Per la prima volta, da quando il grido pomposo dell’arma dei Carabinieri ha risonato, davanti all’Altare della Patria “Onore al Presidente della Repubblica Italiana!” e le frecce non hanno saettato nei cieli romani il loro fervido tricolore, in parole povere, per la prima volta da quando è stato eletto, Sergio Mattarella ha potuto presenziare alla Prima della Scala, l’iconica Sant’Ambrogio.

Una trasposizione degli anni passati

La kermesse in sala si è voltata, e, attendendo (invano) il presidente del Consiglio Conte, è stata piacevolmente sorpresa dalla sicula ieratica possanza del Presidente. E l’ha applaudito, per quindici minuti di fila.

Per dimostrare che il successo o meno dell’Attila non sarebbe dipeso da lui, il Presidente è sceso dietro le quinte per dare la mano al direttore dell’Opera (per far sì che si capisse che il direttore non era lui, insomma), Riccardo Chailly.

Risalendo verso il Palco Reale, a chi gli domandava se lo spettacolo gli piacesse, il Presidente ha risposto “molto.”

la trasposizione odierna: è ambientata nel ‘900

Lo spettacolo, tuttavia, non è esente da polemiche. L’Attila di Giuseppe Verdi conteneva in se’ una scena “contaminata”: ovvero quella in cui in un bordello senza filtri e con poco spazio lasciato all’immaginazione, una prostituta scagliava terra la statua della Vergine. Assurdo, avevano detto in molti, presentarla la vigilia della Festa dell’Immacolata.

Un sindaco del Bergamasco, diplomato al Conservatorio, di Cenate Sotto, aveva chiesto che venisse tolta. Non poche erano state le “botte e risposte” ma, alla fine, il buonsenso aveva vinto e la scena era stata cambiata: poiché nel libretto (scritto dal celeberrimo e fedele collaboratore verdiano, Temistocle Solera) la scena non c’è, è stata eliminata. O meglio, nessuna statua della Vergine è stata deturpata. E’ rimasto, tuttavia, il bordello allestito con esplicite allusioni sessuali.

Il regista è Davide Livermore che ambienta l’Opera verdiana nel Novecento, riscoprendo, sul filone della Giovanna d’Arco del 2015 voluto da Chailly, il giovane Verdi, un Verdi meno conosciuto, meno eseguito, e tuttavia pulsante di energia. Una riscoperta, insomma, per quella Prima i cui biglietti costano dai 2mila euro in su. Una follia, diremmo, ma non per chi se lo può permettere. In galleria i posti costano poco: sui 500 euro. Con una straordinaria (ed esclusiva) visione dell’orchestra (dai palchi e dalla platea non visibile). Per intenditori.

Non solo polemiche, tuttavia: bensì anche proteste, fervide e sporche; vernice e ortaggi contro gli agenti della polizia. Gli artefici del prode lancio sono i centri sociali de Il Cantiere, stabile occupato da anni, mentre a rimetterci sono stati i “ragazzi delle forze dell’ordine” come avrebbe detto Pasolini (parteggiando per loro), e non (buon per loro, ovviamente), i profumati signori e le gran dame dell’alta società.

Slogan urlati nei vortici dei fumogeni contro Salvini, Trump, Macron e Bolsonaro: dall’Italia al Brasile, dalla Francia all’America, non si salva nessuno. Alcuni di loro avevano le pettorine gialle. Perché si sa, anche se si è centri sociali, imitare la Francia, fa sempre chic.