(dal Mattino della domenica)

Sono contrario. Non perché è il progetto di Bertoli, non perché è il progetto del DECS socialista. Questo sarebbe un motivo fazioso. Sono contrario al progetto perché è un progetto errato. C’è chi dice: “ma si farà solo una sperimentazione!, che male c’è a sperimentare?”. Ingenui. In un modo o nell’altro il risultato sarà dichiarato “positivo”. E la Scuola che verrà si instaurerà e condizionerà il Cantone per 30 o 40 anni. Quindi i referendisti si sono dovuti muovere all’istante. L’hanno fatto e l’hanno fatto bene.

Il modello Bertoli, in fondo, insegue l’eterno sogno della sinistra: tutti uguali! contro la scuola di classe che favorisce i figli dei ricchi! Orbene, la scuola ticinese NON è di classe, è democratica e offre le giuste possibilità a tutti i nostri ragazzi. Nel modello colpisce l’abnorme “gonfiatura” della forza docente. Si parla di un +40% con un aggravio di spesa di decine di milioni. Io lo definirei un vero e proprio “piano occupazionale”. I referendisti si esprimono duramente: “Pagheremo di più per una scuola peggiore”. Io non mi sbilancio e mi limito a dire che è un risultato possibile.

Per concludere: secondo me il referendum può vincere. In parlamento non c’erano chance. A Bellinzona (come accade a Berna) la coalizione “politicamente corretta” ha facilmente sconfitto i “populisti”. Al di là del termine usato con fini denigratori, a me piace pensarli come “coloro che confidano nella saggezza del popolo”. Il popolo è tutto ciò che ci rimane. Ma vale molto.

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La campagna entra in una convulsa fase finale e il livello dello scontro è alto. Poiché alta è la posta in gioco:

— la struttura della nostra scuola dell’obbligo, per 30 o 40 anni

— un pacco di milioni di aggravio (il costo della riforma Bertoli)

— la posizione stessa del consigliere di Stato (che deve affrontare anche una certa opposizione interna, ed “esterna” da sinistra) e il suo destino politico.

Lo schema del confronto è il solito, collaudatissimo, sempre lo stesso: l’establishment politicamente corretto contro i (cosiddetti) populisti, truppe sparse escluse dalle stanze “nobili” del potere, alla perenne ricerca di qualche “kamikaze” che le raccolga attorno a sé.

Si fa presto a scrivere kamikaze. Bisogna anche avere la vocazione!