Questo articolo ha suscitato vasto consenso. Tullio Righinetti è un grande liberale ed è stato un eminente parlamentare PLR per numerose legislature. Ha presieduto il Gran Consiglio. Io lo ricordo (anche) negli anni Ottanta, quando era alla testa del Comitato politico di “Gazzetta ticinese”. Che tempi… e che battaglie!

I giudizi contenuti in questo articolo sono severi, ma giusti. Io gli dirò una cosa soltanto: “Amico Tullio, pensa a come sarebbero andate le cose se non avessimo avuto la democrazia diretta!”. Per nostra fortuna il nostro popolo ha voce.

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Era un responso popolare molto importante per la scuola e per la politica. A posteriori gli sconfitti hanno affermato che, in fondo, si attendevano un risultato simile. Personalmente non credo a quest’ultima affermazione. Anche se nessuno si presentava con la certezza di avere la vittoria in tasca, da una parte e dall’altra la speranza era grande. L’establishment comunque ha profuso uno sforzo enorme per convincere il Paese. I contrari non sono stati da meno anche se l’impressione era che la forza d’urto dei fautori, per numero e mezzi, fosse maggiore, nonché, soprattutto, sostenuta dall’apparato dipartimentale che non ha lasciato nulla al caso. I primi risultati di domenica hanno indicato la tendenza verso una bocciatura, che si è concretizzata con un netto 56,7% finale. Il che, checché se ne dica ora, non era previsto, né prevedibile. C’è chi ha sostenuto trattarsi di un voto contro il ministro Manuele Bertoli. Non lo credo. È stata la sconfitta di una proposta che dava alla scuola un chiaro indirizzo ideologico di sinistra e tendeva a pianificare la parità di arrivo finale per gli studenti, mentre il nostro Stato liberale propugna la parità di partenza, ma nessuno può garantire il successo finale a nessuno. Quei sistemi hanno già fallito in Europa e altrove. Fortunatamente non potranno produrre effetti infausti, il popolo ha scongiurato un passo falso.

Il presidente del PS Igor Righini, nel goffo tentativo di scaricare le responsabilità, ha ricordato che il progetto era stato approvato dal Governo unanime e pure a maggioranza dal Parlamento. È vero, il Consiglio di Stato aveva seguito la proposta del DECS. Tuttavia si sa che questi embrassons-nous nell’attuale Esecutivo sono la regola. Essi vengono indotti dal dipartimentalismo imperante e dalla necessità di ottenere appoggi incrociati. Ed è pure conosciuto quale è stato il do ut des nel caso specifico negli anni passati.

Di perdenti tuttavia ce ne sono altri. In particolare il PLR, incapace di opporsi a scelte per nulla liberali, spinto da apprendisti della politica, che hanno voluto introdurre alcune piccole varianti, rimaste poco conosciute anche dopo la lunga campagna che ha preceduto il voto. Se la “Scuola che verrà” fosse passata, non sarebbero state neppure prese in considerazione. Il Comunicato del partito, emesso subito dopo la notizia dei risultati, oltre che escusatio non petita e frettolosa, è decisamente poco elegante, in particolare di fronte ai popolari democratici, che erano di fatto loro alleati. Non di meno è stato sconfitto il PPD, che è saltato sul carro del PLR per partecipare all’eventuale successo e che si è trovato con un pugno di mosche in mano. Le lodi per avere avuto l’iniziativa e il coraggio di promuovere il Referendum, vanno a UDC, Lega e ad AreaLiberale, non nuovi ad operazioni del genere.

Più in generale sono stati sconfitti i partiti storici. Un fatto non nuovo, né tantomeno unico e forse neppure irripetibile. Basta pensare, qualche anno fa, a livello federale all’iniziativa contro l’immigrazione di massa e a livello cantonale all’iniziativa per l’introduzione della civica nella scuola. E di casi analoghi non ne mancano. Ancora una volta il popolo, non bestia come qualcuno ama definirlo quando non gli dà ragione, ha deciso di non seguire le indicazioni dei partiti e dei loro “parlamentini” purtroppo addomesticati dal volere di qualche parlamentare poco realista e per nulla lungimirante. Ma guardiamo ad un altro fatto positivo: è stato anche un ulteriore successo dei nostri diritti politici, unici al mondo e da tutti invidiati. Grazie ad iniziative e referendum il sovrano ticinese ha dimostrato di sapere dare la sua saggia indicazione. Eppure, nel nome del politicamente corretto, nonché di una strisciante adesione al buonismo di stile europeo, i partiti che nella fattispecie sono usciti perdenti, vorrebbero limitare la portata dei nostri sacrosanti diritti popolari.

TULLIO RIGHINETTI

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