Una apparente familiarità. Ecco come Hopper irrompe nella vita di uno scrittore per nulla improvvisato ovvero quel Michele Mozzati, classe 1950, che è anche autore tv  e teatrale (co-direttore dell’agenda Smemoranda, autore di trasmissioni italiane celebri o di successo due per tutte Drive In e Zelig e che forma con l’amico Vignali, il duo “Gino e Michele” con cui è autore delle celebri antologie di battute). Paradigmatico del suo lavoro su Hopper ciò di cui lui stesso dice nel suo nuovo libro editor da Skira Editore dal titolo “Silenzi e Stanze” uscito il mese scorso in Italia :”sono sempre stato un batterista, un solista del rumore, ma la musica è un’altra cosa. Il batterista nasce Maestrale e finisce Föhn, un vento inutile e fastidioso.

Bambino, adolescente, è una presenza che ingombra, da protagonista. Detta i ritmi di una vita che è ancora senza suoni, è rumore.È intorno a lui che si forma il gruppo. Tatatàn tatatàn, tan tantàn… tatatatatatatatatà! (…) Poi a suonare ti mettono in fondo perché hanno bisogno di te, perché hanno paura di te. Aspetta, un giorno dal fondo della sala arriverà quella pelle bianca piena di lentiggini a dirti che siccome non ti trovava al telefono è venuta a  prenderti per andare via. Col suo culo strepitoso e i suoi occhi che non si possono raccontare. Applausi, sipario e trionfo dei ringostarr. Quando ci si imbatte in un quadro di Edward Hopper non si sa mai quello che c’è oltre la cornice, dove guardino i suoi protagonisti. Si pensa che qualcosa sia appena accaduto, o stia per accadere. I suoi dipinti sono emozionanti fermo-immagine, per questo Hopper piace tanto a chi fa cinema”.

Pagina bianca di un libro come tela bianca di un pittore? Forse. Ma esattamente nel solco di quel lavoro immenso sulla tela bianca che Edward Hopper ha lasciato in eredità ai suoi estimatori ecco i racconti di fantasia di Michele Mozzati. Al secondo libro su Hopper, quindi, l’autore è riuscito a ripercorrere, in una dimensione narrativa su “frammenti di storia completa” un Hopper che comunque già conosceva bene.  Dove si esprime appieno quel senso di “luce ed incomuncabilità” che ha sempre affascinato cinema, musical e letteratura, e che dallo scorso mese in Italia, ha ad esso dedicato anche un nuovo libro, presentato volutamente con un bell’evento a teatro, quel teatro Franco Parenti di Milano scelto forse per trovare  una continuità con quella bellezza di Hopper sulla tela. Ecco che i dipinti di Hopper prendono letteralmente vita nella lettura di alcune pagine del libro secondo la fantasia dell’autore: mostrata l’opera con una videoproiezione , opere sempre ricche di quella audacia delle prospettive e dei soggetti “rappresentanti” tanto amati da Hopper, ignorandone il” go in sinc” del racconto, prendono vita alcune  delle pagine del nuovo libro di Michele Mozzati con una partitura per attore e musica.

Michele Mozzati,  per la seconda volta (suo infatti quel “Luce con muri” sempre edito da Skira Editore ed uscito due anni fa, dove racconta storie sempre ispirate da Hopper) è lì; fa suo il suo modo di intendere il palcoscenico, per far  vibrare il “suo Hopper” ed il suo mondo di rifemento, in particolare interpretandolo in tanti momenti diversi, attraverso il rapporto dell’artista americano con la moglie musa-modella per esempio, facendo fantasticare in questo modo il lettore ed il pubblico, raccontando loro una storia, per il gusto di farlo come tutti facciamo, per il gusto di viverla. Racconti di strade silenziose, luci al neon e vuoti esistenziali evocati e che rendono sicuramente più familiare l’opera pittorica di Hopper, a misura di “lettore”. E, concludendo, per citare Hopper stesso a proposito dell’opera “Office at Night” per quel gusto di raccontare così insito delle sue opere che gli ha fatto dire: “[….]se proprio deve raccontare una storia spero che non sia banale, non è questo il mio intento”.

Cristina T. Chiochia