L’ambasciatrice Ursula Plassnik (Wiki commons)

Tra giugno e luglio è scoppiata una polemica in seguito ad un’intervista dell’ambasciatrice austriaca in Svizzera. Ho avuto l’occasione di incontrarla parecchi anni fa quando dirigeva il gabinetto del cancelliere Wolfgang Schüssel. La ricordo per intelligenza, abilità organizzativa e simpatica capacità di contatto. A maggior ragione, anche se non voglio entrare nella polemica, il mio stupore vedendola andare giù un po’ pesante nei suoi giudizi sulla Svizzera e su (certi) svizzeri come me che considera genere cavernicoli. Non è il caso di farne una tragedia per quella voce dal sen fuggita e qualche legittima opinione non gradita. Capita a tutti e in più vi è un’attenuante: è stata intervistata da una giornalista e funzionaria dell’Avenir Suisse, a suo tempo stimato think tank, oggi sempre più un’agenzia di promozione degli interessi dell’UE nel nostro Paese. Ma al di là delle battute l’ambasciatrice ha sollevato direttamente ed indirettamente due problemi che meritano di venir approfonditi. Quello del «Sonderfall» e quello del diverso atteggiamento dei popoli delle nazioni europee verso l’UE.

Per l’ambasciatrice tutti i Paesi sarebbero dei «Sonderfall», dall’Afghanistan allo Zimbabwe. E qui non possiamo essere d’accordo. Ogni Paese ha le sue caratteristiche, che potremmo tradurre in «Eigenschaften», ma ciò non basta per farne un «Sonderfall» e paragonarci all’Afghanistan e allo Zimbabwe con tutto il rispetto che si possa avere per quei Paesi e le loro culture. Il «Sonderfall» che in italiano potremmo tradurre in «caso eccezionale» sottintende l’eccezionalità, l’unicità. Vi sono altri Paesi plurilingue, vedi Belgio, Spagna, ma litigano pesantemente, sono quasi separati in casa. Non parliamo dei conflitti di religione che ad esempio hanno diviso India, Pakistan e Bangladesh con le relative sofferenze, mentre da noi ha simbolico valore la zuppa di Kappel.

Ciò che fa della Svizzera un «Sonderfall» è la sua singolare strutturazione istituzionale. In virtù di democrazia diretta e vero federalismo il potere in Svizzera parte dal basso (cittadini) verso l’alto e non dall’alto verso il basso come negli altri Paesi. I cittadini devono decidere il massimo possibile assumendosi la conseguente responsabilità. È innegabile che noi godiamo di maggiori diritti politici e quindi libertà nei confronti di cittadini di altri Stati. Ed è per questo che ticinesi, ginevrini o san gallesi vogliono tutti essere svizzeri. Tutto questo non deve essere motivo di stolta superbia o farci sentire superiori ad altri, ci dà però buone ragioni per difendere la struttura e le ragioni costituenti della nostra Patria. Sì, signora ambasciatrice, la maggioranza di noi è convinta del «Sonderfall» e lo vuole difendere.

Parimenti importante è l’analisi della reazione dei diversi popoli europei nei confronti dell’UE. Doveroso il tributo alla sensibilità politica di quegli uomini che a suo tempo con la costruzione europea volevano dare inizio ad un nuovo corso nella nostra storia cercando di far dimenticare nei limiti del possibile le contese del passato. Però germanici, austriaci, italiani, francesi, polacchi, svedesi, olandesi, inglesi, svizzeri e così via hanno giustamente reazioni e sentimenti diversi verso l’UE.

Le ferite della guerra e dello scontro di civiltà 1939-1945 e le macchie rimaste nelle storie di molti Paesi fanno parte del passato prossimo di tutti. L’UE come costruzione a parte altre finalità è anche, come detto sopra, una soluzione che dovrebbe aiutare a cambiare pelle. Non è possibile annullare e dimenticare orribili pagine della propria storia, ci si può impegnare però a voltare pagina. Questo non è necessario per quella valorosa nazione, l’Inghilterra, il cui popolo seppe resistere sotto i bombardamenti nazisti fino all’arrivo degli USA che con la collaborazione dell’URSS hanno determinato la sconfitta delle truppe naziste. È grazie alla capacità di resistenza degli inglesi se oggi non portiamo tutti la camicia bruna. Ovvio che l’Inghilterra non veda nell’UE quei vantaggi di immagine che altre nazioni possono individuare. Anche la Svizzera – sia pure con inevitabili compromessi determinati da una situazione difficilissima – ha potuto contare su una popolazione fortemente antinazista e antifascista. La mia età mi permette di testimoniare con ricordi dell’adolescente di allora. Grazie all’UE ha voltato pagina diventando «salonfähig» la Germania (anche per desiderio degli USA che intelligentemente hanno trasformato l’acerrimo nemico in fedele alleato contro la minaccia russa), la Francia che ha avuto Vichy e Pétain, l’Italia di Mussolini e anche l’Austria con l’Anschluss (annessione alla Germania), la partecipazione alla guerra, la disfatta ed infine l’umiliazione dell’occupazione, specie russa. Ciò vale per molti Stati dell’UE e, specie per quelli dell’Est, è anche un’assicurazione di difesa per il futuro.

Mi auguro di non venir frainteso, non sto dando giudizi sulla storia o sul passato di singole nazioni. Voglio solo far presente visioni soggettive e diverse a seconda delle nazioni. L’incapacità tecnocratica di elasticità culturale e di attenzione al passato sono una delle ragioni dell’impopolarità dell’UE. Le sensibilità popolari vengono ignorate dalle élite europee, sicuramente responsabili dei disagi in atto in molte nazioni. Atteggiamenti punitivi ed inutilmente burocratici di Bruxelles, dimentica dei meriti dell’Inghilterra, come pure un inutile rigore per discutibili paragrafi con la Svizzera non giovano neppure al futuro dell’UE stessa. Non bisogna scordare che la storia è il risultato della memoria dei popoli.

Tito Tettamanti

(pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata)