4 novembre 1918, Festa delle Forze Armate in Italia, la fine degli Imperi Centrali in Austria e Germania, 100 anni dopo la Storia ricorda

  • Sul Carso 

Il 29 ottobre – esattamente un anno dopo la rovinosa ritirata di Caporetto avvenuta nei primi giorni di novembre del ’17, dopo che il Generale Rommel aveva sfondato le linee italiane con i gas tossici (lo stesso generale sarebbe poi stato alleato di Mussolini nell’Africa Orientale) – gli italiani si erano ripresi la propria rivincita: avevano sfondato le linee austriache a Vittorio Veneto: avanzati a Cadore, il 2 novembre erano entrati a Trento e Trieste, liberandoli dal dominio austriaco. Il 3 novembre a Villa Giusti fu firmato l’armistizio tra Italia e Austria: l’imperatore Carlo d’Asburgo (reso beato, da Giovanni Paolo II) abdicò per interrompere quel fiume in piena di sangue che, da tre lunghi anni, scorreva irrorando le azzurre acque dell’Isonzo. In Austria fu proclamata la Repubblica. L’Impero asburgico era crollato: sarebbero nati l’Ungheria, non più austriaca, la Polonia e la Cecoslovacchia.

L’esercito Italiano ritornava a casa: avevano combattuto, per anni, ragazzi delle più disparate parti d’Italia, spesso parlando dialetti sconosciuti tra loro, spesso fucilati mentre dormivano, spesso decimati per il cipiglio del crudel Cadorna, che, incurante delle umane leggi non scritte, ma fedele sempre a quel Regno che la guerra, dopotutto, l’aveva voluta, li aveva fucilati. Poi era subentrato Diaz, un po’ più clemente, che per lo svago dei soldati nei loro pochi giorni di licenza, ai bordelli aveva sostituito le case di società, con preti e giochi di società.

Per riaccogliere l’esercito che rientrava, morente ma vittorioso, vincente certo, ma con la morte negli occhi e nel cuore, Puccini intonò lo splendido Inno a Roma, alla latinità, alla Civiltà di quell’Impero ormai lontano eppur ancora pulsante di bellezza e di valori dopo una guerra mortifera e infernale.

Per tutto il cielo è un volo di bandiere 
e la face del mondo oggi è latina: 
il tricolore svetta sul cantiere, 
su l’officina. 
Madre che doni ai popoli la legge 
eterna e pura come il sol che nasce, 
benedici l’aratro antico e il gregge 
folto che pasce!

Puccini, Inno a Roma, 1918

Lo scrittore Erich Maria Remarque, le cui opere sarebbero poi state bruciate nel rogo di Berlino  nella successiva Germania nazista, rese un quadro realistico, commovente e deprimente nello splendido e al contempo raccapricciante romanzo Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale.

“Noi ventenni abbiamo soltanto i nostri genitori, qualcuno una ragazza. (…) a parte questo, non avevamo molto altro: un po’ di entusiasmo, qualche passione da dilettante e la scuola, la nostra vita non andava molto più in là. E di tutto ciò, non è rimasto nulla. (…) Non avevamo ancora radici. La guerra, come un’inondazione, ci ha spazzati via.” 

Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, 1918

Dal film “Niente di Nuovo sul fronte occidentale”
  • Sul Fronte Occidentale

Il 21 marzo il Générale Ludendorff era penetrato per 50 km oltre il confine francese: erano solo gli ultimi sussulti d’una forza apparente, aggressiva e morente: sotto il generale Loch gli alleati ripristinarono subitaneamente la propria difesa: riconquistato Dunkerque, (grazie all’aiuto dei civili inglesi che con le loro navi private giunsero in Normandia per riportare a casa i propri soldati) anche Calais fu liberato. Il 27 maggio tuttavia i tedeschi raggiunsero nuovamente un successo. La Marna, ma dal 18 agosto al 26 settembre gli alleati si ripresero tutta la Francia e il Belgio.

Alpini italiani

 

In Germania e in Austria si susseguivano rivolte dell’esercito, e tumulti socialisti, nel frattempo, sussultavano ribollenti da Vienna a Praga a Budapest, preveggendo la fine degli imperi centrali.

  • In Francia l’armistizio si festeggia l’11 novembre

Quando in Germania il governo socialdemocratico annunciò l’abdicazione del kaiser Guglielmo II, il 9 novembre, in Francia, due giorni dopo, fu firmato l’armistizio a Compiégne: la stessa foresta che, secoli prima, era invano stata teatro di alleanze matrimoniali, prima tra l’impero asburgico e il regno di Francia (lì nel 1768 si erano incontrati i due sposini, l’austriaca Marie Antoniette e il giovane erede al trono di Francia, futuro Luigi XVI, alleanza che la Rivoluzione avrebbe poi fatto crollare amaramente; lì nel 1800 due imperi si erano nuovamente, e nuovamente invano, intrecciati: la figlia dell’imperatore d’Austria, la principessa asburgica Maria Luigia aveva incontrato l’irruente e innamorato Napoleone, imperatore dei francesi.) Ora la Francia si separava, per sempre, dalla forza autodistruttrice degli Imperi Centrali, implosi in se’stessi.

soldati tedeschi