Molto probabilmente la disdetta del trattato con l’Iran è un grave errore; ma nella svolta trumpiana c’è anche un piccolo, paradossale, aspetto positivo

.dal portale www.pietroichino.it
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L’idea strategica che era alla base del trattato antinucleare col quale nel 2015 vennero rimosse le sanzioni commerciali contro l’Iran era questa: non c’è niente di più efficace per ridurre l’aggressività dei regimi totalitari ispirati a un fondamentalismo politico-religioso, che l’intensificazione degli scambi culturali e commerciali tra i Paesi che ne sono dominati e il resto del mondo. Vale sempre la regola secondo cui “dove passano le idee, le persone e le merci, non passano gli eserciti e le armi”. Alla base della scelta di Donald Trump di denunciare quel trattato e ripristinare le sanzioni commerciali contro l’Iran c’è invece un’idea strategica opposta: quella secondo cui impedendo gli scambi commerciali si può soffocare l’economia iraniana, così provocando il collasso del regime degli ayatollah. Qualche dubbio, ai consiglieri della Casa Bianca, avrebbe dovuto essere suggerito dalla durezza con cui i “falchi” di Teheran tre anni fa si opposero a quell’accordo, e dall’esultanza con cui, viceversa, gli stessi oggi salutano il ritorno allo scontro frontale, sperando di esserne aiutati nella lotta interna contro l’ala moderata del regime. Per altro verso, è certo che, con l’”esenzione” dell’Italia e della Grecia dal vincolo del rispetto di quelle sanzioni, Trump ha voluto diabolicamente insidiare la coesione della UE. Detto questo, però, meglio le sanzioni commerciali che l’invio dei bombardieri, come fece vent’anni fa Bush in Irak. Anche perché coll’adottare questa misura come punizione severa contro il regime nemico, il campione mondiale del ripristino delle barriere doganali riconosce implicitamente che l’impedimento degli scambi commerciali internazionali è una punizione per l’economia di un Paese; cioè che la chiusura delle frontiere è il male e, per converso, il bene è il libero scambio. Si può persino, paradossalmente, vedere un’autocritica implicita, in questo passaggio della politica estera trumpiana, pur velenoso per l’Europa e pericoloso per il mondo intero.

Prof. Pietro Ichino