Dopo 20 mesi di negoziati, i 27 leader hanno dato oggi il loro benestare approvando l’accordo di divorzio con Londra dopo meno di un’ora di discussione. L’accordo sulla Brexit deve ora essere approvato dal parlamento inglese prima di diventare definitivo.

L’accordo limita la capacità del Regno Unito di stipulare nuovi accordi commerciali al di fuori dell’UE e di effettuare circa 40 miliardi di euro di pagamenti all’UE negli anni futuri contenendo poche garanzie sulle future relazioni a lungo termine tra Regno Unito e Unione europea.

Per questo, il primo ministro Theresa May affronterà con difficoltà il parlamento inglese che deve ratificare l’accordo. La votazione è prevista per il 12 dicembre, ma la sua approvazione è lungi dall’essere garantita. Più di 70 membri del suo stesso partito si sono impegnati pubblicamente a votare contro questo accordo.

Il partito conservatore governa senza una maggioranza, e il primo ministro si basa sul sostegno di una dozzina di parlamentari che tuttavia sara difficile mettere d’accordo per questa votazione. Anche  il partito unionista democratico dell’Irlanda del Nord (DUP) è contro questo accordo. La maggior parte dei parlamentari sono contrari alla Brexit. Gli attivisti di sinistra stanno cercando di raccogliere il sostegno politico per un secondo referendum per cercare di invertire il risultato del primo in cui il popolo del Regno Unito ha deciso di lasciare l’Unione europea. Ma è una prospettiva remota, nessuno dei due leader dei maggiori partiti sostiene lo sforzo di un secondo referendum e la sua organizzazione richiederebbe probabilmente elezioni generali anticipate e un periodo di almeno 6 mesi per pianificarlo e condurlo in modo equo ed ineccipibile.

La politica del Regno Unito risulta divisa e indecisa portando alla paralisi il paese mentre si avvicina sempre più a quella scadenza fissata per il 29 marzo 2019 dove in mancanza di approvazione parlamentare, il Regno Unito lascerebbe l’UE e tutti i suoi trattati principali senza nessun accordo alternativo in essere. Dunque rischiare di lasciare a terra aerei, tagliare le forniture mediche e alimentari essenziali, fermare tutte le spedizioni, e rishchiare persino carenza di energia elettrica in tutto il paese. Uno scenario potenzialmente disastroso.

Theresa May, ha fatto pubblicamente appello al fine di ottenere il consenso parlamentare su questo accordo, affermando che “è un buon affare che sblocca un futuro brillante per il Regno Unito”. In una conferenza stampa ha affermato che l’accordo pone fine alla libertà di movimento delle persone una volta per tutte, proteggerà l’integrità costituzionale inglese e assicurerà il ritorno alle leggi che vengono fatte dal parlamento inglese composto da politici eletti democraticamente e fatte valere nei tribunali britannici.

Jean-Claude Junker ha detto che oggi è stato un giorno triste e che nessuno dovrebbe alzare bicchieri di champagne alla prospettiva dell’uscita del Regno Unito. L’attenzione rivolta al parlamento inglese oscura il terribile impatto sull’Europa stessa della decisione britannica di lasciare l’Unione europea. In un continente assediato dai problemi interni ed esterni, la partenza del Regno Unito sarà interpretata da molti come un voto di sfiducia nel futuro collettivo europeo, rendendolo ancora più fragile.

I conflitti tra la Gran Bretagna e la l’Europa affondano le loro radici nella storia. Gli inglesi hanno travisato la loro importanza per l’Europa nel periodo postbellico. I politici e i giornali inglesi hanno esercitato un’influenza sbagliata sostenendo che l’Europa non apprezzava il ruolo chiave della Gran Bretagna nel salvare e proteggere il continente nel 1945.

La verità è diversa. La maggior parte degli stati europei apprezzava la presenza della Gran Bretagna al tavolo dell’Unione europea, date le sue forti tradizioni democratiche, l’attaccamento allo stato di diritto e l’impegno per un commercio libero ed equo. Un paese visto da molti come esempio, specialmente nell’Europa centrale e orientale post sovietica. La gran Bretagna ha sostenuto l’allargamento dell’UE e serviva da ponte per gli Stati Uniti. È stata un’attrice chiave all’interno della Nato fornendo un equilibrio cruciale per la perennemente fragile relazione franco-tedesca.

Nel frattempo la Merkel dovrà confrontarsi infatti più direttamente con le ambiziose richieste politiche del presidente francese che sta cercando di assumere il ruolo di campione dell’Europa progressista.

Il 12 dicembre sarà decisivo, intanto alcuni leader europei hanno augurato a Theresa May “buona fortuna”.