapere se riuscirà davvero a “scalare” la RAI, beh, ci vorrebbe un indovino…

Il primo tentativo, come si sa, è andato a vuoto (la vendetta del Cavaliere…). Gli sarà data una seconda chance? È una faccenda che si potrà trattare in termini di do ut des?

 Foa ha lavorato per molti anni per i media di Berlusconi. Un rapporto di questo genere, poi ribaltato da un endorsement ottenuto da un alleato-rivale, può essere penalizzante, oggi. Ma non necessariamente, a dipendenza dei giochi di potere politici in Italia. In ogni caso, e con buona pace di chi ha gioito per la “mezza impresa” di Foa, Foa ha vinto comunque, perché ha ottenuto un riconoscimento di carattere politico-giornalistico da parte di uno dei leader italiani. O scalerà fino in fondo la RAI o farà qualcosa d’altro.

Marcello Foa era compatibile con la linea politica del Corriere (fermo restando che il direttore non era lui)? La sua partenza avrà effetti giornalistici misurabili?

Foa è stato CEO di Timedia per sette anni, se non vado errato, direi quindi che era del tutto compatibile col ruolo assunto. Il “Corriere del Ticino”, che è un po’ anche il “mio” giornale (ci ho lavorato in pianta stabile per 12 anni e da lì in poi ho collaborato con la testata da esterno), è un giornale di orientamento liberale (non in senso politico, ma valoriale), i cui giornalisti e opinionisti hanno libertà d’espressione. Questo è anche il suo maggior pregio. Nel Corriere, in quanto CEO del gruppo, c’era Foa ma anche e soprattutto un ottimo direttore, Fabio Pontiggia, di cui mi pregio di essere amico (non ideologico) e sostenitore per la correttezza del suo agire e l’indubbia sapienza di che cos’è davvero la democrazia e il giornalismo in una società, appunto, pluralista e democratica come la nostra.

Muzzano lo rimpiange? Lo rimpiangerà?

Anche se sono “corrierista”, non sono “Muzzano”, non saprei dire…

Ho sentito alla TV la dichiarazione del Presidente del Consiglio di Fondazione del CdT avvocato Fabio Soldati. Sempre pacato ed equilibrato, sembrava quasi sollevato!

Mah, la stampa pecca a volte di urgenza nell’interpretare “a pelle” le cose di cui viene a conoscenza. Se Foa è stato CEO per ben 7 anni qualcosa di buono avrà fatto. Se non avesse avuto questa possibilità “italiana”, sarebbe rimasto al suo posto. Tutto il resto, mi sembra, non sono altro che deduzioni soggettive.

Salvini lo salverà (Foa)? O non potrà? Lo lascerà cadere?

Tutto dipende dalla situazione politica che si verrà a creare in autunno, in Italia. Sarà un autunno caldissimo, politicamente parlando, e mettere a capo della RAI un uomo con cui si dialoga e si va d’accordo non è impresa da poco. La presidenza RAI non è tuttavia, come ho detto poco fa, l’unica occasione per Foa.

Chiudo l’intervista con quest’uomo, definito “infame” (e non alla leggera), così rapidamente salito al potere, segno di contraddizione nel colmo della burrasca. Perché è pessimo come persona e come governante? Quali scusanti gli si possono concedere?

Allora, Salvini è un abile demagogo, questo non gli si può certo negare. Si è fatto largo nel verde bosco leghista superando politicamente un Maroni e marginalizzando un Bossi, il “talento” politico all’interno di uno schieramento non gli manca, quindi, di certo. Detto questo, i temi e i modi portati avanti da Salvini sono noti a tutti e lui li esprime andando su e giù quotidianamente per l’Italia. Salvini, a ogni modo, non è un ministro, anche se questa è la sua carica ufficiale, ma un uomo di parte. È sempre e comunque in perenne campagna elettorale avvalendosi di tematiche politiche che giudico non fra le più nobili, per usare un eufemismo. La figura dello statista non ce l’ha e probabilmente non saprebbe nemmeno che farsene. Conduce una sorta di crociata personal-politica che supera a destra le destre istituzionali. In ogni caso, chi conosce un po’ la storia sa che molte delle crociate organizzate in fretta e furia si sono poi rivelate delle peregrinazioni infinite effettuate camminando su un nefasto tappeto di carboni ardenti.

Quale speranza ispira a chi crede in lui?

Salvini, il “capitano”, induce i suoi seguaci ad appoggiarlo sia in quanto “uomo del fare” (lotta per un’Italia “sovrana”) sia in quanto “guerriero” (guerreggia più che gestire in campo securitario) sia perché, con quel suo vezzo tipicamente italico, tende a sdrammatizzare quando è in difficoltà. Quest’ultima sua incarnazione deve molto al “barzellettiere di tutte le Italie”, Silvio B., l’insuperabile.

Esclusiva di Ticinolive