Gaby Wagner mi accoglie nel suo palazzo a San Polo, antro segreto di una Venezia preziosa, dove un giardino incantato porta a un’alta scalinata rivestita di legno, sotto a un colonnato marmoreo. “Qui è rimasto tutto all’origine” mi racconta “quando abbiamo scoperto il giardino abbiamo aggiunto solo la vite americana.” Il restauro conservativo, durato cinque anni, ha visto rilucere di nuova luce il palazzo che nel XV secolo fu teatro d’un ballo di corte sforziade. Che splendore! Ed è proprio la luce, costante riferimento del visitatore, a splendere in ogni dove, in ogni antica ombra. E con la luce fattasi materia, Gaby lavora, forgiando arte.

Eclettica e cosmopolita, con una carriera da attrice, modella e fotografa, Gaby mi racconta di come proprio fotografando il vetro e durante una collaborazione con Laura de Santillana, sia stata attratta dalla riflessione della luce sull’acqua, tanto di decidere, alfine, di plasmarla lei stessa.

“Nelle mie creazioni cerco sempre la trasparenza nell’opacità, i movimenti nella staticità, i riflessi. Rendo il vetro vivo, per suscitare, al tatto, la sensazione della pelle: una volta plasmato, lo rendo acidato, sabbiato. Ho iniziato a plasmare le mie creazioni nella fornace di Aureliano Toso, a Murano, sotto la guida del maestro Diego dei Rossi. Tutto è cominciato quando creai dei modelli di lampade che l’architetto Jacques Garcia espose all’Hotel Reserve a Ginevra.” 

Premiata a Londra per la lampada Mantra con il prestigioso British Interior Design, Gaby viene contatta da Donna Karan che le chiede sue creazioni da esporre in collezione a New York. Gaby abita per quattro anni nella Grande Mela ed è lì che forgia gli affascinanti, nella loro ciclica unicità, Sassi di Vetro. Tondeggianti sculture vitree racchiudono vortici di estrema bellezza: dal rubino al porpora, all’ambra, sino all’oro fuso in essi. “Il vetro” mi spiega Gaby “si sposa solo con pochi materiali”. Uno di questi è la mica – argenteo minerale cristallino – e, l’altro, non è che il re di tutti i preziosi: l’oro. L’oro addolcisce, splendendo nell’opacità del vetro, danzando nell’oscurità del sasso. 

Poi, per la nuova richiesta di forgiare altre lampade per Ginevra, Gaby ritorna a Venezia e, questa volta, vi si stabilisce. Prima a Palazzo Polignac, dove di nuovo assieme al suo maestro a Murano, disegna e crea nuovi pezzi, indi nel suo splendido palazzo a San Polo dove in un antico portico crea uno studio ligneo e luminoso, nel quale lampade d’ambra sabbiate, vasi neri screziati d’oro, rosseggianti e ruvidi sassi di vetro, assolate sculture d’arancio, nonché innumerevoli foto delle più belle sue creazioni, coronano un ambiente assorto e silente, nella contemplazione dell’arte. 

Nell’antro del palazzo invece, su di una tavola cavalleresca, poggiano su di una tovaglia “nera, affinché il vetro, la foglia d’oro e la mica d’argento risplendano al massimo” splendide circolarità di diverse dimensioni, stelle, si direbbero, o soli ellittici o tondi, in triplice vortice ascensionale, al cui interno brilla, ineffabile, l’oro. Sono i Sassi di vetro sovra citati, ma ogni volta unici nella loro forma. Fleurs sono invece rose stilizzate di vetro, dai cui fori invisibili esce il fiore da centro tavola e nel cui cuore può stare l’acqua. E poi la fiamma d’oro, un calice chiuso alla sommità, contenente petrolio bianco, da cui fuoriesce uno stoppino. “È il vetro capace di contenere il fuoco” mi spiega Gaby, una luce pura senza lacrime di cera di candela, che possa risplendere nella sua irreale purezza. Le meraviglie si susseguono sulla tavola, indi al piano superiore.

Il design scelto da Gaby, mi spiega lei stessa, proviene dalla di lei passione per l’Estremo Oriente, la semplice linearità ed estrema perfezione dei vasi giapponesi (che tanto piacquero alla corte di Luigi XVI), vengono così riprodotte da Gaby in una rilettura storica e moderna al contempo, dono per la Venezia d’oggi, d’un diverso ma eguale splendore.

Un fil rouge tra l’Occidente, nel quale Gaby ha vissuto e lavorato (nata in Germania, si è trasferita giovanissima a Milano dove ha lavorato come modella, indi a Parigi, ove è stata direttrice di un’agenzia di modelle, lanciando nel mondo della moda i volti più famosi, poi la svizzera e l’America per la sua arte) e l’Oriente, nel quale Gaby viaggia costantemente per la sua passione, (dal Giappone, nel quale Gaby è stata per ben sei mesi, all’India, luogo di cui ama la magia e la sacralità). Est e Ovest del mondo vengono così uniti nell’ineffabile emblema d’incontro tra i mondi: Venezia, ove acqua e vetro si sposano nel riflesso delle sue onde eterno.

È a Venezia, alla Galleria Palwer, San Marco, che Gaby mette in mostra le sue creazioni per The Glass Week, la settimana del Vetro, tenutasi dal 10 al 16 settembre di quest’anno e, dunque, appena conclusasi… con straordinario successo, al punto che le opere dell’artista Wagner saranno in esposizione permanente alla Salizada di San Samuele, nel Sestriere San Marco. Cosicché Venezia, la regina dei mari, aperta al mondo, possa ancor risplendere della tradizione dei vetri che la rese celebre e Gaby con il suo amore e il suo compendio per le diverse culture, ne sia l’artefice e l’emblema d’artista. Luce e acqua, racchiusi ed eternati dal vetro, disegnato e soffiato con antica e sempre nuova, segreta maestria.

Chantal Fantuzzi